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 +        Bs. Aires, 9 ottobre 1935

         Anniversario del mio arrivo qui.

         Calle Carlos Pellegrini, 1441


 Caro don Sterpi,


 Il Signore sia sempre con noi!

 Ho ricevuto la v/ gradita del 25 sett.bre, da Roma.

 La proposta di Sua Eccell. Mg.r Arcivescovo di Messina

sarà difficile che possiamo accettarla; - egli già mi aveva accennato qualche anno fa,

a tale istituzione. Essa sarebbe certo, opera di grande carità

e molto in linea per le Missionarie della Carità,

ma hanno un personale poco formato e sono molto avviluppate nel formalismo.

 Nostro Signore sarebbe anche molto contento che tante povere suore,

a Lui consacrate, che tanti poveri chierici e sacerdoti, a Lui consacrati,

trovassero una casa di cura e di vera carità, - senza cadere, come bene spesso -

in mani laiche e tra gente non affatto religiosa. Ora preghiamoci su e voi intanto, vedete tutto,

e studiate la cosa sotto tutti i rapporti.

 Anche per i malati della Congregazione nostra, e delle nostre suore,

una simile casa potrebbe venire bene.

 All'Arcivescovo, né ho telegrafato, né scrivo;

dovrò scrivergli almeno per ringraziarlo dell'atto di fiducia,

ma lo farò dopo che me ne avrete riferito in modo pieno. - L'Arcivescovo, personalmente,

ritengo che senta per noi stima e benevolenza, - un giorno - non era che un Vescovo, -

veniva e confessarsi da uno dei nostri preti. Però ci ha lasciati per un 27 anni,

come voi sapete, e peggio di quando siete venuto a Messina voi, in quei primi tempi.

Ci fu danaro per tutte le parrocchie, chiese e comunità, meno che per quella di chi fu là

quando tutti o quasi erano fuggiti, di chi, col divino aiuto, lavorò, e non solo per gli orfani,

e soffrì, - lasciando per anni la sua Congregazione, -

e senza prendersi il sollievo di mezza giornata per visitare ad es. Taormina.

E per alcuni anni, e portandosi le contumelie e un odio, che ancora non è spento!

E quella nostra chiesa neanche fu è mai stata eretta in chiesa vicaria. -

Io non ho mai capito la benevolenza di quell'Arcivescovo e il modo come si è trattati.

Ma certe cose meglio è non capirle e non pensarci.

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 L'Arcivescovo è persona molto intelligente, molto entusiasta, abile e svelto,

e va quasi in tutto e sempre col direttissimo.

 Se anche l'Opera si prendesse, bisognerà che ci lasci una gran latitudine,

e non obbligarci ad un numero fisso, poiché i redditi dei terreni -

specialmente a Grosseto e a Foggia - presentano molte sorprese:

ne terremo tanti quanti se ne possano potranno comodamente e in modo sicuro mantenere,

tenuto conto delle spese per i medici, medicinali, personale, tasse dei terreni, lavorazione,

migliorie etc. E poi c'è il canone! Ma se il terreno produce così tanto,

perché mai l'Arcivescovo ha così fretta di disfarsene,

e trova difficoltà ad assumere personale che lo lavori?

Niente fretta: pregarci su: vedere tutto: considerare tutto, e poi risponderemo.

 Per don Fiori, va bene: prevedevo avrebbe avuto qualche difficoltà.

E alla colonia, ci va poi don Adaglio? O chi mettereste?

 Quanto a Presciutti, anche a d. Piccinini parve troppo esigente: -

se vuol farsi della Congregazione, entri in noviziato, -

se no, fate come meglio credete in Domino.

 Ho sentito vivo dispiacere che Nicola, Capelli e Corazza non siano pronti.

Il loro tempo alle Sette Sale è finito, specie per Nicola.

 Sempre ho proibito che fossero adoprati per Ognissanti o in altro;

non dobbiamo cominciare una musica tolleranza che non va:

non devono occupare posti destinati per altri: i loro anni li hanno fatti e il tempo

lo avevano: guai se si fa così! Se si tollera che stiano a Roma più degli anni richiesti,

mettiamo un precedente ben dannoso!

Quelli che verranno ora, dopo di essi, diranno: trattateci come i primi:

e se la prenderanno comoda, e sarà un danno anche per la vita dello spirito religioso.

