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[Al M. Rev.do Signore

Don Giuseppe Adaglio al Piccolo Cottolengo

ex Conservatorio di S. Gerolamo a

(Genova) Quarto dei Mille]


 +     Anime e Anime!

      Tortona, il  4  Genn. 1926 festa di S. Tito


 Caro Don Adaglio e caro Don Montagna,

 La grazia del di N. Signore sia con voi!

 Vengo a chiedervi un favore e un ajuto insieme. Vorrei che, quale orma

del vostro passaggio a Genova e al nostro Piccolo Cottolengo, lasciaste la pratica

nei nostri malati e ricoverati della S. Comunione Sacramentale quotidiana.

Deve essa essere un tributo giornaliero di fede e di amore dei nostri poveri a Gesù,

che è rimasto in mezzo di noi pel suo grande amore verso le anime nostre.

 Il piccolo Cottolengo di Genova deve essere un vero Cenacolo ove si riceva Gesù Sacramentato, possibilmente da tutti, tutte le mattine.

 Se "Charitas Cristi urget nos", se è vero che l'amore o, meglio, la carità di Cristo

ci incalza, - come non saremo solleciti di farla ardere questa carità e di fecondarla

andando noi a Gesù, e conducendo ogni giorno i nostri cari ricoverati alla fonte viva

ed eterna della Carità stessa, che è l'Eucaristia?

- È questo un lavoro che non possono fare le Suore, o, meglio,

noi Sacerdoti non lo dobbiamo lasciare alle Suore.

Siamo noi che custodiamo e abbiamo in mano il Pane di vita, quindi è compito nostro.

Bisogna fin da principio, e non tardare più oltre, mettere come fondamento di codeste Case di Genova la S. Comunione quotidiana. Così fece il Beato Benedetto Giuseppe Cottolengo.  

 Il Piccolo Cottolengo deve rappresentare o, meglio, continuare nella frequenza

alla Comunione la santa usanza anzi la pietà ignita dei primitivi fervorosi cristiani

i quali ogni giorno partecipavano del Corpo del Signore.

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Infatti, quando negli Atti degli Apostoli si dice che quelli i quali accettavano la parola

di S. Pietro e degli altri erano battezzati, e che erano assidui nella comunione fraterna,

cioè alle riunioni comuni, aggiungendo pure che erano perseveranti nello spezzare

del pane, si vuol dire il modo più antico di significare l'Eucaristia, e la frequenza

della S. Comunione. Sappiamo poi dai più antichi Padri della Chiesa,

come anche dagli stessi Atti, che i cristiani «tutti i giorni, di pari consentimento,

erano assidui al tempio, e nelle loro case spezzavano il pane».

 I nostri cari fratelli ricoverati devono avere tanta pietà e divozione alla SS. Eucaristia da imitare ed emulare i primitivi cristiani, - e allora davvero che la divina Provvidenza

ci assisterà e non ci mancherà, e il Piccolo Cottolengo diventerà la Cittadella Spirituale

di Genova e della nostra cara Congregazione.

Altro che la lanterna che sta sullo scoglio! Il Piccolo Cottolengo sarà un faro gigantesco che spanderà la sua luce e il suo calore di carità spirituale e corporale anche oltre Genova

e oltre l'Italia. Ma ci vuole Gesù Cristo.

Ci vuole Gesù. Sine me, nihil potestis facere. Ci vuole Gesù! E Gesù tutti i giorni;

e non fuori di noi, ma in noi, e non solo spiritualmente, ma sacramentalmente.

 Non sforzare nessuno, no, mai! ma parlarne con l'amore di Dio nel cuore

e su le labbra, con quelle espressioni vive che toccano e convincono e trasportano,

- poi penserà Nostro Signore a trasformare e a trasfigurare noi e i nostri cari poveri in Lui, - Egli sarà la vita, il conforto e la felicità nostra e di quelli che la sua mano ci conduce.

 Il Piccolo Cottolengo deve essere tutto e solo basato sulla SS. Eucaristia:

non vi è altra base, non vi è altra vita, sia per noi che per i nostri cari poveri.

