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+ Anime e Anime!
Roma, [S. Filippo] il 7 Febbraio 1923
S. Romualdo Ab.
Miei cari figliuoli in G. Cr. [Adaglio...]
La pace sia sempre con voi!
È da molto che vi dovevo scrivere e, in verità, dirò che, anzi, già avevo scritto
fin da Tortona, e una lettera per ciascheduno di voi; - quando circostanze speciali
mi consigliarono a sospenderne l'invio, ed ora, da questa Roma onde Cristo è Romano
e
dove batte il cuore di tutti i veri fedeli, perché è questo il
centro della
d'unità della Fede cattolica, mi è assai più dolce rivolgere
la parola a tutti e tre nella carità del Signore.
Spero che questa mia vi troverà in buona salute, - e mi è caro dirvi che anche noi,
in
generale, stiamo bene, e Don Sterpi, che
il quale fu malato un tre settimane fa,
ora è guarito e già fu a S. Remo, a Torino e a Modena per affari della Congregazione.
La
sua malattia fu è
stata breve, ma ebbe un momento di gravità
perché minacciava di trasformarsi in menengite. -
Di
malati gravi, ma non in pericolo di vita, abbiamo Garberoglio, che
il quale venne dai Medici dichiarato spedito perché tisico;
egli ancora si illude e sta in piedi, e spero potrà durarla anche fino al prossimo inverno,
ma umanamente parlando, non c'è più speranza. Pregate per lui!
Così abbiamo il Ch.co Giulio Piccardo che è sempre un po' su e un po' giù,
linfatico e debole tanto, con glandole per tutta la vita,
e temo si metta anche lui per quella brutta malattia, malgrado ogni cura.
Ho disposto che vada a San Remo appena potrà reggere al viaggio.
È stato malato anche Don Tricerri che trovasi tutt'ora agli Squarciarelli;
ma da alcuni giorni già celebra e va meglio.
Tuttavia, data l'età e la poca vista, forse gli darò altra destinazione, -
e se la Chiesa di S. Giuseppe agli Squarciarelli non sarà riconosciuta in Parrocchia
dal Governo, (è morto un mese fa Mgr Santovetti, il quale aveva promesso di dare L.20.000
ma
poi morì ab senza
testamento, e quindi questo aiuto viene a mancare,
ed è quello che doveva decidere per il riconoscimento della Parrocchia),
difficilmente noi potremo restare perché con L.500 all'anno non si vive un anno in due
persone in Italia, oggi; - né posso togliere il pane ai Chierici ed agli orfani
per
mantenere un prete
Parroco alla Diocesi di Frascati, cioè a Squarciarelli.
Pregate, e si vedrà.
Gli incomodi di salute e le malattie sono un regalo del Signore.
Iddio nelle malattie vuole farci toccare con mano che noi nulla siamo e nulla possiamo,
e che Egli è che fa tutto.
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Quello che mi fa tanto pena con alcuni che, appena hanno male ad un dito,
sono come morti, - e altri che si lasciano prendere dalla fissazione di essere sempre malati; -
questi
sono Don Bosco li
chiamava i salutisti, e la loro malattia l'hanno nel cervello,
essi
e diventano di peso e
sono una vera croce per la piccola
Congregazione.
Bisogna pregare Dio che ci dia pazienza, ma che li tocchi anche un po' davvero
nella pelle per convertirli nel cuore, e che dia loro più spirito religioso.
Avere in Congregazione dei lunatici, dei salutisti, dei religiosi
che sono religiosi solo fin dove loro piace metà sì e metà no, = meglio è non averne affatto,
e dobbiamo pregare Iddio che tenga lontani da noi tutti quelli che cercano l'apparenza
non la sostanza della vita religiosa.
Io avevo sperato, o miei carissimi figliuoli di Terra Santa, che anche fra di voi
non avrei avuto a lamentare mai alcuna mancanza di spirito e di vita religiosa.
Ma, pur troppo, appena ritornato dall'America,
e poi ultimamente dalla lettera che ho ricevuto dallo stesso Patriarca di Gerusalemme,
ho dovuto con profondo dolore sentire che fra di voi non tutti sono di quello spirito di Dio,
non tutti siete di tale vita e condotta religiosa da rendermi soddisfatto e da farmi contento.
