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[Raccomandata

Al M. Rev.do Sacerdote Don Giuseppe Adaglio

Stazione di Artuf per Rafat

Giaffa di Palestina  (Palestina)]


         Anime e Anime !

         Roma, [S. Filippo] il 7 febbr. [1]923

         S. Romualdo Ab.


 Mio caro Don Adaglio,


 La mano del Signore sia aperta sopra te e di codesti nostri fratelli.

 Ho ricevuto e gradito tanto la tua lettera del 6 Gennaio,

e Don Sterpi - che fu malato a Venezia, ma che ora grazie a Dio sta bene,

mi ha dato a leggere anche la lettera che hai scritto a lui in data 5 Genn. -

 Ho tardato a rispondere perché sentivo bisogno di pregarci un po' su

e anche perché desideravo prima venire a Roma a prendere consiglio,

e pure per sentire Mgr Biasotti del quale nella tua mi dicevi

«che potrà dare un buon consiglio, poiché mi sembra pratico e che ci voglia bene».

E così ho fatto, andando jeri da lui, e ne sono stato contento. -

Mi trovo a Roma da dieci giorni; prima non avevo più potuto venirci,

se non quando tornai dall'America e andai dal S. Padre.

 Ora vado a S. Severino, in Calabria e a Messina,

dove, dal dopo il mio ritorno, non ho potuto ancora andare.

 Vengo a rispondere alla tua, particolarmente. E, prima di tutto,

ti dirò che la approvo in tutto: questo l'ho sentito interiormente quando la ricevetti,

e la lo sento ora che è quasi un mese dopo.

Non approvo solamente quel passo che tu hai fatto presso il Patriarca,

e che provocò la lettera di Lui a me, ma ci vedo anche in quello la mano di Dio,

perché così egli mi ha scritto, e dà a me modo di entrare in merito de alla vostra situazione.

 Che sia passato un anno e più senza essersi definita la vostra posizione,

dà a me una ragione di più, dopo la vostra prova, di chiedergli di sistemarla ora.

 Ciò detto, rispondo punto per punto alla tua.

 Iº Dopo avere preso consiglio da savie persone qui a Roma

e dallo stesso Mgr Biasotti, procuratore del Patriarca, -

Don Sterpi scriverà, entro il mese, al Patriarca per pregarlo di definire la vostra posizione.

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 Ho detto Don Sterpi, perché così mi fu consigliato qui a Roma

da gravi e autorevoli persone - e perché dietro lui, ci resto poi ancora io,

a cui il Patriarca possa poter rivolgersi se su qualche punto con D. Sterpi non combinasse,

e ciò ti dice la nostra buona disposizione a Suo riguardo.

 a) Copia della lettera al Patriarca sarà inviata pure a te, per tua norma.

 b) Tu poi ci dirai, secondo quello che sentirai, come è più conveniente regolarci.

 c) La lettera a Sua Eccellenza sarà stesa secondo i sottopunti del N. I

della tua stessa lettera;

 d) Sarà essa molto rispettosa, come di dovere, ma molto chiara.

 e) Bisognerà che poi vi teniate anche pronti a lasciare la Palestina,

molto umilmente e silenziosamente, senza lagnanze esterne

e senza lagnanze e giudizî interiormente, ma devotamente,

baciando i piedi e le mani di Sua Eccellenza il Patriarca per me e per voi; -

e per tutti della povera nostra Congregazione baciando ancora una volta

codesta Terra Santa, bagnata dal Sangue di N. Sig.re Gesù Cristo -

e ciò qualora le condizioni che il Patriarca ci facesse non fossero tali

da potersi da poveri religiosi accettare, o venissero a togliere la libertà alla Congregazione,

o i mezzi di vita (come la privazione fin delle elemosine della S. Messa)

e il non ci desse modo di avere una posizione stabile, e di poter lavorare

per educare al timore di Dio e al lavoro gli orfani e i più poveri e abbandonati fanciulli; -

il che costituisce il precipuo nostro fine mezzo

per diffondere negli umili l'amore alla Chiesa e al Papa nell'amore di Gesù Cristo e noi.

 Noi siamo i Gesuiti del popolo, e in questi tempi di democrazia e di governi di popoli

miriamo ai più ad impadronirci dei più umili, dei più derelitti,

dei più pericolosi figli del popolo perché il popolo resti o diventi cristiano:

perché il popolo non compia la sua apostasia da Gesù Cristo

e dalla sua Chiesa e dal suo Papa.

