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[Raccomandata
Al Molto Rev.do Signore
Il Sig.r Don Giuseppe Adaglio
Stazione di Artuf per Rafat
Giaffa Palestina]
Anime e Anime!
[Tortona] Martedì, XIX Dic.bre 1922
Caro mio Don Adaglio,
Sia lodato Gesù Cristo!
Ti mando la lettera circolare per le Feste Natalizie e di Capo d'Anno
e ogni più santo augurio a te e a codesti nostri Cari Fratelli.
Il Signore sia con Voi, et pax Dei quae exuperat omnem sensum, custodiat corda vestra,
et intelligentias vestras, in Christo Jesu Domino nostro!
Ti mando anche copia d'una lettera ricevuta nei giorni passati dal Patriarca,
dove ora vedo che anche Lui non ha più o, meglio, non parla più di fra Giuseppe
con
quella stima con cui mi parlò quando lo
Lo vidi a Roma,
e a cui accennavo nella mia lettera raccomandata che ti ho spedito da più d'un mese.
Spero che l'avrai ricevuta, e aspettavo una risposta,
che forse non mi hai data credendomi in Polonia, come ti dicevo.
Ma, viceversa, non potei andare, anche perché, fin da allora che ti scrivevo,
già non stavo bene, e poi mi sono messo a letto,
a
all'Immacolata potei a gran stento dire m
Messa, ma assistito.
È un grande male ai reni che sento, e non so se potrò ora recarmi più in Polonia,
dato i freddi della stagione che potrebbero essere fatali, mi dicono tutti, per questo male,
che mi lascia la testa libera, ma non ti permette di reggermi in piedi,
o, almeno, presto presto, mi sento stanco, molto stanco.
Può darsi che sia un po' di strapazzo del Brasile, e una caduta che ho fatto là,
ma sia di tutto benedetto il Signore!
Al Patriarca non ho ancora potuto rispondere,
ma
spero farlo presto, se Dio mi ajuta;.v
Vorrei anche andare a Roma, dove non fui più da quando ritornai dall'America,
né potei ancora andare a S. Severino Marche né in Calabria.
A Mgr Barlassina dirò che mando due altri,
e m'intenderò ora a Roma con quel Mgr Biagiotti, che gli fa da procuratore per i viaggi.
Sono lieto che sia stato il Patriarca a chiedermi altro ajuto ora,
mentre, prima, non mi aveva fatto cenno di questo e qui era corsa una voce,
giunta poi anche fino a me, al mio ritorno dell'America,
per cui Don Sterpi ed io eravamo un po' perplessi.
Si diceva (così almeno riferì quel Don Carlo Pasquali di Perleto)
che in Patriarcato si fosse fatto capire che eravate di peso, e che faceste troppe spese.
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Questo prima che il Patriarca venisse in Italia
e quindi anche prima del mio ritorno d'America e del nostro incontro a Roma
Può darsi che D. Pasquali abbia capito male; si sa come è!
Egli però né a D. Sterpi né a me disse nulla di tutto ciò, anzi si lodò di voi altri
La
voce pare provenisse da qualche salesiano, che venne qui in Italia
per il Capitolo;.
m
Ma ora specialmente il Patriarca nella sua lettera toglie ogni nube
ed ansietà mia.
Mano mano che la Divina Provvidenza manderà buoni soggetti,
terrò presente i vostri bisogni.
Quanto
Riguardo al mandare ora Don Martinotti scriverò al Patriarco
Patriarca
che non mi è, al momento, possibile.
Quanto poi al «non fare le cose a metà, ma di condurle a buon termine»,
con
molto rispetto, ma mi permetterò anch'io «la modesta preghiera»,
di volere
che voglia anche Sua Eccellenza Rev.ma un po' pensare «a non fare le cose a metà»
Finora
ho più fatto io che non ha fatto Lui, e
se mi pare,
tanto che se Egli, domani, venisse a mancare, noi non abbiamo nulla di concreto in mano,
e non sappiamo come verremmo a restare in Palestina.
Io
avevo messa una condizione per mandare
voi altri in Palestina, e tu lo
la sai;
ora non mi si parla più di nulla, anche pure chiedendomi altro personale.
