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Copia Don Montagna! e più tardi a tutti i missionari del Sud America


+         Anime e Anime !

          Tortona, 24 giugno 1927


 Caro don Pensa,


 Fede, grazia, misericordia e pace da N. S. G. Cristo!

 Ho ricevuto, caro don Pensa, le tue lettere e gli auguri tuoi, come di codeste

Case del Veneto; ringrazio di cuore te e tutti, specialmente delle vostre preghiere,

e vi prego da N. S., per la intercessione dell'Angelo della gioventù, ogni spirituale aiuto,

ogni bene.

 Il giorno di S. Luigi l'ho voluto, quest'anno, passare con don Sterpi a Cuneo,

e ben mi pareva dovere per me, dolce e fraterno dovere!

 Il 20 c.m. ero al Piccolo Cottolengo di Quarto dei Mille

a ricevere Sua Ecc.za Mg.r Arcivescovo di Genova, che, in quel giorno,

si degnava far visita ai nostri cari poveri e malati.

E, a far atto di omaggio all'Arcivescovo, e ad onorarlo,

siccome il Rappresentante di G. Cristo stesso, erano, insieme con me,

i sacerdoti nostri don Giov. Grossi, don Giuseppe Montagna,

don Pietro Parodi e anche don Luigi Mietta, venuto questi la domenica 19

ad accompagnare da Sanremo a Livellato

il Novello nostro sacerdote don Severo Ghiglione, alla cui Prima Messa, al suo paese natio,

ho avuto la gioia di assistere quel giorno anch'io.

Lo avevo accettato tanti anni fa, ai piedi della Madonna della Guardia,

in occasione di un numerosissimo pellegrinaggio tortonese, e ai piedi della Guardia Iddio

mi ha dato di poterlo ricondurre ed assistere, elevato alla dignità di sacerdote di Cristo.

 Ma con i Figli della Divina Provvidenza e le nostre suore «Missionarie della Carità»,

le quali tanto bene fanno anche nelle tre Case del Piccolo Cottolengo di Genova,

vi erano pure a far corona a Mg.r Minoretti, Arcivescovo,

i tre parroci nella cui giurisdizione sono le Case del Cottolengo in Genova e altro clero,

nonché uno stuolo di benefattori e benefattrici di quella illustre e cristiana

«Città di Maria SS.»: cuori genovesi, cuori generosi, siccome quelli,

che secondo dice S. Paolo nella sua lettera a Timoteo:

«Non pongono la loro speranza nelle instabili ricchezze, ma in Dio»;

cuori aperti «a far del bene, ricchi di opere buone, pronti a dare, a far parte dei loro averi,

in modo da mettere così in serbo, per l'avvenire, un bel tesoro e ben fondato;

per conseguire la vera vita. (Tim. I-VI)

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 Essi sono, dopo Dio, la mia borsa per gli Istituti di Carità di Genova,

sono quelli che amano e servono G. Cristo nei nostri cari poveri e malati,

ed elevano e glorificano i poveri e malati in G. Cristo. Quelle nostre Case

sono come la loro Casa. Mg.r Arcivescovo mi parve molto soddisfatto, e Deo gratias!

Egli volle lasciare una generosa offerta: al suo nome verranno intestati due letti,

e la memoria di lui rimarrà in benedizione al Piccolo Cottolengo.

 Sono poi partito da Genova a mezzanotte, vivamente desideroso

di fare un'improvvisata a don Sterpi.

E giunsi a Cuneo alla Colonia Agricola di Sant'Antonio, verso le otto,

La chiesa del nostro Istituto era aperta: sono entrato piano, non visto;

la statua di Sant'Antonio era tutta illuminata! don Sterpi stava in chiesa, seduto là,

su d'un banco presso l'altare: diceva il Breviario.

Non c'era che una vecchia donna in chiesa.

I nostri di quella casa erano chi alla Cascina, dove hanno i bachi che sono nel forte,

chi a lavorare nei campi; e i ragazzi delle elementari erano a scuola.

 Ho fatto una preghiera al caro santo dei poveri, e poi, naturalmente,

ho levato lo sguardo a quella testa oramai calva di don Sterpi,

che non s'era avvertito di nulla, e continuava a recitare il Breviario.

Io riflettevo a quella sua vecchiaia precoce, e andavo tra me e me, col pensiero,

a tanti anni passati e insieme a tanti affanni. Ogni tanto don Sterpi tossiva, tossiva;

quei colpi d'una tosse brutta, d'una tosse che gli dura da troppo tempo,

mi colpivano il cuore come pugni secchi: era per me un vero strazio.

Ho invocato Sant'Antonio, e mi sono fatto avanti e l'ho toccato su d'una spalla,

come è solito fare lui tanti volte col nostro don Curetti e con altri di noi.

 Alzò il capo a guardarmi, e dal suo sguardo, dalle sue parole ho avuto l'impressione

che egli dovesse doveva aspettarmi, poiché non fece il meravigliato.