Considerate bene le conseguenze, e prendete le disposizioni che sono necessarie.

Purtroppo, io lo prevedevo.

 Don Mattei saprà (forse) far scuola di matematica o di latino,

ma non credo abbia titoli. Non so quanto edificherà i chierici:

il suo passato non fu buono, - ora pare sì. Fu sempre sospeso e da anni,

e qui vestiva da secolare, fino a che il Nunzio gli fece fare l'abito talare,

e lo riabilitò unicamente, perché l'ho pregato, e finché resterà nelle nostre case.

 Certo l'unico posto per lui sarà Novi: si può provare.

Penso che non resisterà, se fosse gravato da troppo lavoro.

 Se sua Eccellenza Parini è ancora a Roma, d. Piccinini vada a parlargli.

Credo sarà ancora a Roma. Gli porti miei ossequî.

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 Mandatemi l'indirizzo di Possenti, che gli scriverò: ne sento il bisogno, -

mai gli ho scritto!

 È bene che quelli che partono per gli Stati Uniti partano senza rumore,

e senza renderlo pubblico.

 Non mi scrivete mai se avete o no ricevuto le mie lettere, -

eppure, per me, è necessario, - poiché vi ho scritto di parecchie cose

che dalle vostre lettere non mi risulta, se abbiate ricevuto o no, poiché nulla me ne dite.

Jeri l'altro ebbi una buona lettera dalla Queirolo.

 Chi è morto della famiglia del Vescovo? Me lo accenna don Galbiati, senza dirmi chi è

 È vero che sul Castello non si farebbe più il Tempio, ma un obelisco in forma

di faro, con croci rosse luminose? e ai piedi un tempietto?

A voi nessuno parlò più del terreno da darsi?

 Cominciano a scrivermi alcuni parroci della diocesi, -

risponderò tenendomi molto alla larga, e unicamente per cortesia.

 Avete ricevuto i due primi articoli, che fissano lo scopo delle nostre suore?

erano in data 2 settembre?

 E i chierici delle Sette Sale sono già tornati a Roma? Chi sono e quanti? -

Bisognerà parlare un po' chiaro e anche forte a don Silvio Parodi:

i primi anni si andava meglio, e poi mollò: diventa vecchio e tenero prima del tempo!

E, intanto, si vede che alcuni fanno poco, e un po' come vogliono,

e ci preparano dei disinganni.

 Sarebbe una vera vergogna se don Nicola non riuscisse nella laurea.

Io l'ho fatto ordinare sacerdote per le insistenze di don Parodi: egli lo sa che ero contrario,

se prima non avesse data la laurea perché capivo che sarebbe andato a finire così.

Vedano il don Lauro di Rivanazzano: sono 2 anni che già fa da vice-parroco a Roma.

È compagno di classe di don Nicola: si guadagna il pane, lavora nel ministero delle anime,

ed ha fatto anche i due anni di diritto Canonico; non so se abbia anche pure la laurea,

ma, comunque: ha fatto i cinque anni di teologia alla Gregoriana e, dopo,

i due anni di diritto Canonico, facendo il vice-parroco in questi ultimi due o tre anni.

E i nostri fanno i signori, e non sono preparati, neanche dopo sette anni di teologia?

Dico di Nicola. Si può lasciare ancora a Roma?

Che principio poniamo, davanti agli altri che vengono dopo?

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Si deve da tutti sapere che si potranno fermare terranno a Roma,

solo per la durata degli studî alla Gregoriana, - se no, essi impediscono che ne vadano altri,

e farebbero il danno della Congregazione - Già è un privilegio che l'essere mandati a Roma.

 E così disporrete che don Parodi si iscriva e frequenti la facoltà di diritto Canonico.

Già era iscritto, e frequentava. Non potrebbe per evidenti ragioni,

restare efficacemente a quel posto, più a lungo senza un titolo.

O, almeno, il titolo lo aiuterà di più presso i chierici.

 Ricevo una buona lettera dal podestà di Tortona;

mi pare più sincero e benevole dell'altro.

 Qui tutti bene: salutano voi e tutti in G. Cr. e Maria SS.

 Pregate per me sempre - Salutatemi il can.co Perduca,

e, di ritrovarsi ad aiutare nello spirito i chierici, dica un bel Te Deum -

 Vostro aff.mo in G. Cr. e Maria SS.