Quando vidi Sua Eccell. Pev.ma a Roma mi accennò,
quando io toccai l'argomento di avere in Terra Santa un piede fermo
e una vera Casa o Chiesa della Congregazione,
ad
una Missione transgiordanica, che poi col tempo ci avrebbe potuto
affidare,.
m
Ma poi ecco che,
uscendo dalla Canonica di S. Giov. Laterano,
ed essendomi subito, sulla piazza stessa di S. Giov. Laterano imbattuto
proprio col suo procuratore Mgr Biagiotti, - che andava dal Patriarca mentre io ne uscivo, -
questi
avendogli io accennato alla Missione
transgiordanica,
mi spiegò in breve in che cosa consistesse, e mi dissuase dall'accettare
che
eccettoché a certe condizioni, e
per più motivi, - qualora mai detta Parrocchia,
(perché ho poi capito che si tratterebbe d'una specie di Parrocchia)
o Missione [così detta] ci fosse stata in avvenire realmente offerta.
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Ora, anche su questo, io gradirei sapere da te, che sei sul posto, che cosa ne pensi
e come, in realtà, stanno le cose.
Prima di mandare lì altri Sacerdoti, mentre non avete che tre famiglie di cattolici,
e i Sacerdoti non avessero ad attendere che a mansioni da potersi anche compiere
da chi non ha la Messa, mi occorre conoscere meglio la situazione
e le ragioni per inviare dei Sacerdoti,
e se tu ritenga che realmente ti occorra avere con te un altro che sia Sacerdote.
Il Don Martinotti poi non so se si possa [data la sua madre vecchia e cieca, e altro]
e se convenga mandarlo; tu lo conosci,
ma io, che lo vidi ragazzo, lo conosco anche un poco e forse più.
La venuta costà di un altro Sacerdote poi, se ha il suo lato buono,
mi desta qualche timore, perché presenta delle X,
e lati anche poco tranquillanti per l'avvenire.
Devo desiderare e volere unità di governo, unità di indirizzo, e preferirei, =
ove non ci fosse assoluta necessità = di lasciare un Sacerdote solo, ma fidato,
e di aumentare, mano mano che Dio mi manderà dei buoni soggetti,
il numero degli Eremiti o Chierici lavoratori, che si formino sotto di te, -
che
piuttosto che metterci a rischio che poi tra i due o più sacerdoti
non ci fosse uniformità di vedute e concordia di cuori e piena dipendenza,
una dipendenza non per forza, bensì proveniente da religiosa e interiore soggezione
e da umiltà di spirito.
E se poi perché D. Martinotti è beneviso dal Patriarca
parlasse diverso o tendesse diversamente,
vedi bene in che situazione incresciosa e insopportabile si verrebbe a trovarci.
La forza di noi Religiosi sta nell'unione, il cui vincolo è vero che è Gesù Cristo,
ma il vincolo cessa e cessa l'unione quando non vi fosse docilità di spirito
e poca umiltà e virtù.
Con questo non intendo affatto affatto affatto lagnarmi di Don Martinotti, poveretto,
ma è un discorso teoretico che fo, e che forse nessuno deve sentire più di te,
data già la tua situazione con fra Giuseppe.
Allora si lavora con soddisfazione e le opere vengono da Dio benedette
e prosperano quando c'è concordia nell'amore di Dio, e si fatica mossi dall'amore di Dio:
allora neanche si sente fatica.
In massima dunque: meglio pochi e buoni e uniti, che molti e poco buoni e divisi.
Ma, ripeto, faccio astrazione da ogni persona e fratello nostro,
e sto in linea di principi e criteri cui uniformarci.
Aspetto dunque, anche su questo, di conoscere il tuo pensiero,
come pure quanto nella mia prima lettera raccomandata ti ho richiesto su Fra Giuseppe.
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A fra Giuseppe e a Gismondi scrivo a parte,
e vengono spedite contemporaneamente a questa a te.
Non ho altro, figliuol mio, che pregarti di ricordarmi al Signore come io fo' per te.
Tu mi puoi scrivere qui, perché in America non andrò che in Marzo,
se la salute mi conferirà.
Sta volta mi vi fermerò più poco. Vi è chi mi dissuade dall'andare;
ma io vedo che qui le fonti della beneficienza si sono oramai inaridite
e i nostri Chierici soffrono fame e freddo, e non possiamo aumentarli.
Faccio come fa il padre di famiglia che non può resistere a vedere i figli a patire a va,
anche col cuore che gli piange va oltre i mari a cercare un pezzo di pane per i suoi figli.
Ora abbiamo finito di pagare i debiti del Brasile,
e che non erano meno di 50.000 mila lire, -
così mi scrivono D. Mario e D. Depaoli, [De Paoli] ed è una grazia.
A Rio de Janeiro abbiamo circa 500 orfani, tutti tolti dalla strada
e dalle mani dei giudici.