Che dispiacere ho provato e che pena mi fate soffrire!
Dopo che avevo tanto sperato che alcuno di voi, almeno andando in Terra Santa
si sarebbe messo con impegno a servire umilmente Iddio
ed a essere vero figlio della Divina Provvidenza, come mi aveva promesso prima di partire!
La lettera di Sua Eccellenza Rev.ma il Patriarca Barlassina,
mentre fa l'elogio più bello e ben meritato del vostro Direttore Don Adaglio,
tanto che ho voluto stampare alcune espressioni del Patriarca fin nella mia circolare
che ho spedita per Natale a tutte le Case, -
si lamenta invece il Patriarca evidentemente di fra Giuseppe,
quando dice che Don Adaglio non è aiutato né coadiuvato come dovrebbe essere,
quindi fa capire che non di tutti è e può dirsi contento.
E potrà essere contento Don Orione?
Il Patriarca dice che le sue informazioni le ha avute da persone degne
che stanno vicino al Rafat, e che è una voce che gli è pervenuta, ma importante e grave.
Pensate un poco, o caro mio fra Giuseppe e anche, tu, o Gismondi,
che
consolazione per Natale ho provato
mi avete dato, al sentirmi dire dal Patriarca
che non tutti quelli che stanno con Don Adaglio, fanno il loro dovere.
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Voi sapete, o miei cari figliuoli, che prima di lasciarci
io vi avevo tanto, ma tanto, raccomandato nel destinarvi per la Palestina, =
e specialmente l'ho raccomandato ed ho insistito con Fra Giuseppe, di pensarci bene,
e di venire in Terra Santa per farsi veramente Santo Religioso.
Ho sempre detto: vi mando in Terra Santa perché con spirito di umiltà di pietà,
di sacrificio, di lavoro, di povertà - vi facciate Santi. Non eravamo intesi così?
Non vi ho mica mandati in Terra Santa, per visitare i Luoghi Santi, e poi fare i Signori!
No, e lo sapete come vi ho parlato chiaro: e sapete bene come penso
e come la sento su questo punto.
Perché fra Giuseppe mi dà dunque di questi dispiaceri? alla sua età, e dopo le promesse
che mi ha fatto? - mentre deve ben sapere che io gli ho fatto una preferenza
mandandolo in Terra Santa, appunto per aiutarlo, per animarlo
per
confortarlo a diventare un vero e tanto
santo Religioso?.
Ah! se i nostri fratelli che sono in Argentina o dispersi per il Brasile
potessero mai venire in Terra Santa,
come piangerebbero di consolazione quei poveri miei figli!
Quanti Vescovi e Sacerdoti, quanti Papi hanno desiderato di vivere e di morire
su codesta Santa terra dove è vissuto ed è morto Nostro Signore Gesù Cristo!
E voi che ci siete, non vi farete Santi?
Ma
che vale allora, che ci state a fare in
allora in Terra Santa,
se non vi farete più santi di noi?
Ma non capisci, o caro Fra Giuseppe, e anche tu, o Gismondi,
che il Signore vi chiederà un gran conto a voi altri tutti che siete in Terra Santa?
Su, o cari miei figli, destatevi dalla tiepidezza, e coraggio!
Le vostre cose andranno bene se avrete più amore di Dio, più amore di Dio
più amore di Dio più amore di Dio più amore di Dio più amore di Dio più amore di Dio,
più amore di Dio!
Permettete che io dica a ciascuno di voi tre: oh si scires donum Dei!
Oh se sapessi il dono e la grazia che Dio ti fa nell'averti colla sua santa mano
portato a servirlo, a vivere, a lavorare in Terra Santa,
dove Gesù ha vissuto visibilmente, dove Gesù ha lavorato, dove Gesù si è sacrificato,
dove Gesù ha patito ed è morto per noi, per salvarci!
Oh! se conoscessi e se pensassi ai beni spirituali che te ne verranno,
e che ne verranno alla nostra povera Congregazione!
