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Lettera letta e ritoccata, e da non distruggersi.

Desidero mi venga restituita negli Esercizî Spir.li per parlarne,
e farne, occorrendo, tema di una speciale istruzione


          [Tortona] 29 Maggio [192]3

          Anime e Anime !


 Caro don Giuseppe,


 1/ Ho avuto jeri la vostra gradita del (?) = senza data.

 2/ Vi mando la istanza per Sua Eminenza il Cardinale di Torino, e vi chiedo scusa

del ritardo. Siccome nella lettera al vostro Cardinale c'è il vostro panegirico,

vogliate chiuderla.

 3/ Sono lieto del buon esito operazione di Angelo, e vi unisco due parole per lui.

Che la SS. Vergine lo guarisca pienamente!

 4/ Quanto a ciò che mi scrivete di don Arigazzi, mi fa piacere che vi faccia buona

compagnia, come mi fa pena che voglia lasciarci. Quando si è presa di mira una cosa buona,

attenente alla perfezione, conviene che perseveriamo in essa.

 5/ Se Franc quel sagrestano, Francesco, che fu allontanato dagli Squarciarelli,

fu mandato via così sui due piedi, doveva avere commesso, certo, cose tali da non potere

essere ricevuto in nessuna nostra Casa, né a S. Giovanni né da voi, che tenete a S. Anna

una posizione più delicata che a S. Giovanni. A S. Anna, anzi, vi prego di non ricevere né dare ospitalità, anche provvisoria per qualche giorno, ad alcuno, laico o prete, senza esservi inteso prima con don Sterpi o con me. Sono evidenti le ragioni che mi obbligano a questo,

data la situazione di S. Anna sotto più riguardi. = Voi lo capite!

 6/ Piuttosto dirò che mi fa pena vedere il modo come vengono licenziate talora persone che, pure con i loro difetti, lavorarono da noi disinteressatamente, e che, sia trattate con carità e con pazienza, potrebbero rendere buoni servizî alla Congregazione. E vado con dolore anche notando che, in certe Case, non c'è più quel buon tratto e carità necessaria e doverosa

col personale. E non si fa che cambiare e sempre cambiare, e nessuno va mai bene, o perché si pretende troppo, o si esige che il personale addetto anche non religioso siano senza difetti,

(mentre tutti abbiamo anche noi religiosi, e cominciando da me, i nostri difetti, e come!)

O perché non si ajuta nella vita dello spirito il personale, o non si dà sempre o, almeno,

abitualmente quel buon esempio di edificazione e di concordia tra di noi.

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 Ho dovuto notare che quelli addetti sia alle nostre chiese che agli Istituti nostri, e ai più bassi servizî delle Case, sono poco curati, talora anzi non hanno mai una buonaparola, mai un eccitamento a frequentare la Confessione e la S. Comunione. Si può dire che solo ci sono per essere comandati o rimproverati. Sempre si rimproverano, sempre si sgridano e si mortificano, di modo che ab assuetis non fit passio, non soffrono poi più nulla, anche quando la sgridata è meritata e necessaria. Mai un po’ una buona parola che loro dica: bene, bravo! Parola di conforto, di incoraggiamento, di consiglio fraterno o paterno, detta con affetto, con un po’ di buona grazia. Ma, come si fa ad andare avanti così? Ci alieneremo molti animi, molti, invece di stringersi a noi, ci lasceranno, e sarà un grave danno che ne avremo nel personale, come una grave ed enorme responsabilità. Si multi deficiunt in via, vediamo un po’ se, in parte, non è per la poca carità fraterna che usiamo loro.

 Confesso che ignoro il motivo per cui Francesco fu dimesso dagli Squarciarelli, né so se me lo scriveranno, pazienza! Ma senza motivi gravi non si deve mai e poi mai mettere su due piedi su d'una strada un uomo, un ragazzo. Ciò non è cristiano e neanche umano.

 Ci sono poi obblighi particolari quando vengono a noi, e lavorano per la Congregazione senza cercare esigere mercede.

 E, anche quando si deve allontanare qualcuno, bisogna essere giusti, e dare loro qualche cosa, quanto può essere onesto e conveniente.

 Parlo in generale e do norme di massima.