Solo all'altare e alla mensa di quel Dio che è umiltà e carità,

noi impareremo a farci fanciulli e piccoli con i nostri poveri,

e impareremo ad amarli come vuole il Signore.

Solamente così formeremo un solo cuore con Gesù e con i nostri fratelli, i poveri di Gesù. Non basta pensare a dare loro il pane materiale, prima del pane materiale

dobbiamo pensare a dare loro il pane eterno di vita, che è l'Eucaristia.

 Che varrebbe avere in Casa il SS. Sacramento, se facessimo come tanti Orientali

che i quali conservano sì l'Eucaristia, ma la lasciano fin seccare come un pane qualunque?

ma e non la frequentano?

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 Per rimanere noi nel Signore è necessario che il Signore venga di frequente

e, possibilmente ogni mattina in noi. Vediamo dunque di spandere abbondantemente

e sacerdotalmente l'ardore celeste della Eucaristia attorno a noi, e che le nostre Case

e il Piccolo Cottolengo di Genova nelle sue diramazioni sia alimentato da Gesù - Eucaristia, e avvivato dalla carità che esce da Lui.

 In questo senso voi, o miei cari, riunirete le Suore, sia quelle di Quarto che le altre

che sono a Marassi, ognuna nella Casa dove attende ai poveri, per non toglierle ai poveri,

e parlerete loro. E così esse sappiano di che Alimento devono nutrirsi e vivere.

 Similmente farete con i nostri cari poveri, sia con quelli di Marassi che di Quarto.

 Spandete con pace e con amore nelle anime l'amore e la divozione alla SS. Eucaristia, ricordando a tutti la parola di Gesù: «Chi mangia la mia Carne e beve il mio sangue,

sta in me ed io in lui».

 Vi è cosa migliore che rimanere noi nel Signore e il Signore in noi?

 Su, o Carissimi, la carità di Cristo ci incalza!

Charitas Christi urget nos!

 Datevi attorno: andate a Marassi, andate a Quezzi, parlate a Quarto già

alle donne già costà ricoverate, parlatene alle Suore tutte, e anche ai vecchi, che

i quali forse più di tutti hanno bisogno di Dio e di avvicinarsi al Signore

e di prepararsi bene alla eternità.

 Raccomandatevi alla Madonna, e poi piamente soavemente cominciate questo lavoro. Anche all'Ospedaletto lavorate, lavorate in questo senso verso quei piccoli di Dio.

Fatevi il segno della Croce, e con coraggio, da buoni militi di Cristo e portate le anime

a Gesù e Gesù nelle anime!

 Ho letto in codesto libretto di Vangeli per fanciulli che Tito diceva: Diem perdidi!

quel giorno che non aveva compiuta un opera buona. Riteniamo come perduto quel giorno nel quale nulla avremo fatto per infiammare le anime di divozione al SS. Sacramento.

 La miglior carità che si può fare ad un'anima è di darle Gesù!

E la più dolce consolazione che possiamo dare a Gesù è di dargli il possesso di un'anima. Questo è il vero suo regno.

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Questa lettera lasciatela poi all'Archivio di codesta casa,

perché chi verrà dopo di voi sappia qual è lo spirito che voglio animi il Piccolo Cottolengo di Genova. Nella speranza di presto rivedervi e di sentire che già avrete cominciato

a condurre al Signore i nostri ricoverati, Vi saluto affettuosamente in G. Cr.

e nella S. Madonna.

 Domani vado a Venezia, Conforto e benedico tutti nel Signore.


       Dev.mo Sac.Orione  d. D. Provv.za


 Mando a D. Montagna due lettere dell'America

una di D. Contardi e l'altra di D. Dutto.

 Saluterò Don Sterpi e tutti i nostri veneziani per voi.


 P. S. È giunto Don Germano? E dunque può fare gli Esercizî dai Gesuiti o no?

 Io vado a Venezia domani 5 corr. nel pomeriggio,

 - tanto da giungere là a mezzanotte dal 5 al 6.

 A Venezia il 6 c'è una grande festa con premiazione dei giovani