Voi, o cari miei figli, avete bisogno di pregare di più, e di fare meglio le pratiche
di pietà e di coltivare di più lo spirito di pietà e di umiltà e di sacrificio!
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Lo dico d'in ginocchio a tutti e tre, e vi supplico di non offendervene,
ma di avere questa mia preghiera nel Signore.
Lo scrivo dopo avere molto pregato per voi e per ciascuno di voi.
La prima carità dobbiamo farla a noi stessi; dobbiamo pregare di più:
lo dico a me, lo dico a voi, lo dico a tutti i nostri: dobbiamo pregare di più,
coltivare di più la pietà, l'umiltà, la dipendenza, la docilità di spirito, e lo spirito religioso
Vae nobis! - si fons devotionis et humilitatis in nobis siccatus fuerit!
Guai a noi, noi perduti, se la sorgente della pietà e della umiltà si sarà inaridita in noi,
o andrà inaridendosi! Per questo, anche per questo sono lieto e ci tengo
che facciate tutti e bene e ogni anno i Santi Spirituali Esercizî!
E se non li aveste ancora fatti, veda Don Adaglio che si facciano, e in ogni miglior modo.
Ed ora passo a raccomandarvi la temperanza ed il lavoro.
Preghiera, lavoro e temperanza sono tre perle preziosissime
che devono risplendere sulla fronte e nella vita di ogni Figlio della Divina Provvidenza.
Preghiera, lavoro e temperanza:
ecco ciò che farà fiorire davvero la nostra cara Congregazione! Oratio, labor et temperantia!
che vuol dire : pietà, sacrificio, mortificazione!
Oratio, labor et temperantia! che vuol dire Unione con Dio - faticare per le Anime -
mortificare il corpo colle sue passioni e mortificare la gola!
Oratio - labor et temperantia: che vuol dire tutta la vita dei Figli della Divina Provvidenza!
In queste tre virtù c'è tutta la nostra vita!
Non c'è per noi altra vita: Non c'è altra via per farci santi.
Non
c'è m altro modo né
miglior modo per amare e servire Dio =
per imitare Gesù Cristo: per servire davvero la S. Chiesa e il Papa
Non c'è altra né miglior via per imitare la Madonna,
per esserle divoti sul serio - per amarla davvero!
Non c'è altra via per servire e salvare le Anime!
Non c'è altra via per essere veri e santi Religiosi
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Caro mio fra Giuseppe, io ti abbraccio spiritualmente in Gesù Cristo,
con carità di padre in Xsto e con carità affocata in Xsto, ma ti dico : bada, figliuol mio,
che io mai ti ho mandato in Terra Santa a fare il fattore, ma sì a fare il lavoratore!
f
Fattori sono quelli che comandano, ma poco lavorano;
fattori sono quelli che fuggono volentieri la fatica: che fanno i padroni senza esserli:
che spendono anche quando si può fare economia,
e non vanno tanto pel sottile perché pensano che poi il padrone pagherà
I fattori - in generale - sono di poca coscienza e il Vangelo parla male dei fattori;
ma parla bene dei lavoratori, anche di quelli che si misero di buona volontà,
benché fosse un po' tardi. Essi furono pagati come i primi,
perché ci misero poi tanto più di buona disposizione e di buona volontà.
Così sarà di te, o fra Giuseppe, se ti metterai di buona volontà e con fervore,
e caccerai lontano da te quella brutta accidia e mala voglia di mettere giù
l'osso della schiena, e di disciplinare il tuo corpo col lavoro, colla fatica umile e colla umiltà.
Tu devi spogliarti di quella falsa vernice che sa troppo di mondanità nel tuo fare
e nella tua vita di religioso, per cui sai che tante e tante volte sono stato disgustato di te
e ti ho rimproverato, e fin ti ho fatto bruciare la tonaca e il cordone
perché non erano da povero eremita della Divina Provvidenza.
Perché mi vuoi rendere malcontento, anche ora che ti ho mandato in Terra Santa?
e non pensi che dovrai rendere un grave conto a Dio della tua vanità e leggerezza?
del tuo poco spirito di umiltà, di mortificazione e di sacrificio e di sottomissione?
del tuo amor proprio, delle tue viste, della tua volontà?
