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Riservata


 +         Tortona, 8 / V - [1]915


 Caro don Contardi,


 La chiamata improvvisa di don Gandini e il probabile richiamo di don Pensa,

mi pongono nella necessità di dare un giro diverso, al momento, al personale delle Case,

dove viene a mancare il personale.

 Per la importanza che ora ha assunto la Colonia di Monte Mario, tu ti fermerai

a Roma, dove ti tieni pronto a sostituire don Pensa, che avviso. E don Quadrotta viene a

Roma per continuare per Reggio, a sostituire te e don Gandini. Egli conosce già

abbastanza la situazione di Reggio, e spero farà bene, ma tu è bene che lo informi di tutta

la posizione materiale cioè economica e morale, e di tutto il personale

e di quanto c'è da fare sia a S. Prospero che ai Tre Molini.

 Per mille ragioni desidero che tu ti trattenga ora a Roma, dove la tua opera,

e per gli orfani - (non solo della Colonia) - sia della Marsica e per le altre relazioni

personali che già hai, potrà portare a buoni frutti e darti campo di fare molto bene

in Domino.

 Tu troverai una lettera a Roma, - vedi di fare tutto quanto in essa è detto,

con molto tatto, e poi fatti mettere al corrente da don Pensa di tutta la situazione

della Colonia.

Come farai tu con Quadrotta, così Pensa faccia a te, come gli scrivo. Tu poi mi terrai

al corrente di tutto.

 Come mai il Vescovo ti mandò espressamente il Vicario all'ultima ora

perché ti fermassi? Aveva egli ricevuto già la tua lettera, o fu perché la contessa si adoperò

da Roma contro quell'ordine da lui dato “dei brevi giorni”?

 Se era per solo mosso da questo motivo capirai che noi saremmo sempre stati là

in una posizione difficile con lui: ci avrebbe subiti o tollerati, non amati e veduti bene,

e sempre dipendenti moralmente dalle sue suore, alle quali dà ogni fede -

 Che se era riconoscimento di avere sbagliato, perché non me ne scrisse mai a me,

dopo 15 giorni che io sono partito, ed essendo dal 25 marzo, che egli mi disse

che non ti voleva? Capirai che se non avrò in mano uno scritto che sia suo, e sia tale

che metta a posto le cose e ripari, io non mi devo più fidare di lui. Tanto più che egli andò

a mettere male e assai male sul nostro lavoro in Vaticano e con cardinali e altri personaggi!

E dopo tutto quello che s'è fatto per i suoi figli orfani!

 Questa mia, come tutte le altre che ti ho scritto, me le restituisci per raccomandata,

e te ne servi per te solo.

 Ti benedico con grande affetto in G. C. e Maria SS.

 dev.mo


           D. Orione

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[minuta]


 +          Tortona, 8 / V - [1]915


Riservata


 Caro don Contardi,


 La improvvisa richiamata alle armi di don Gandini e il probabile e forse prossimo

richiamo anche di don Pensa mi consigliano di dare una destinazione diversa, - almeno pel

momento critico che attraversiamo, - al personale della Congregazione che può essere

posto alla testa delle Case, e non corre pericolo imminente di essere portato in guerra.

 Siamo pochi i sacerdoti che potremo andare esenti dal servizio militare, e perciò

dovremo tentare prima di ridurre il personale delle Case , e poi si chiuderanno i Collegi

ove i giovani saranno inviati alle famiglie - e riterremo aperte le Colonie Agricole per gli orfani e per raccogliervi i nostri probandi e chierici.

 Ora, data l’importanza assunta dalla Colonia Agricola di Monte Mario e la sua

situazione alla porte di Roma, tu, o caro figliuolo sei destinato a dirigere - finché Pensa non

ritorna dalla guerra - la Colonia di S. Maria di Monte Mario. E don Quadrotta, che è riformato e già conosce persone e situazione e costumi di Reggio, va a Reggio a sostituire

te e don Gandini.