In Argentina siamo dove nessun Ordine o Congregazione Religiosa volle accettare,
e si fa del bene; non possono ajutare come vorrebbero
perché mancano anche di intenzioni di S. Messe per sé, ma si fa del gran bene.
Facilmente verrà in America con me P. Semeria, - ne parlerò al S. Padre, e sentirò.
Avremmo bisogno che ogni Missione ci ajutasse a preparare il personale
che ha bisogno, sovvenendoci a mantenere dei probandi e novizî.
Ora l'Italia è in condizioni economiche gravissime,
e chi ne risente di più sono i nostri poveri Istituti.
E voi altri, che richiedete ajuto di personale,
non
pos potreste ajutarmi
un poco, onde allevarvi dei fratelli?
Io ho vergogna a chiedere, ho vergogna con tutti; ma specialmente con i miei figliuoli,
perché mi par quasi di offenderli nel loro amore verso la Congregazione,
e desidero piuttosto di patire io segretamente e di andare anche quando non mi sentirei;
ma, quando vedo che ci sono giovanetti di belle speranze che chiedono di entrare,
e non se ne può aumentare il numero, perché non ci si arriva,
e il pane che costa lire 1,60 al chilo, - allora proprio arrivo fino a stendervi la mano,
e vorrei andare di porta in porta e non solo fino in America,
per dare alla Chiesa gli operai evangelici che ha bisogno
e a voi l'ajuto che chiedete di maggior personale.
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Ora s'è acquistata una Casa con Chiesa pubblica a S. Remo,
locale che era già di una Comunità di Suore francesi,
e che stava per diventare una Chiesa e Istituto protestante.
Ma ho trovato una Signora, che è di S. Remo, e che ha capito che era una gran vergogna,
e mi diede 150.000 lire in elargizione: ma a quello scopo determinato;
la figlia dell'On.le Andrea Costa e di Anna Kulischiof (tu capisci di che gente parlo),
che
abitava ma ora in
quella villa, essendole morto là il marito,
ed essendosi prima convertita e fattasi battezzare dall'Arcivescovo di Milano,
mi diede L. 30.000 in dono, ma sempre perché quella Chiesa non diventasse valdese.
Due
altre pie persone di S. Remo mi diedero
daranno L. 150.000,
per dieci anni, al 5½ per cento; ma esse avranno alloggio da noi, in affitto,
e quindi sarà diminuito anche, in proporzione, l'interesse.
L'Istituto che si è comprato è l'Istituto detto di S. Clotilde, sul Viale Cavallotti,
con giardino (4.700 mq.) e accesso al mare, per bagni, in caso di malattie.
Ho
visto quel vecchio Vescovo a noi sì caro, afflittissimo, e
a dirmi:
sono 30 anni che sono Vescovo: ho ormai 82 anni
e muoio col dolore di vedere San Remo assalita dai protestanti
e le Chiese nostre diventare templi evangelici, e non ho potuto resistere.
L'acquisto ci viene 362,500, - di cui una parte le ebbi già di Divina Provvidenza,
ma per quel determinato scopo, e altra spero averne,
perché quelle stesse che mi prestano le 150.000 per dieci anni,
mi dissero che poi mi lascieranno correre un 20.000 lire e forse più.
Di più un altro Signore pare che abbia intenzione di dare L. 50.000,
anzi le avrebbe già promesse.
Sono arrivato qui a scrivere, oggi 20 Dic., che ricevo ora le due lettere
di fra Giuseppe e di Gismondi e le tue parole che mi assicurano che la mia ti è pervenuta -
E Deo gratias! -
Mi varrò, nel rispondere all'uno e all'altro, prendendo motivo dalle loro lettere.
Ora bisogna che finisca.
Prega e fa pregare per me.
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Come avanti ti ho detto, non so se mi riuscirà di andare in Polonia,
per questo benedetto male ai reni, -
mi
dicono che con quel freddo che potrebbe
fa in Polonia mi troverei forse immobilizzato;
vi sono giorni che per sedermi o alzarmi da sedere devo fare una gran ginnastica:
c'è proprio da ridere, perché è una vera commedia,
se non fosse che è anche un vero tormento.
Ma sia benedetto il Signore!
Io sono uno che per poco mi lamento.
Ti saluto carissimamente e ti abbraccio in Gesù Cristo,
e molto ti conforto, e benedico a te e ai due fratelli minori che sono con te -
In Gesù Signor Nostro e nella S. Madonna
tuo aff.mo
Sac. Orione della Div. provv.
P. S. Tutti si uniscono a me nell'inviare a te e a fra Giuseppe come al Ch.co Gismondi
i più santi e fraterni saluti e Augurî in Gesù Cr.