Se non amerai di più la preghiera, se non ti mortificherai di più nella tua gola
nella tua testa, in certi tuoi sentimenti pieni di amor proprio e di superbia,
e delle volte fin di capricci: se non sarai più umile, se non amerai di più la fatica,
il sacrificio col lavoro, - vedi che finirai male.
Te lo scrivo col cuore che mi piange, ma dopo avere molto, molto pregato per te,
caro Fra Giuseppe. Hai promesso tante volte: esto vir, non frasca!
sii fermo, sii uomo, e non volubile come una frasca!
Preghiera, umiltà, fervore, pietà soda: frequenza dei Sacramenti -
confidenza coi Superiori, dipendenza dal Direttore, cordialità col Direttore:
aiutalo con tutte le tue forze e cognizioni il Direttore, e non più capricci,
né ostruzionismi, né sabotare il suo lavoro, il che neanche voglio dubitare che sia capitato,
ma lo dico per compiere tutto il mio dovere di Padre in Gesù Cristo.
Umiltà, non a parole, ma a fatti; - pietà non a parole ma a fatti; -
rinnegamento di te stesso non a parole, ma a fatti; fuga dell'oziosità, non a parole, ma a fatti;
docilità d'intelletto, docilità di cuore, non a parole ma a fatti.
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Non avere paura di abbassarti troppo nel sottometterti,
perché si fa più profitto con un grano di umiltà che con una montagna di superbia.
Per l'amore di Dio benedetto niente ci deve sembrare vile o troppo disagevole,
e dobbiamo disprezzare noi stessi ed essere reputati niente e gente buona a nulla,
pur di amare e servire Dio, e guadagnarci il Paradiso.
Ma,
senza umiltà, in paradiso non si va; e i golosi in p
Paradiso non ci vanno
e i fuggi fatica, i comodi, quelli cioè che amano le comodità e sono pigri,
in Paradiso non vanno.
I superbi, i pigri, i golosi e i disonesti ho dato ordine che non siano accettati mai
e poi mai in Congregazione.
Faticare, faticare, faticare bisogna! per l'amore di Dio
e sull'esempio di N. Signore Gesù Cristo.
«Perché fuggire la fatica? Sarà forse senza ricompensa?[»], diceva Don Bosco.
Dio ha comandato all'uomo di lavorare: Gesù Cristo e tutti i Santi hanno lavorato,
e San Paolo dice che chi non lavora non deve mangiare, a meno che sia malato,
o in età da non potere lavorare
Noi, o cari miei figli, dobbiamo essere grandi lavoratori:
i lavoratori dell'umiltà, della fede, della carità!
Grandi lavoratori delle anime: grandi lavoratori della Chiesa di Gesù Cristo
per la gloria di Gesù Cristo, nostro Dio e Salvatore!
Ma che dico lavoratori? È poco, troppo poco! Dobbiamo essere i facchini di Dio!
Chi non vuole essere e non è facchino della Provvidenza di Dio,
è un disertore della nostra bandiera
Cari miei figliuoli, fuggite l'ozio e lavorate!
Lavorate con umiltà; con zelo, con ardore di carità
Don Bosco morì raccomandando il lavoro.
E Giobbe diceva: «l'uccello è nato per volare l'uomo per lavorare[»].
Non amate il dormire E non sacrificate la meditazione al letto della vostra pigrizia:
guardatevi dal cubiculum otiositatis.
Quando in una Casa s'incomincia ad introdurre l'ozio, o la poca voglia di lavorare,
o non si è così operosi e alacri come si dovrebbe, quella Casa è bell'e rovinata
Se, al contrario, lavoreremo molto e lavoreremo e travaglieremo
per mettere a frutto i talenti, e sotto lo sguardo di Dio,
e per compiere la volontà del Signore e l'esempio del Signore, -
il lavoro sarà degno di noi e di Dio:
il lavoro sarà il grande rimedio contro la concupiscenza,
e un'arma potente contro tutte le insidie del diavolo e le tentazioni del mondo e della carne.