 Caro don Giuseppe, siamo cristiani, cioè seguaci sì o no di Gesù Cristo? E allora ricordiamoci che la carità è il distintivo del Signore, e andiamo con carità e usiamo carità.

 Il personale e il prossimo va trattato col cuore pieno di amore di Dio e del prossimo: questo vuole Gesù Cristo da noi: questo noi figli della Divina Provvidenza dobbiamo fare, se vogliamo imitare davvero Gesù Cristo, e non essere cristiani di nome solo, e non di opere. Le tradizioni di questa Casa madre e lo spirito della Congregazione grazie a Dio fu sempre questo.

 Noi qui, per tradizione, abbiamo i servi che vengono tutti vecchi con noi, e parecchi che già sono morti, erano stati con noi fin 22 e più anni. I servi si devono trattare con pazienza e con rispetto: si deve dare loro ciò che è loro necessario e avere cura della loro anima come dice San Paolo (vedi lettera a Timoteo, 5): si devono trattare col cuore e non coi piedi, o si è peggio di chi non ha fede, dice S. Paolo.

 Io sono molto impensierito e afflitto del modo come viene talora trattato il personale, ed ho già pianto per questo.

 Trattano meglio il personale in certe famiglie laiche e stabilimenti laici, dove pure al personale danno un mercede, che non noi religiosi, e che non diamo mercede.

 Se noi non cambieremo su questo punto, io non so se Iddio continuerà a benedirci, perché i poveri sono i tesori della chiesa e di Gesù Cristo

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 Il centurione mandò fin da Gesù Cristo perché gli andasse a guarire guarisse il suo servo com'è detto in S. Luca (c. 7). E abbiamo il: Domine, non sum dignus.

 Si fa tanta fatica a trovare o a formare un po’ di personale, e poi, detto fatto, si butta fuori!

 Oh questo non va bene, non è cristiano né umano! Bisogna ajutarlo moralmente a formarsi il personale e tenerlo vivo con la vita cristiana e di pietà. Anche Angelo bisognerà ajutarlo di più, di più in Domino. E farlo per l'amore di Gesù Cristo, umilmente e fraternamente.

 Voi vorrete scusarmi, o caro don Giuseppe, di questa prolissa, ma non inutile lettera.

 Gli Esercizî Sp.li, quest'anno, a Dio piacendo, li faremo insieme, cioè farò le istruzioni ajutandomi il Signore; - e me ne varrò per dichiarare bene quale deve essere lo spirito e la vita dei membri della Congregazione; ed è mio desiderio vivo che anche voi vi prendiate parte. Nelle adunanze terrò conto delle vostre raccomandazioni fatte o che mi farete.

 Io, con dispiacere, non ho nessuno da mandare a S. Anna, al momento, per sagrestano. Per avere un sagrestano effettivo, ora non bastono 100 lire al mese, ed i confratelli di S. Anna penso non potranno dare tanto, ma, con meno non si vive, e poi c'è ancora il vestito e la pulizia.

 Bisogna tenere d'acconto i soggetti quando la Div. Provvidenza li manda, e, se pure hanno i loro difetti, purché non siano tali che possano disonorare, bisogna avere pazienza, e pian piano formarli, educarli, ajutarli in Domino, affezionarli e non disgustarli.

 A S. Anna amerei anche che si fosse più serietà religiosa e meno mormorazioni; non dico manchi la serietà della vita, ma vi farà del bene dire meno sciocchezze e meno fatuità di modi, e più spirito.

 Non so da certe goffate che cosa quel povero ch.co Angelo potesse imparare!

 Ho tardato a dire tutto questo, perché ho voluto riflettervi bene ai piedi di questo santo Crocifisso.

 Urge dare buon esempio in tutto!!

 Ve ne chiedo scusa, caro don Giuseppe, e vi prego di perdonarmi, S. Anna è tanta, e così degli altri di Roma, ma solo sentivo il dovere di qualche richiamo in Domino.

 Chi è il don Antonio Prende di cui mi scrivete? Non capisco o è una delle solite? -

 Saluto, conforto molto fraternamente e benedico in G. Cr. e Maria SS.

 Vostro aff.


         Sac. Orione  della Div. Provv.


P. S.  Vogliate salutarmi tutti i nostri di Roma, e tutti vogliate pregare per me -