In verità, gli avevo scritto ripetute volte che sarei andato presto a trovarlo.

Dirò l'impressione avuto. Nell'aspetto non è deperito,

ma l'occhio ed il colore sono di persona molta stanca e depressa:

è un corpo che sta insieme e sta su, si direbbe, solo per forza di volontà.

 Anche a Cuneo fu visitato da un bravo medico,

ma i sanitari parlano tutti lo stesso linguaggio. Dicono: È un uomo frusto

e già un po' troppo minato: ha bisogno di molte cure: di molto riposo di corpo e di testa:

di buona nutrizione e di non avere assolutamente preoccupazione alcuna.

Solo così, et in primis, col divino aiuto, potremo salvarlo. Per cui, o caro don Pensa,

ti prego di far conoscere a tutti di codeste Case, insieme con lo stato di salute

del nostro don Sterpi, anche l'ordine che do, che, quanti gli scrivono,

si astengano dal manifestargli cosa che possa menomamente addolorarlo,

o dargli pensiero, ma solo gli si dica ciò che lo può sollevare e consolare in Domino!

 Un vero e proprio miglioramento, come dunque comprendi, finora, purtroppo,

non c'è; ma dobbiamo tener presente che egli è a Cuneo solo da poco più di quindici giorni.

Le premure poi ond'è circondato, e l'affetto veramente filiale

del nostro carissimo don Giovanni Giorgis;


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sopra tutto poi le preghiere che da ogni Casa si alzano a Dio per Lui, mi danno piena

fiducia che egli guarirà ancora e potrà rendere altri grandi servigi alla Congregazione.

 Il don Sterpi si trova ora, in realtà, come un po' sperduto a Cuneo, e quasi, direi,

mortificato di non poter lavorare. Sed spiritus promptus, caro autem infirma. Gli ho detto

che tutti noi lavoreremo anche per lui, e che pur da questo suo sacrificio, Iddio caverà,

certo, un gran bene per l'anima sua, come per la Piccola Opera della Divina Provvidenza.

Dobbiamo servire il Signore colla salute e colla malattia: se l'amore è uguale,

uguale sarà anche il merito. Questo non lo dico, no, per don Sterpi, ma per me e per voi.

Non dobbiamo quindi rattristarci se nelle malattie non possiamo lavorare pel Signore;

basta che ci rassegniamo alla sua volontà: colla rassegnazione, colla pazienza

e con l'offerta a Dio dei nostri dolori acquisteremo, forse,

meriti più grandi che non con la fatica, - perché i meriti guadagnati così sono, sovente,

più preziosi e anche più sicuri, perché ci mantengono nell'umiltà e nella fede.

 Fa conoscere a codesti miei cari fratelli e figli queste notizie di don Sterpi,

notizie che avevo loro promesso con la lettera dell'8 giugno, e fa che conoscano

anche che ne penso, affinché intensifichino le preghiere. Dì pure che mi è parso

di aver lasciato don Sterpi assai confortato; certo che fu quella una giornata

piena di ore di santa letizia fraterna. E Deo gratias! Sono poi andato

al nostro Noviziato di Villa Moffa da don Cremaschi e da quei cari figliuoli.

E là, un po' dopo, giunsero da Imola i nostri Diaconi Silvio Parodi e Giuseppe Vigo,

i quali vi stanno ora facendo gli esercizî spirituali pel Sacerdozio,

che riceveranno a San Pietro.

Preghiamo lo Spirito Santo che ne faccia due santi sacerdoti.

Mi spiace che non potrò assistere alla loro Ordinazione, poiché dovrò andare a Roma,

dove, nella festa di S. Pietro, che è la festa del Papa, si benedice ed inaugura,

in fondo alla via Appia Nuova, nella vasta nostra parrocchia d'Ognissanti,

un padiglione-chiesa di 32 m. di lunghezza che ci venne donata dal S. Padre.

Quella parrocchia avrà così una succursale, tanto necessaria.

È un nuovo campo di lavoro che si apre. Fa pregare la Madonna,

Madre e Celeste Fondatrice della Piccola Opera della Divina Provvidenza,

che ci mandi molte buone vocazioni, molti e santi operai.

 Il Signore sia sempre con te, caro don Pensa!

 Conforto e benedico a te e a tutti delle Case di Venezia e del Veneto.

Salutameli tutti in Gesù Cristo. Presto vengo a trovarvi.

 Pregate per me, che vi sono in Corde Jesu.

 Aff.mo


      Sac. Luigi Orione  dei Figli della Div. Provv.za


 P. S.  Ti mando le copie già fatte perché, pel tuo tramite, siano dirette alle Case del

Veneto, e se ne dia lettura a tutti.

 E mando questa copia anche a te, caro don Montagna, perché venga letta

nelle Case di Genova. [sul retro] 10 copie per il 1 luglio