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         Roma, 29 marzo 1920

 +        Anime e Anime


 Caro mio don Contardi,


 Alcuni giorni fa, alla Colonia, eravamo rimasti che mi sarei occupato della tua

pietosa situazione di Grottaferrata, e ti pregava di lasciarti guidare. Prima di dirti come

dovevi regolarti, era doveroso e prudente per me avvicinare il p. Guglielmo, come primo

passo, e fargli presente che proprio tu non hai da vivere, e che bisognava rivedere i patti.

E jeri fui, infatti, da lui. Ma, con mia non poca sorpresa, mi rispose che don Contardi già

da tempo mangia alla Badia, almeno a mezzodì, e che quindi, se non del tutto, è però già

molto accomodato il disagio del vivere. Mi domandò, ripetutamente, se io non sapeva

sapessi nulla di questa combinazione nuova, da te fatta con i monaci, ed io ho dovuto

rispondere che, benché avessi parlato con te solo da pochi giorni, ignoravo affatto questa

cosa.

 E tanto ne rimasi meravigliato che, avendomi egli accennato che oggi sarebbe venuto

a Grottaferrata, lo pregai se ne assicurasse bene, tanto a me parve cosa al tutto

inverosimile; e gli aggiunsi che, in caso affermativo, avrei desiderato si facessero subito

ben chiare le condizioni di quanto dovrai dare pel vitto, che ti viene somministrato,

per non avere poi una lista come quella della cera... e dei missionarî.

 Bada bene che, con ciò, non ho affatto inteso dire che io approvassi: no, non amo

equivoci: sono sempre contrario a che tu mangi dai monaci. Ma, come non amo equivoci,

così non voglio pettegolezzi, e, se con essi ti sei accomodato, non per quanto ora io scrivo

devi toglierti, tanto più se non puoi fare diversamente. Avrei desiderato, prima di lasciarmi

fare dei passi, che mi avessi prevenuto, come era naturale.

 Se non mi mettessi tutto a guardare le cose in Dominio mi verrebbe da pensare che,

anche questo sia - non vorrei offendere alcuno, Dio lo sa - un giochetto fatto alla greca;

come tale mi parve - con poca dirittura e più poco senso di grato animo - (con dispiacere lo

dico) quello usato con me da don Nilo, che, mentre io gli aprivo nel Signore le porte

ospitali della umile Casa di Tortona a quelle due, da lui tanto raccomandate, mi risponde,

saltando a pie’ pari Tortona, e destinandole lui, senz'altro, a Monte Mario.

 Ciò non è semplice e Dio non può benedire: et cum simplicibus sermocinatio eius.

 Sono cose che a me fanno male, molto male, più che una malattia.

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 Ciò detto, di tutto sia benedetto il Signore, e mi dia Egli la grazia di valermene in

bene per l'anima mia.

 Parto stasera.

 Buona Pasqua, caro don Contardi, e il Signore ti dia molte e molte consolazioni.

 Tuo aff.mo in Gesù Cristo e nella Madonna


         Sac. Orione  della Div. Provv.za


 P. S.  Sai che il rag. Ghio di Alessandria si è suicidato?

 Preghiamo per lui. -

 P.S. Vuol dire che, se la cosa non è vera, mi farai sapere qualche cosa,

 e riprenderò la pratica. -

¨


[minuta]


 +         [Roma,] 28 maggio [192] 0


 Caro don Contardi,


 Don Sterpi, per indurmi a venire a Roma. mi scriveva che c’era anche da sistemare la tua posizione a Grottaferrata - Io sarei certo Sarei quindi venuto anche da te, se non dopo che don Sterpi mi comunicò quella nota se tu non ci fossimo incontrati alla Colonia.

Alla Colonia ho detto assicurato che mi sarei subito occupato della cosa, e ti ho pregato di lasciarti condurre. infatti Ma prima di dirti come ti dovevi regolare regolarti,

oggi fui da p. Guglielmo per fare io il primo passo, e perché si co dirgli come gli ho detto, per fargli conoscere che così non si può andare avanti e che perchè ti mancava la

il necessario alla per vivere.

Ma egli mi di assicurò che tu già da tempo ti sei accomodato con i monaci almeno il pranzo

e che, lo fai da essi, che quindi ora trova il mio passo era fuori posto - Mi che domandò

ripetutamente se io non sapessi nulla di questo, e gli ho dovuto rispondere che, benché

avessi parlato con te solo da cinque giorni, io lo ignoravo ignoro affatto e che ne ero

meravigliato e avendomi detto che domani viene lunedì veniva a Grottaferrata, l’ho pregato che se ne assicurasse bene poiché perché mi pareva assai strano che tu non me ne avessi

detto nulla, e che, in caso si sapessero chiare le condizioni almeno cioè cioè quanto fanno faranno pagare pel vitto, per non trovarti come una con una lista p uso di sorpresso peggio di quella dei missionarî e peggio.

 Con questo ciò non ho affatto inteso dire che io approvi menomamente che tu ti sia

messo a stare con i monaci, se ciò fosse vero ciò che e lo dico ripeto esplicit chiaro questi gli perché non amo equivoci né imbrog né i modi poco chiari. Se ti sei aggiustato

accomodato a fare così, contrariamente ad ogni mio modo di vedere e di sentire,

non intendo che ora p questa mia lettera crei dei pettegolezzi né che tu ti abbia a ritirarti.

Era, certo, bene avvertirmi,