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Non introducete il riposo al dopo pranzo, o il riposo sul letto.
Guai a noi, guai a quella nostra Casa dove la siesta vi pianta le sue tende!
Sono trappole del demonio! Sono tende di disgrazia e di morte!
«Non amare il dormire, se non vuoi essere oppresso dalla povertà.
Apri gli occhi e mangia il pane che ti sarai guadagnato»- dice la Santa Scrittura
nel Libro dei Proverbi.
E
altrove, nel Libro della Sapienza è
sta scritto: «Operiamo il bene, mentre siamo in tempo»
E tutto questo, o miei figliuoli, che vi esorto di fare,
non vogliate farlo per timore servile, né per timore dei castighi di Dio e dell'inferno,
ma per l'amore di Dio e per affetto di carità.
Chi per l'amore di Dio è obbediente signoreggia la propria sensualità.
Ma finché si andasse dietro al proprio sentimento, alle proprie idee,
all'amore proprio cattivo, fuggendo il lavoro più che si può, fuggendo la fatica e il sacrificio
più che si può, Mala vita si tiene, o miei fratelli, allora Mala vita si tiene!
e Iddio ritirerà la sua mano dalla vostra testa e la alzerà a castigare, e non più a benedire!
E della temperanza che dirò? Che dirò di questa virtù che è saggia moderazione,
che è giusto freno agli istinti, alla gola, ai desiderii non buoni?
Il Ven.le Don Bosco la raccomandava tanto tanto,
e fu sempre rigorosissimo e contro l'intemperanza del mangiare e del bere.
Senza mortificazione della gola non c'è nessuna virtù, e non c'è, sopratutto, castità.
Per questo San Filippo Neri diceva:
«datemi una persona mortificata nella gola ed io ne farò un Santo»;
ma chi non è mortificato nel bere e nel mangiare,
chi vuole mangiare bene e vuole ungere la gola non avrà castità, non avrà virtù,
non sarà mai un buon figlio della Divina Provvidenza, né buon Religioso.
La Santa Scrittura dice: «Il goloso sarà sempre povero.
Chi ama il vino e i buoni bocconi non farà mai roba» (Proverbi)
La nostra Congregazione si farà grande e farà gran bene,
finché i suoi membri sapranno mortificarsi nel mangiare e nel bere,
particolarmente saran circospetti nel permettersi bibite, vino, liquori e il fumare.
Cari miei figli di Terra Santa, se il vizio della gola prendesse mai possesso
di codesta vostra Casa, voi sareste bell'e perduti!
Guai agli amatori del vino puro, delle buone bottiglie e dei buoni bocconi!
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Ah, mentre qui i nostri orfani, i nostri poveri Chierici Novizî a Bra
soffrono i disagi della povertà la più povera, e fin la fame,
i Missionarî nostri di Terra Santa, mandati lì per farsi Santi, borbotteranno
se Don Adaglio insiste che ti faccia un po' più di Mortificazione e di economia?
Qui noi, che non siamo e non pretendiamo d'essere Missionarî,
si soffre e non si mangia per aiutare a mandare ai Novizî nostri piccoli fratelli e figli,
e in Terra Santa c'è il pane in abbondanza e si tira al vino puro?
e si cerca di accontentare la golosità e si fa spendere molto al Patriarcato,
tanto che certe voci che si spende troppo che si fa spendere troppo,
che non si tiene d'acconto la roba, = sono arrivate fino a Roma. Capite?
Ah cari miei, carissimi miei figli, voglio proprio parlarvi chiaro.
La poca voglia di lavorare: il poco spirito di umiltà e di sacrificio: la poca temperanza,
anzi l'intemperanza nel bere vino e nel mangiare, cioè il vizio della gola:
ecco i grandi nemici che dovete combattere in voi, se volete che Gesù Cristo viva in voi
e vi benedica!
E ricordatevi che non siete divenuti Signori, perché siete gli amministratori del Rafat,
dove oggi ci siete e domani non ci sarete forse più.