 Ti fermerai quindi a Roma, dove ti tieni pronto da un giorno all’altro a sostituire

don Pensa, il quale intanto ti vorrà mettere al corrente di tutto l’andamento morale

ed economico della Colonia, e di ogni persona e cosa. E tu farai lo stesso con don

Quadrotta tanto più che egli non troverà don Gandini più a Reggio Calabria. Informa don

Quadrotta di tutto, anche dei Tre Molini.

 Il tuo lavoro a Roma desidero vivamente che sia serio, e tutto per sistemare ogni

cosa, come già ti ho scritto, e ti prego di tenermi al corrente di tutto, e di non mai nascondermi nulla. Per le relazioni personali che tu già hai potrai, col divino ajuto, fare

molto e molto bene a Roma, anche per tutti gli altri Orfani, ma cura sopra tutto quelli che la

Divina Provvidenza ha dati a noi. Sento con piacere che Mg.r V. ti mandò all’ultima ora il

V. a pregarti di restare. Che è successo, per indurlo a questo, dopo tanta ostilità? Se eri

troppo giovane jeri, come sei diventato vecchio oggi? Se egli lo ha fatto perché moralmente vi si è visto costretto, forse per lettere e consigli che avrà ricevuto da Roma, (la contessa sp. mi scrisse che intendeva di lavorare perché la giustizia trionfasse) allora questa mossa fatta dal V., all’ultimo momento, e non per interno e sincero riconoscimento

del cattivo modo come ci ha trattati, ci lasciava poi sempre in una situazione difficile con

lui, e non in una relazione cordiale, e tale da poter noi lavorare senza sempre vivere in

mezzo a prevenzioni ostili e a sospetti e a contrarietà - contrarietà che potevano suscitarsi

ad ogni giorno contro di noi, ogni qualvolta una sua suora avesse o per ignoranza o per

cattiveria interpretata male una nostra parola e corsa a mettere male. Egli crede troppo

presto alle monache, e basta che qualche mala lingua gli racconti che qualcuno non

favorisce le sue suore perché subito si alteri, e assume un contegno di ostilità che fa grande

male; tanto più che condanna (come fece con te) senza sentire la parte calunniata.

  V025P159b


 Vivere alla mercé di suore che mostrarono così poco spirito e tanta passione di

demolire e calunniare, - non era bene,  perché esse ci tolsero quella pace che è necessaria

per lavorare che se invece il V. (mandando il Vicario) intese ricredersi e fare un atto di

conforto pel lavoro da noi fatto, = perché, dopo avermi così profondamente addolorato,

non ha trovata la via giusta e l’unica via da tenere, se davvero voleva che noi ci fermassimo; cioè di scrivere a me? Egli sapeva bene che non dipendeva da te il fermarti

e che l’invito mi doveva venire da lui. Da lui che andò (come egli mi ha detto) a parlare

non bene del nostro lavoro in Vaticano e con cardinali e altri personaggi in Roma come se

io avessi lavorato contro di lui: da lui, dal quale a me era venuto a tuo riguardo un permesso di fermata per soli brevi giorni, come se tu fossi stato: o un sacerdote di cattiva condotta o un sacerdote di idee pericolose; questa è la verità. A meno che egli ammetta che lo abbia fatto per rappresaglia e per passione contro di noi, che eravamo andati là a

sacrificarsi a quel modo per i suoi diocesani.

 Tu comprendi bene, o caro don Contardi, che con persone tali è meglio non avere a

che fare, e se io non riceverò un ordine bene dall’alto, o una lettera da lui e tale che sia

soddisfacente e metta bene a posto da lui le cose, - ad Avezzano non si deve più andare,

anche avessimo tutto il personale, e l’invito da qualunque altra personalità.

 Io passo su quanto fu detto e fu fatto a me personalmente; ma devo in coscienza

tutelare il buon nome dei miei sacerdoti, che si sono messi nelle mie mani come di Padre, -

e devo oppormi a quello spirito di iniquità che ha suscitato tutta questa tempesta e triste

situazione per noi in Vaticano e altrove.

 Tu hai fatto bene a telegrafargli e a far pregare per lui. Meno male che la ricompensa

dei nostri strapazzi e pericoli della vita la aspettiamo da Gesù Cristo! Ciò che mi addolora è

che gli orfani passano chissà in quali mani; ma preghiamo!

¨