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        Anime! Anime!

        [Tortona], 5  Ottobre 1939 XVII


 Mio caro Don Cremaschi,


 Il Signore sia sempre con noi!

 Riserbandomi di venire, in questi giorni o di scriverti più particolarmente,

- sento il bisogno, appena giunto da Roma, di manifestarti le grandi linee del mio pensiero

circa la destinazione funzione e finalità della Moffa, per l'anno 1939 - 40.

 Dopo pregato e riflettuto nel Signore, anche a Roma, è mio vivo desiderio

che la Moffa rimanga Casa di Noviziato della Congr.ne, come è stata sin qui.

 Di più desidero nel Signore che alla Moffa ci siano i tre anni di Liceo,

e che sia un liceo fatto bene, seriamente fatto, e con i migliori insegnanti

che la Congregazione ha e può dare.

 I tre anni di liceo, pur svolgendo tutte le Materie proprie dei Licei Classici,

darà alla filosofia la parte prevalente e migliore, e si chiamerà Istitutum philosoficum

Congr.nis Divinae providentiae, - appunto perché si dovrà dare allo studio

della filosofia cristiana la prima posizione.

 Dunque alla Moffa ci sarà il Noviziato e il triennio di Liceo, a classi separate.

 Restano abolite le altre Classi; chi non fa il Noviziato e chi non può fare

regolarmente il Liceo, non deve restare alla Moffa, eccetto quei nostri

Confratelli Coadiutori che sono addetti alla stalla, alla campagna o ad altri lavori manovali.

Non ci saranno, quindi, più scuole ginnasiali, non più gruppetti con scolette.

 I Novizî non dovranno avere scuole, eccetto che un'ora al giorno,

come è voluto dal Codice, e solo per certe determinate materie,

che non li distolgono dall'attendere precipuamente alla loro formazione religiosa,

e non per fare delle classi e avvanzare negli anni di studio, ma solo per non dimenticare,

in certe materie, il già studiato.

 I Novizî devono attendere a formarsi Religiosi,

devono imparare le e avere scuola delle virtù religiose e viverle.

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 Leggo quanto tu hai scritto a Don Sterpi, dove dici che "molti sono bocciati

solo nel latino". Mi rincresce, ma, caro Don Cremaschi, i bocciati, sono bocciati.

 Se non sono «i più deficienti in latino», mi fa piacere, ma, se sono ritenuti,

non devono assolutamente passare alla Classe superiore, ma devono ripetere la Classe.

Dura lex, sed lex!

 Stiamo ai criterî delle Scuole dello Stato, e non facciamo le madri pietose,

dove si deve stare alla serietà e al risultato, - qui non è il cuore che deve prevalere,

ma la ragione e i giusti metodi e criterî che si applicano da tutte le Scuole serie,

dove si vuole che si studî. Da noi, caro Don Cremaschi, è diventata una malattia cronica

e rovinosa per la serietà degli studî l'abitudine che ad Ottobre, promossi e bocciati,

tutti finivano di passare alla Classe superiore.

 I primi a ridere di noi e degli esami sono stati, fin qui, proprio i nostri Chierici!

 Capisco che faccia dispiacere vedere qualcuno che poteva passare

e all'esame è caduto, - l'esame è «periculum», ma come si fa?

 Allora, tanto vale non dare esami, ma all fin che si danno esami,

è il risultato soddisfacente dell'esame che decide, - e bisogna stare all'esito.

Ciò non toglie che tu non abbia a confortare i caduti, e ad animarli in Domino.

 L'«Institutum philosoficum» prelude all'Institutum Theologicum

che vorrei, col divino aiuto, iniziare col prossimo anno 1940 - 41, con Insegnanti nostri,

o tutti nostri o quasi tutti- - Non ti spaventare, non alla Moffa, ma altrove:

tutto colla Divina Provvidenza e per l'aiuto della Div. Provv.za

 Ora passo ad altro, ma non ti vorrei dare un disgusto, caro mio Don Cremaschi.