         Sac. G. Luigi Orione  d. D. P.


 Tutt'al più si potrà permettere che i sacerdoti che hanno già terminato 5 anni di teologia,

e che quindi sono già fuori corso, si fermino a Roma fino a Natale per dare la laurea,

e dormano a San Giacomo, per non togliere posti ai chierici.

 Non sarei affatto contento che andassero ad Ognissanti dove finirebbero

per non concludere nulla. Quid qui don Risi dicat. -

Quanto mi è dolorosa, questa disposizione.

            V018P168



[Inizio di minuta della precedente]



 +      Bs. Aires, 9 ottobre 1935 mercoledì


 Caro don Sterpi,


 Il Signore sia sempre con noi!

 I Ho ricevuto, domenica 6 corr., la vostra gradita da Roma, in data 25 settembre.

 Quanto alla proposta di Mg.r Arcivescovo di Messina,

non gli telegrafo né posso scrivergli se accetto o no, fino a che voi non abbiate

veduto tutto, e non mi abbiate riferito, in modo pieno, il vostro parere.

 Se, dopo quanto, col divino aiuto, ho fatto a Messina, e dopo quanto colà ho patito,

(e l'Arcivescovo lo sa, e non doveva deve non sentirlo e non averne stima,

se veniva a confessarsi da noi), - fatto lui poi Arcivescovo,

(malgrado tante dichiarazioni verbali di affetto), ci ha lasciati, (dopo 27 anni),

come eravamo quando voi veniste a Messina, e anzi ora molto peggio, -

mentre e tutte le comunità fu provveduto e largamente - e noi soli siamo là,

riconosciuti e non riconosciuti, come chiesa vicaria della parrocchia,

anzi non riconosciuti affatto: - vedete che non c'è molto da fidarsene!

 Sì, pregate, vedete bene tutto, e poi vedremo penseremo il da farsi.

E, se l'Opera la da' ad altri, lasciate che la dia! Che se anche si prendesse,

bisognerà che ci lascino liberi di mantenere tutto quel numero che si potrà,

tenendo conto del personale addetto, dei medici, etc, -

e che non fissino un dato numero, poiché i redditi dei terreni sono aleatorî,

e le grandi tenute esigono anche grandi spese e bonifiche,

e lo stesso governo può gravarle di pesi, obbligare a migliorie forti e anche spezzettarli: -

si potrà accettare un dato numero (che non sia un massimo) ma sempre condizionato.

Deve Devono darci una tale latitudine, che dimostri la sua vera fiducia:

coscienza, per grazia di Dio, ce la abbiamo, e la vogliamo avere. -

 Lo so che l'Arcivescovo di natura è entusiasta,

ma vedete che è anche molto abile e svelto Noi, invece, non c'è da aver fretta.

Se le tenute rendono tanto, perché ha paura di assumere il personale e di doverlo pagare? -

Dovremmo, dunque, pagarlo noi, - ora che i raccolti sono fatti?

Basta: preghiamoci su, che non sbaglieremo!

            V018P169


 Va bene, per don Fiori. Capisco che avrebbe lasciato Roma mal volentieri,

ma voi ne comprenderete forse anche la ragione: -

ritengo abbia fatto aiutare la famiglia forte e ora non avrà più quella disponibilità di fondi.

Stare attenti anche alla consegna che farà della cassa.

 E don Adaglio va alla colonia? O chi ci mettereste?

 Per Presciutti, fate come meglio credete in Domino.

 Mi spiace davvero che Nicola, Capelli e Corazza non siano pronti,

specie poi Nicola! È inutile, non devono affatto andare ad Ognissanti; -

così ora non sono buoni né per di qua né per di là.

 Il don Mattei non è sacerdote degno: saprà (forse) far scuola di matematica

e di latino (non ha però titoli), ma non edificherà i nostri chierici: fu sempre sospeso.

 Ci fu danaro per tutti, tutte le chiese furono rifatte meno che quella di chi non fuggì,

ma corse a Messina, e lavorò, non solo per gli orfani.

E non si prese mai mezza giornata di sollievo neanche per andare ad es. a visitare

Taormina. Dio sia benedetto!


[la pag. 170 è stata eliminata]