Ricordatevi che siete sempre i poveri, gli umili, gli straccioni figli della Divina Provvidenza.
Ho ricevuto i vostri augurî per il Natale, e ve ne ringrazio.
Ma come poteva io gradirli, sapendo che al Rafat non si vive come si deve?
che non si ama la povertà che colle parole?
Sì, voto di povertà, ma basta che manchi niente
e
che si possa fare una vita comoda e tranquilla?.
Povertà invece vuol dire sacrificio e anche economia:
povertà vuol dire non fare spreco di roba:
povertà vuol dire anche farsi scrupolo nel tenere d'acconto e nel non sprecare.
Un grano, anche un grano solo di frumento perduto sarà sulla vostra coscienza,
e ne dovrete rendere conto a Dio!
Noi non siamo che amministratori della roba della Chiesa e dei poveri:
e a Dio, alla Chiesa e ai poveri dovremo darne conto.
Io non dico grettezza, non dico meschinità, non dico avarizia,
ma dico e raccomando la santa povertà e l'economia e l'ordine.
Se si è disordinati si perde molto tempo, si perde molta roba, si fa più poco bene,
anzi
si fa e si andrà avrà
molto male.
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Bisogna tenere d'acconto, più d'acconto la biancheria, gli utensili, gli attrezzi, tutto:
avete capito, cari miei figliuoli?
Questo è lo spirito di Gesù Cristo che è sceso da cavallo per prendere su una bricciola
di pane, e che dopo la moltiplicazione del pane e del pesce disse agli Apostoli:
«colligite fragmenta ne pereant : raccogliete le bricciole perché non periscano.
Tutto è grazia di Dio: il pane, la biancheria, gli utensili di casa, gli strumenti del lavoro,
e la vita e la salute che Dio ci dà, perché colle opere ci guadagniamo il Paradiso.
Io ho conosciuto il Ven.le Don Bosco, e Don Bosco diceva che aveva fondata
la compagnia di toch perché andava a cercare per gli angoli della Casa tutti i toch di pane,
e perché negli abiti vestiva poveramente a toch: puliti sì, ma poveri con pezze aggiunte.
Ed io una delle ragioni per cui non mi sono fatto Salesiano
fu perché ho veduto Don Carlo Viglietti vestito troppo elegantemente,
con un abito che pareva che lucesse, e poi l'ho visto anche con un sigaro in bocca.
Ero ragazzo allora, ma bastò quello, ed ho detto:
se è per farmi santo, non voglio andare dove ci sono preti e, peggio religiosi vanitosi
e vestiti di seta e che vanno pompeggiandosi.
Questo vi scrivo per voi, ma non è da manifestarsi.
Il povero Don Viglietti fece poi la sua penitenza,
poiché si trovava lui direttore a Varazze in quei giorni tristi di nere calunnie;
ma io ho sempre pensato che, forse, non sarebbe capitato quel clamoroso rumore,
se il Direttore, se la testa di quel Direttore fosse stata meno leggera,
e religioso lui di più mortificata vita religiosa, meno vano più serio, più regolare, più pio.
Come
vi ho accennato qui,
fin da quando io era ancora in America,
ancora
venne gente dalla Palestina e riferì qui che fate spendere troppo al Patriarcato,
e che sul vostro spirito di povertà c'è molto ma molto da dire e da osservare!
Ma, cari miei, cosa fate? È vero che, invece di fare, fate fare?
Che, invece di ingegnarvi a fare voi tutto il possibile e l'impossibile,
cercate di far fare, correte a comperare, a spendere,
e non sapete aggiustarvi, arrangiarvi, ingegnarvi?
Ma i nostri Missionarî del Brasile e dell'Argentina si aggiustano loro le scarpe,
si attaccano i bottoni, si cuciscono i calzoni e gli abiti, si lavano la biancheria!
Quante volte io al Minas Geraes mi sono lavate calze, fazzoletti, mutande!
Ho dovuto anche impararmi a fare la barba, e che risparmio!
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Qui a Roma, 5 giorni fa sono andato da Cirillo, perché avevo premura,
e non avevo qui gli attrezzi, e mi ha preso 4 lire.