Questo bisogna bene tenere fisso sempre: portare il popolo a Gesù Cristo e al Suo Vicario.

E la nostra porzione non sono i ricchi non i figli dei ricchi, ma i più derelitti figli del popolo,

i più poveri di mezzi: i più poveri di benevolenza: i più rejetti: i più bisognosi:

i più pericolosi: ripeto: noi dobbiamo essere i gesuiti del popolo.

precipuamente, impadronendoci dei fanciulli più esposti a perdere la moralità e la fede, -

ed educarli colla fede e vita cristiana cioè colla dottrina cristiana non solo,

ma colla vita cristiana e col lavoro (secondo il concetto dell del Cristianesimo) e

ad onestà di vita, per la vita eterna.

 Che se Sua Eccell. Rev.ma il Patriarca aderirà

e darà i mezzi per sviluppare in Terra santa l'opera di cristianizzazione per il popolo,

e per i figli dell'orfanità o della strada, la Congregazione si farà a pezzi per dare il personale.


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 E passo al tuo N. 2

Mi ha fatto molta pena l'atto del Patriarca circa la elemosina delle tue Messe,

ma sia fatta la volontà o la permissione di Dio, sempre benedetto!

Mi pare però cosa brutta, grave e non secondo lo spirito di N. Signore né secondo giustizia;

ma io non conoscerò tutto, e non devo giudicare.

 Certo che se si facesse da tutti così, umanamente parlando,

si affamerebbe la Casa Madre che è sfinita già come una madre che ha dato il latte

a tutte le altre Case, e la Congregazione finirebbe.

 Come si potrebbero mantenere aspiranti e Novizî

e si perpetuerebbe e aumenterebbe il personale delle Case, - se le Case non ajutano?

 Come si ha il coraggio di chiedere altro personale,

se si nega alla Congregazione fin l'elemosina delle Messe?

Quando mai e presso quale Congregazione s'è sentita cosa simile?

E quando vi ammalaste o sarete vecchi e inabili, sulle braccia di chi riposerete,

se non delle Case d'Italia?

 Certo che è stata cosa, per me come per altri dei tuoi fratelli, molto dolorosa

e che ha lasciata un'impressione che non ti posso significare, e non lo devo.

 Io prego per Sua Eccellenza Rev.ma del quale ho sempre venerazione e stima,

ma io con Lui sono andato in Domino, non così Lui, mi pare, con me.

 Però desidero sbagliarmi e prego N. Signore che mi dia modo di potermi ricredere.

 Ti ringrazio anche a nome di Don Sterpi, di Don Pensa, di D. Cremaschi,

di Don Perduca, di Don Risi - di questi che fanno parte del Consiglio

ai quali ho comunicata dovuto comunicare la tua lettera:

tutti ti ringraziano della carità della tua anima,

e prego la Madonna di ricompensarti ugualmente, -

e Iddio ti paghi anche la mortificazione che tu hai subìta per noi,

e per l'amore alla Congregazione tua.

 Ora se io sapessi di ricevere un centesimo da costì, non lo prenderei,

e tu stesso cerca di far economizzare più che si può, ma però senza spilorceria né grettezze.

 Se verremo via, che si possa venir via a testa alta in Domino.

Vedi però se c'è bisogno o no che io vada a cercare il pane per i nostri orfani e Chierici

in America, dove si trova carità e senso di equità forse più che in Terra Santa.

Con dolore lo dico, ma i fatti parlano troppo dolorosamente. E Amen!

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 Passo al N. 3

 Don Martinotti non lo manderei, per ragioni che tu facilmente comprenderai.

Però anche quelli che verrebbero sarebbero elemento intraprendente e lavoratore

e uno saprebbe fare anche il muratore.

Sono anche di buono spirito, «sed omnes fragiles sumus» o caro mio figliuolo;

e fragili non solo, ma pieni di difetti e di peccati.

 Bisogna che coltiviamo di più l'anima nostra

e che coltiviamo Gesù Cristo nelle anime dei nostri.

