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[Per l'Italia

Al M. Rev.do Don Giuseppe Adaglio

Chiesa Parrocchia Ognissanti -

Via Appia Nuova, 264  Roma]


          Anime e Anime !

          Buenos Aires, 7 Marzo 1935

          Calle Victoria 2084


 Caro Don Adaglio,


 Il Signore conforti te e tutti i tuoi Cari.

 Ho pianto la morte di tua madre come fosse stata persona della mia stessa famiglia.

Povera santa donna. Quanta fede, quanto timore di Dio, quanto lavoro, fatto cristianamente

Io la ricordo quando conduceva i suoi figli alla Madonna della Guardia, -

mi par ancora di vederla, povera donna! Ne nasceranno ancora di queste tali donne?

Pregherà per voi tutti, - e penso, e sto certo, che pregherà anche per questo povero esule.

Sono tanto contento d'esser venuto a vederla quest'estate, e che mi abbia conosciuto,

che abbia avuto come un raggio di conforto nel vedere Don Orione a casa sua,

Essa che mi aveva dato un figlio; -

e che abbia avuto così il mio povero, ma tanto affettuoso saluto!

Ma non La dimenticherò: già Le ho dette delle S. Messe, e continuerò a suffragarla.

Io non ti ho potuto scrivere, perché in questi giorni,

si può dire che non faccio che piangere tutti questi morti,

e anche la notte non dormo o pel mal di cuore o non so per che cosa.

 Io non sogno che morti: Don Milanese di S. Michele, mia madre, il Card. Perosi,

il Vescovo Mg.r Grassi; se voglio in sogno salire una scala trovo dei morti.

Ai piedi della scala, preti, donne borghesi, distesi davanti a me.

Ho sentito la notte dei rumori insoliti,

e poi vedo che combinano con i giorni in cui è morto qualcuno.

 È morto l'Arciprete di Molino dei Torti, che mi ha mandato dai frati

e che sempre mi confortò da piccolo e da grande:

è morto Pasqualone, caro Pasqualone! che piangeva quando sono partito,

e venne avanti un poco e più non poté, e anch'io ho dovuto piangere:

è morto il padre di Don Fiori, che mi ha dato un figlio:

è morto il povero Chimico, che pareva il ritratto della salute.

Sono contento che è morto bene.

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 È morto quel Ch.co Scoccia, che io trattai un po' troppo freddamente

anche quando venne dalle sue montagne d'Abruzzo a Roma, a salutarmi;

io temevo che si affezionasse troppo, - e neanche gli diedi la mano a baciare.

Forse avrà pianto molto, e chissà come ci avrà patito, e poi dopo morto, gli trovarono

lo scritto che aveva offerto al Signore la sua vita perché io vivessi, povero ragazzo!

 Io porto la convinzione che a quest'ora non dovevo più esserci.

 Ora, dal Paradiso, vedrà perché io lo trattavo così, e pregherà per noi.

 Aspetto altri morti e molti altri dolori, a purificare la mia vita:

prega che queste prove e altre sofferenze e ostilità tutto serva ad umiliarmi

e farmi amare N. Signore e la S. Chiesa, tanto più che certi dolori vengono da persone di

Chiesa e da quali persone! Scrivendo ai tuoi, dirai loro il mio vivo cordoglio per tuo

fratello e più per la vostra Madre.

 Adopra pure quel danaro che tenevi in serbo - se il Signore ci vorrà in Terra Santa, ne

manderà molto di più. Confidiamo nel Signore!

 Sono molto contento che Don Sterpi abbia agevolato la posizione con gli Eredi

del Prevosto.

 Quanto alla tua lettera, che si riferisce al Conte Guasone, - così, com'è, non potrei - e

tu lo comprendi, - farla presentare. Ma tu fanne un'altra che sostanzialmente dica le stesse

cose, ma che riesca gradita nella forma.

Leva tutto ciò che può pungere e che non farebbe che nuocere al fine che ti proponi:

capirai, che se non si ottiene colle buone e col miele, non si otterrà mai con l'aceto

o col vantare diritti discutibili, anche l'equità stia per voi altri.

 Io non vidi ancora Guasone, né potrei presentarla, perché sono 15 giorni che gli feci

chiedere che facesse lui il Campanile della nostra Chiesa di Mar del Plata; il campanile è

già all'altezza del tetto della Chiesa, non ci sarebbe che da alzarlo un 12 o 15 metri. E non ha accettato, così dicono.

Però tu manda a me la lettera, dattilografata, non lunga, firmata a penna da te:

o in un modo o in un altro la farò presentare.

Qui egli cercò sfuggirmi: a Natale gli mandai un telegramma e rispose con telegramma.

Ai nostri di Tortona che andarono alla questua del grano, parlò loro bene di me,

ma non diede che una mina di grano, se pur lo era; così essi mi raccontarono -

 Se invece è più distante che da Tortona a Roma fosse qui, andrei personalmente;

ma quando fu qui fece dire sempre che non c'era. Raccomandiamo la cosa a S. Giuseppe.

 Nel nome della Div. Provvidenza spero aprire il Cottolengo Argentino:

mi hanno dato 21 ettari di terreno presso B. Aires; metteremo la 1ª pietra a Pasqua.

Non dire ad alcuno del mal di cuore, se no lo viene a sapere Don Sterpi, e ci patirebbe.

 Stiamo tranquilli nelle mani di Dio, e sia tutto come Dio dispone: basta andare

in Paradiso, tutto il resto che vale? Amiamo e serviamo il Signore e la S. Chiesa e facciamo

del bene sempre a tutti e avanti! Dov'è tua madre? È a Sale? Anche i tuoi Morti

pregheranno. Manda presto.

 Salutami tutti tutti: amatevi, compatitevi, ricordate alla Madonna il vostro aff.mo


           D. Orione  d. D. P.