Jeri l'altro me la sono fatta da me, e va meglio assai!
E in quest'anno avrò risparmiate da mantenere quasi un orfanello o un novizio. Dite poco?
Bisogna
bastare a noi, bisogna non fare i f
Fra Tranquilli: bisogna ingegnarci
Non dicevano i nostri vecchi che Sant'ingegno è la festa dei massai?
E il Missionario è il Massaio di Dio e della carità
Si deve fare noi, fare come si può, fare meglio che si può, e sempre cercare di fare
e
non il stare lì a far
niente, oppure esigere questo e quello.
Mia madre mise a me che ero il 4[º] figlio
i vestiti del mio primo fratello, che ha 13 anni di più,
e, povera donna, quei vestiti li aveva fatti passare ai tre altri, prima di me;
ma
ci ha lasciato un po' di roba
danaro che in parte andò per i primi
orfanelli
della Div. Provv. e ci ha cresciuti bene e all'onore del mondo, come si dice:
tutti gli stracci li sapeva combinare e ci cavava dei vestitini,
e la famiglia trionfava nella povertà onesta e discreta
È venuta una mia cognata che non ha figli: ha la pensione di mio fratello ex ferroviere:
hanno
casa propria: hanno due vigne, e
eppure sono nella miseria! Cosa vuol dire?
Vuol dire che quella povera vecchia contadina di mia madre si alzava alle tre di notte
e via a lavorare, e pareva sempre un fuso che andasse, e sempre faceva e s'industriava
e faceva da donna e, con i suoi figli, sapeva fare anche da uomo,
perché nostro padre era lontano, a lavorare sul Monferrato:
B
batteva il faccetto
falcetto per fare l'erba, e lo affilava essa, senza portarlo
all'arrotino:
faceva
la tela con canapa filata da essa, e i miei fratelli si dive
divisero tante lenzuola,
tanta bella biancheria, povera mia Madre!
Teneva d'acconto fin i coltelli rotti, e questi sono stata la mia eredità.
Non correva a comperare se proprio non poteva farne a meno,
e quando è morta Le abbiamo ancora messo il suo vestito da sposa,
dopo 51 anno che si era sposata: se l'era fatto tingere in nero,
e faceva ancora la sua più bella figura, ed era il suo vestito più bello!
Vedete, o cari miei figli, come facevano i nostri santi e amati vecchi?
E mi raccontava sempre che Gesù era disceso da cavallo
per raccogliere un pezzettino di pane.
È un racconto che l'ho trovato poi in un Vangelo apocrifo:
ma chissà che non sia vero? Certo è espressivo tanto!
Cari miei, imitiamo i nostri vecchi e i nostri Santi!
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Tutte
le cose che sono da Signori, né
le comodità da Signori,
non sono da figli della Divina Provvidenza, e disdicono a noi.
Per grazia di Dio, io ho ricevuto alla morte di D. Egidio Chiodi una veste
ed
essa che e me la sono portata addosso in America, con
e poi me la sono portata addosso ritornando dall'America: l'ho sempre portata
e l'ho indosso ora che vi scrivo, e me la riporterò in America,
e spero potrà ancora servirmi al mio ritorno.
Mi
avevano fatto una veste nuova, re
prima di partire, regalatami da Don Artana,
ma l'ho donata ai nostri di America e così la spolverina.
Non ricordo d'avermi fatte fare vesti, né comprato cappello, né fatte camicie,
ne
calzoni né calze: per divina grazia non mi è mai mancato nulla e.
Noi della Divina Provvidenza dobbiamo prendere volentieri la roba dei morti
e già usata da altri.
Economia! Economia! economia!
Economia nel vitto e nel vestito: non facciamo viaggi che per necessità:
anche viaggiando ricordiamo che abbiamo fatto voto di povertà:
economia nelle provviste: economia nel mettere la mano d'opera a pagamento:
economia in tutto!
I Missionarî devono fare loro tutto, e non fare i Signori e non fare i fattori
Ed esattezza ed ordine, e fedeltà a Dio e alla Congregazione e carità fraterna sempre!