 Coltivare le Scuole, coltivare gli studî, coltivare le arti e officine,

coltivare le Colonie Agricole e i terreni, ma più coltivare l'anima,

coltivare l'anima e lo spirito e vita religiosa molto e più, assai più che gli studî,

che le officine, che il terreno: non il terreno più che l'anima: non la terra più del cielo.

 È ormai esperienza dolorosa da me fatta da anni e anni.

Tutto andrà male e cadrà il materiale se non sta in piedi lo spirituale.

 E curare il personale, e interessarcene, e tirarlo e imporci, occorrendo.

Nelle Case dove non si cura il personale religiosamente, le vocazioni sfumano,

si perdono, e succede anche di peggio.

 Chiniamoci sempre, o caro D. Adaglio, verso il personale come una madre

verso i bambini suoi quando sono malati, e pensiamo d'aver a fare con dei bambini malati.

Guadagneremo l'anima loro e l'anima nostra in patientia. Sta scritto: «in patientia vestra» -

 In questi giorni ti manderò lettera a parte, da leggersi e per tutti tre.

 E siccome al N. 7 mi scrivi: «Però prima di qualunque disposizione o cambiamento

si stabilisca il programma», così non richiamerò subito in Italia Fra Giuseppe,

se prima non si definisce la vostra situazione col Patriarca e ciò che Egli vuole,

cioè il programma, -che

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Questo, è evidente, non lo posso dare io, essendo terreni suoi e dovendo egli dare i mezzi.

Dico il programma per ciò che riguarda il nostro lavoro sui terreni del Patriarcato;

che se poi Egli, il Patriarca ci darà una base basa nostra,

allora il programma lo combineremo insieme, e manderei forse anche Don Sterpi.

Per questo motivo pure (non è l'unico) faccio ora scrivere a Lui da D. Sterpi,

il quale, essendo poi l'Amministratore della Congregazione, a D. Sterpi anche spetta -

 A proposito di amministrazione ti dico (se ancora nol sapessi)

che furono pagate alla Chiesa Rurale di S. Oreste quelle 25 mila prese per qui,

e così si ritirarono anche quelle cartelle che tu avevi date in deposito cauzionale.

 E veniamo al n. 4.

Mi fanno piacere le notizie che mi dai circa il risultato del raccolto di quest'anno al Rafat.

Certo che ogni impianto vuole la sua spesa; ma chi è profano all'agricoltura, caro mio,

molte di queste cose non le capisce.

 E sta ben attento, o caro figliuol mio in Gesù Cristo, che cosa oggi ti dico:

io prevedo che, anche mandando lì un personale eccellente per laboriosità,

per intelligenza e per spirito, Iddio permetterà, a nostro bene, che veniamo messi via

come gente che non ha fatto nulla e che quel che ha fatto ha fatto male:

e che fu più di danno che di utile e altro ancora. Ricordati queste parole! -

Già sai la voce che si fa correre qui, e ritengo sia uscita dal Patriarcato.

 Passo al n. 5.

Quanto alla Missione trasgiordanica, Mgr Biasiotti quest'estate e poi ancora ora

sarebbe assolutamente contrario,

e mi ha parlato con profonda convinzione e sincerità di amico.

Egli non seppe dirmi nulla di positivodi approssimativo delle condizioni che il Patriarca

intende farci, ma mi ha supplicato di non accettare missioni transgiordaniche.

Mi ha parlato molto chiaro su cose e persone; parecchie cose già io sapevo, altre ignoravo,

e ringrazio Dio che mi abbiano aperti gli occhi.

Non mi pento però di essere andato in Domino;

ma ora in Domino desidero le con la situazione ben chiara e definita.

 Anche qui mi hanno detto che il Patriarca è molto intelligente e abile.

Ma se verranno a noi con l'elmo e con la spada, io andrò loro incontro

segnandomi di colla Croce e nel nome di Dio!

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 E vengo al n. 6

Capisco, da quanto mi hai scritto il perché della lettera del Patriarca a me.

 (N. 7)

Per quanto riguarda Fra Giuseppe hai pienamente ragione

Non so se avrà capito quel tocco che era già nella circolaretta di Natale.

 Ora la lettera che riceverai, e indirizzata a tutti, sarà molto più esplicita;

scrivo però a parte anche la a lui; la mando aperta a te, tu la chiudi, e glie la consegni.

 Quanto a Gismondi spero che sarà elemento che potrà servirti,

una volta che l'altro non ci sia più; che in lui.