 La Divina Provvidenza ci assisterà, come sempre, ed io ti verrò incontro

quanto più mi sarà possibile, con forte volontà e con cuore di padre in Gesù Cr.

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Ciò detto, ecco che cosa penso: a me sembra che una volta ci fosse in noi,

caro Don Cremaschi, più spirito di povertà, più facilità ad accomodarci

e ad accontentarci anche del poco, del ristretto, di ciò che sapeva di umile vita,

di semplicità da poveri figli della Div. Provv.za.

 Ora si ha bisogno di avere tutto e si stenta e quasi si rifugge dal darci attorno

e accontentarci del poco, ed essere felici che ci sia qualche po' da soffrire,

qualche sacrificio da fare.

Hai ragione di richiedere tre aule, perché sono tre Classi distinte;

ma le tre aule già la Divina Provvidenza ve le ha date, cari miei figli.

Solo succede che i vostri occhi sono velati dal velo onde è un po' velato lo spirito

che anticamente risplendeva in noi: avete le aule e non le vedete e non le trovate.

 Ma sai, mio caro carissimo Don Cremaschi, che è questa una grande pena

per Don Orione?

 Dietro la Cappella, quante Aule ci sono? Tre! - Ecco le tre aule.

Mi dirai: "ma e la Sacrestia" - Rispondo: almeno fino a che non faremo le Aule,

se ne faccia a meno della Sacrestia, e i Sacerdoti si vestano in presbiterio.

È forse supremamente necessaria la Sacrestia? Ah come si vede che non siete stati

in paesi di Missione! E il Cenacolo, aveva la Sacrestia?

 Se era come è attualmente, no! Del resto, e perché la mattina il Sacerdote

non potrà vestirsi anche in un'aula scolastica? Ah Cremaschi, Cremaschi!

caro mio buon Cremaschi, torniamo poveri, torniamo ai primi tempi:

formami dei Novizî che vivano di buono spirito di povertà, di sacrificio.

 Che m'importano le Sacrestie e le Cerimonie, quando mancasse lo spirito

che deve essere proprio dei figli della Div. Provvidenza? - Non sempre si può avere tutto:

sappiamo un po' comprendere i tempi e i momenti della Congr.ne.

Al mio paese si diceva che Sant'Ingegno è la festa dei Massai.

 Intendiamolo bene, e applichiamolo a noi, figli della Div.na Provvidenza,

quel proverbio popolare, pieno di sapienza e di insegnamento.

Avessimo tanto posto in Paradiso, caro Don Cremaschi!

- Quando vi ho detto di fare scuole nella vecchia Cappella, la stanza grande attigua,

pavimentata in legno, - e di fare infermeria dove ora è, più la stanza oblunga

dove c'era o c'è ancora il caro Michele, mi è parso che abbiate riso di me

con un sorriso direi, di compatimento: oh quanto ha fatto male al mio spirito quell'atto!

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Io, caro Don Cremaschi, trovo da far scuole da per tutto: è una grazia di Dio,

e voi non ne trovate! E che male c'è, dato il nostro bisogno e i momenti che attraversiamo,

che male c'è di far scuola in una Cappella? Per chi studiamo, se non per servire Gesù Cristo

e la Chiesa anche con la scienza? Non è Iddio il Signore delle scienze?

- Su, caro Don Cremaschi, non perderti nella nebbia, più iniziativa, più ardore di volontà

e tutti i problemi si risolvono.

 Metti tre stufe nelle tre aule dietro la Cappella.

 Una stufa nello studio grande. - Una stufa nell'aula pavimentata in legno

che è di fianco alla Cappella vecchia, se non vuoi metterne una

anche nella Cappella vecchia.

 Sopra l'atrio della Cappella vecchia, non ci stanno in 16?

 E nel vecchio refettorio non si può metterci una squadra per quell'ora di scuola?

Io vedo tante tante aule, - come mai tu, caro Don Giulio, non le vedi?