Esattezza, ordine, fedeltà, attività, umiltà e carità fraterna in tutte le più piccole cose!
Verbo
et exemplo colle parole, cogli
coll'esempio reciproco:
con i fatti, con i fatti, con i fatti!
Vox oris sonat, vox operis tonat! La parola suona, gli esempi tuonano
Le parole muovono, gli esempi trascinano!
Ed ora finirò, o miei cari figli, in Gesù Cristo Crocifisso.
Perdonatemi se ho afflitto il vostro spirito con questa mia lettera,
e ricordate che non l'ho scritta per confondervi,
ma per avvertirvi nel Signore e nella carità di padre vostro in Cristo.
Se le espressioni usate sono forti, guardate al midollo e non alla scorza,
guardate alla sostanza e non alla forma.
Voi altri di Terra Santa tenete il primo posto nel mio cuore, sappiatelo bene,
ma badate che dovete essere quelli che dovete dare il più buon esempio
a tutta la Congregazione
Amatemi nel Signore come io vi amo nel Signore, e non vi offendete mai,
perché, malgrado che sono malcontento di alcuno di voi, io ho molta stima di tutti Voi,
e ho grande speranza e fiducia che d'ora in avanti non mi darete che delle consolazioni, tutti!
Desidero che ciascuno di voi mi scriva a parte, almeno una volta al mese.
Se poi dovrete scrivere più di rado, ve lo farò sapere. Se anche non rispondo fa nulla, =
voi scrivetemi tutto, con semplicità e confidenza di figli in Gesù Cristo.
V004P269
Io ritorno in America a cercare il pane per i nostri orfani e Novizi;
devo fare a me stesso un grande sforzo ad andare, e lo devo anche nascondere;
ma vado sapendo di fare così il mio dovere e cosa grata a Dio,
come farebbe il padre di famiglia che va per pane per i suoi figli.
Non partirò però che verso la fine di Marzo.
Pregate per me! e scrivete ogni mese lo stesso:
riceverà D. Sterpi che resta a fare le mie veci e che farà sempre meglio di me.
Anche più lontano che di qui, vi penso sempre e prego sempre per voi!
Vogliatevi bene fra di voi, amatevi in Gesù Cristo,
compatitevi, aiutatevi, esortatevi nel Signore, o cari miei figli.
La cosa che più mi riempie di consolazione
è di vedere l'incomparabile carità tra i nostri Sacerdoti e Chierici!
Coraggio e avanti sempre con Fede nella Divina Provvidenza
e nella Madonna Santissima Mater nostra; Providentia nostra!
State attaccati al Papa e alla vostra Congregazione.
Pregate: chi prega, persevera; invece chi lascia l'orazione, lascierà la vocazione!
Pregate per i vostri fratelli lontani, per i vivi e per i Morti,
cari e indimenticabili nostri Fratelli!
Coraggio, o cari miei figliuoli, presto verrà il Paradiso anche per noi!
Breve è il patire, eterno sarà il godere. Et sic semper cum Domino erimus!
Se per la misericordia di N. Signore io vado prima , - poiché a me tocca -
state tranquilli che anche là pregherò tanto tanto per voi e per ciascheduno di voi,
e voi ricordatevi di suffragare l'anima mia.
Ed ora lasciate che vi benedica con tutto l'affetto, con tutta l'anima
Benedicat vobis Deus in omni opere et in omni tempore,
come ancor io di gran cuore vi conforto, vi abbraccio uno ad uno in osculo sancto
e Vi benedico, o carissimi miei figliuoli di Terra Santa,
nel Nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo. Amen!
Vostro in N. Signore Gesù Cristo Crocifisso e nella Santa Madonna
Sac. Luigi Orione della Divina Provvidenza
Ai miei cari figliuoli in Xsto Sac. D. Giuseppe Adaglio
Fra Giuseppe - Eremita e Chierico Gismondi
in Terra Santa - al Rafat di Palestina
V004P270
P. S. Questa lettera desidero sia conservata
e poi deposta nell'archivio della nostra Congregazione, tra le carte segrete.
Sarà bene che sia letta più di una volta questa lettera