Che in fra Giuseppe si operi un grande cambiamento, ormai anch'io ne dispero:

se c'era un tempo è e un posto dove avrebbe dovuto darsi davvero al Signore,

mi pare che sarebbe stata la Terra Santa.

 Tu, del resto, sei lì, e se noterai il lui, prima che ogni cosa sia definitiva,

un notevole cambiamento in bene, sarai certo il primo a rallegrartene

e a farlo rilevare e a confortarlo a vita più religiosa e più laboriosa.

 Quanto al venire costì Don Sterpi, oggi come oggi sarà quasi impossibile,

perché io dovrò per forza e pur col cuore che mi piange, ritornare in America,

dove spero di poter fare un po' di bene e di aiutare un po' qui.

 Intanto ora si è pagati finito di pagare i debiti fatti da Don Dondero,

che erano parecchie decine di migliaia di lire. E Deo gratias!

Quel che è stato è stato, e mettiamoci su una pietra fatta di carità.

 Chi lascierei qui? Il pane si paga ancora L. 1.60 al chilo, e tutto è caro.

Abbiamo avuto qualche ajuto, ma per determinati scopi di Case.

 Noi abbiamo bisogno di ammettere in probandato almeno 100 probandi per anno:

di questi ne resteranno 20: sono calcoli fatti.

Fra i 100: 70 per gli studî e 30 almeno fratelli coadiutori per le arti a l'Agricoltura:

ne abbiamo di estremissima necessità di questi che lavorano.

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 Se non facciamo così, umanamente parlando la Congregazione va incontro alla morte,

o diventerà tisica, senza vitalità, senza moto di espansione e morirà.

Abbiamo buone vocazioni nel Trentino, nel Tirolo, nella alta Lombardia e anche nell'alto

nel Veneto, (non a Venezia, città molle, non a Roma, dove sono d'ingegno,

ma non perseveranti e troppo mammolati[)]. I Samueli vengono dalla montagna.

 Ogni Casa mi deve ajutare per le vocazioni:

o mandare vocazioni, o mandare i mezzi per darvi poi degli ajutanti!

 Mgr Albera, che fu qui nei passati giorni, mi disse che, facilmente, egli e Cribellati

verranno in Aprile in col pellegrinaggio a Gerusalemme.

Occorrendo essi potranno concretare col Patriarca. Che ne pensi?

Anch'io avrei preferito Don Sterpi,

ma tu puoi combinare e fare molto bene con i due Vescovi.

 Io spero che il Patriarca, dopo la lettera che riceverà, ti chiamerà,

o tu (che sarai avvertito) fa di vederlo un po' dopo, e senti se te ne parla.

Intanto sentiamo cosa dice il Patriarca.

 Comunque ti assicuro, caro Don Adaglio, che, se le cose si aggiustano,

appena potrò mandarti Don Sterpi te lo manderò.

Ora ha per le mani l'acquisto dell'Orfanotrofio alle Zattere di Venezia.

 La Congregazione di Carità, per ragione ragioni di economia,

ha ottenuto dal Governo di concentrare i due Istituti al Manin.

 L'Orfanotrofio, dove fu il Beato Colombini prima e dove poi San Gerolamo Emiliani

vi raccolse i primi suoi orfani, Lui, orphanorum pater, andrà in vendita.

Una sola Signora di Venezia ci da in dono, in elargizione 300 mila lire, se noi lo compriamo,

perché la Congregazione nostra abbia un piede fermo a Venezia, in casa propria.

 Pensa che solo dove abbiamo in affitto la tipografia Emiliana,

per i nuovi decreti circa gli affitti, da L. 6 mila ci elevarono a 12 mila l'affitto annuo,

che è già l'interesse di 200 mila lire.

 Il Patriarca e altri mi hanno detto di andare avanti, che saranno dietro di me:

anche il Banco San Marco.

 Avendo già da una sola persona un'elargizione di L. 300.000 io ho offerto L. 600.000

Dovremo forse crescere, perché vi ho incluso tutto il mobilio e la roba della Chiesa:

si acquista tutto: Sono 6500 mq. di terreno, e oltre quella parte che già abbiamo noi

vi sono 7 altre officine, due con sbocchi su altra strada dalla parte di S. Trovaso,

ora gestite da altri.

 Anche calcolando il terreno a 100 lire il metro q., (e in Venezia vale di più)

vedi già che cosa verrebbe.

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 Noi porteremo là la Tipografia Emiliana, evitando L.12.000 di affitto,

ed apriremmo un altro negozio là, verso l'Istituto dei Cavanis, negozio di indole scolastica,

e vi affluirebbero i 470 alunni delle Scuole Cavanis.

Di più la Congr. di Carità ci assicura di lasciarci un dato numero di orfani a pagamento,

e ci dà alcuni anni di tempo a pagare il resto.

 Avremmo così un Orfanotrofio nostro al Lido (già aperto) per orfani di guerra:

uno in Venezia (quello di cui ti parlo, alle Zattere) uno a Mestre, che sai,

e la Villa Soranzo, pure già piena di poveri orfanelli.

 Anche Mestre è pieno di orfani, e fosse due volte più grande non basterebbe

Abbiamo messe le officine fuori per necessità.

 La decisione per l'Orfanotrofio di Venezia sarà in questi giorni questo mese.

Mi hanno chiesto 850.000 lire: ne ho offerte 600.000.

Ma il solo terreno in Venezia vale 800.000 lire, - poi c'è tutto il fabbricato e il mobilio.

 Oggi ricevo lettera che un Signore ha dato a D. Pensa due buoni del tesoro

per L.2.000 ciascuno; ma sempre per quel determinato scopo.

 Se noi non acquistiamo perdiamo 300.000 lire di quella Signora e tutto.

Ed essa mi disse che poi avrebbe dato altro.

È la stessa che diede al Patriarca il terreno per fare il tempio votivo

e che fece al Lido quel grande Monastero in vicinanza del nostro Orfanotrofio, se ti ricordi.

 Prega un po, caro Don Adaglio.

Jeri sera c'è stato l'Ing.r Rebecchini che vuole entro un mese, o al più due, le 17.500 lire.

Certo non so qui come farò, e la Madonna mi ajuti!

 Qui la Chiesa è un po' più frequentata,

ma, se dovessi dire di essere proprio contento di tutto l'insieme non lo potrei dire:

ci sono in Casa buoni elementi, ma manca un cuore che li unisca e li conforti

e forse anche una testa, ma sopra tutto manca un cuore fraterno.

Però del bene se ne fa, e tutte le cose vogliono il loro tempo, e lavoro di pazienza e di fede.

 Ed ora finirò. Se Iddio disponesse che si lascî la Terra Santa,

vuol dire che il mondo è grande, e chi avrà vocazione e spirito Missionario,

potrà passare in Italia per riprendere il mare.

Ma non corriamo, e speriamo ancora che tutto possa sistemarsi bene costà.

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 Del resto siete sulla terra della Santa Croce,

e Gesù ci ha detto di prendere la Croce e di seguirlo. Dove? In Croce! evidentemente.

 Noi dobbiamo conformarci in vita al Crocifisso;

ho letto solo jeri in una lettera di S Caterina da Siena:

«unitevi e trasformatevi e conformatevi a Gesù Cristo e in Gesù Cristo[»].

E l'Imitazione di Cristo dice:

«Perché temi di prendere quella croce, per la quale si va al regno?»

E più oltre: «Non v'è salute per l'anima, né speranza d'eterna vita, che nella croce.

Dunque prendi la croce, e segui Gesù; ché perverrai a vita eterna».

Non c'è altare senza croce. Et «per multas tribulationes oportet nos intrare in regnum Dei»!- Che la Madonna SS. ci assista e conforti e sostenga,

sì che desideriamo di patire con Cristo, et multa pati pro Christo!

 Ti mando i saluti fraterni di questi nostri.

 Ci siamo tolti da Grottaferrata, e forse ci toglieremo anche dagli Squarciarelli.

È morto Mgr Santovetti ab intestato e non lasciò nulla per gli Squarciarelli,

né con lire 500 all'anno si può vivere.

 Che Iddio clemente e misericordioso ci tenga uniti a Sé e alla Sua Chiesa, e ci consoli in modo sovrumano anche senza alcun nostro merito, anzi pur con tanti demeriti

 Mi saluti i fratelli nel Signore -

 Ti abbraccio in osculo Christi e ti sono aff.mo in Gesù e nella santa Madonna


        Sac. Orione  della D. Provvidenza