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Riservata ma Con con preghiera di conservarla

per l’archivio della Congregazione


 +         Anime e Anime !

          Tortona, XIII Giugno [19]25

          S. Antonio da Padova


 Caro Mg.r Felice, [Cribellati]


 La grazia di N. Sig.re sia sempre con noi!

 Ti ringrazio di ogni tua lettera, e vedrò di rispondere alle due più significative.

 Quanto a don Saroli, alla parrocchia di Prunella etc., -

non ho voluto prestarmi ad un giochetto a cui, forse incosciente, si era prestato

Mg.r Arcivescovo di R., ed ho, a suo tempo, scritto a Reggio,

all’ex Mg.r Vicario, chiaramente - Ho poi lasciato libero, liberissimo don Saroli

di andare quando e dove volesse Mi chiese la benedizione, e glie l’ho negata,

perché non ho approvato il suo passato né intendevo che si dicesse che benedico

quel groviglio di vergognosi raggiri e menzogne e un’apostasia. Finora non è partito;

mi dichiarò anzi che intendeva restare ed essere buon religioso.

Capisco che il non aver rinunciato al beneficio parrocchiale di Prunella,

mentre gli avevo detto da più che un anno fa di farlo indica qualche cosa.

 Per quanto possa dispiacere, pure meglio sarebbe che chi non sente

d’essere figlio sincero, se ne vada A Prunella lui e la suora giocavano a doppia carta,

e anche dopo; si direbbe perfidia; se non ci fosse la carità, ma anche la verità

ha i suoi diritti. - La suora dichiarò per iscritto che il loro cuore non era più di Dio.

Ce n’è basta. At de hoc satis.

 Veniamo a Mainetti. Era da noi, con don Sterpi. Non si diportò bene,

e passò ai Cavanis. Era già stato dai Passionisti, e prima aveva già vestito

l’abito da chierico. Dai Cavanis fece fallimento quanto a moralità

e quanto ad amministrazione.

 Venne a gettarmisi ai piedi, e tentai salvarlo mettendolo lontano, con don Marabotto -

In un primo tempo fece bene (come sempre), poi andò a cercare le occasioni,

e non pregò più, né teneva più vita buona che a sbalzi, ma era più giù che su.

 Anche durante gli Esercizî dai Domenicani aveva bisogno di mostrarsi in presbitero,

e la relazione continuò.

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 L’ho trasferito telegraficamente, con proibizione di dire a chicchessia che partiva

né dove andava. Niente. Andò prima di lasciare Reggio, dove volle, dove non doveva

né avrebbe mai dovuto metter piede. Essa ando lo accompagnò fino alla stazione,

e alla stazione lui mangiava ancora i cioccolatini, dono di essa.

Anzi si tirò il diavolo sino a Genova, non solo corrispondenze e telegrammi,

ma ci andò essa di persona. -

 Ella si è coniugata, e sta a Reggio. Però non è la sola.

 Dovunque va, dopo qualche mese, si insinua, e fa quello che ha sempre fatto,

con libere e con coniugate.

 Dietro questi fatti e una grave lettera di Mg.r Canessa, Vicario di Genova,

mentre ero a Roma ho dovuto telegrafare di là a don Bariani (che già avevo posto

a Genova) che il Mainetti era destituito dall’ufficio di assistente dei ragazzi

usciti di carcere (Opera Benedetto XV, sezione maschile, assunta dalla Congreg. nostra).

 Egli, in assenza di don Bariani aperse il telegramma nel quale gli dicevo

anche di recarsi a Tortona, «dove lo avrei sentito».

 Ciò che egli, specialmente da quel giorno, fece per ruinare

tutta una posizione morale nostra a Genova, non ti posso dire. Dio gli perdoni!

Già col suo fare si era accaparrato amicizie, facendosi passare per professore

e per cav.re etc., il che aveva già fatto coi Cavanis a Venezia - Non aveva che

una pura cura assistenziale dei giovani, ma seppe sorprendere la buona fede di molti,

ordinò lavori per migliaja di lire, demolì muri maestri:

con me diceva che erano altri (certi signori di Genova dell’Opera Benedetto XV)

con quelli usava del mio nome.

 Basta, ancora oggi saltano fuori debiti su debiti (sono più di L. 60.000)

e anche dal lato morale è una litaniae di dispiaceri - I giovani più uniti a lui fuggirono,

e c’è ragione di credere che fu fosse lui ad istigarli e a dar loro denaro,

ad uno ad es. per venire fino a Napoli.

 Con Mg.r Canessa vic.rio capitolare disse che suo padre avrebbe pagato i debiti

e anche con me. Ti unisco lettera di suo padre che parla chiaro.

 Finalmente mi capitò a Tortona, e venne che,

evidentemente ignorava che io fossi qui,

giunto da Roma pel funerale del padre di don Sterpi.

 Ho dovuto imporgli di non andare più a Genova

dove già pare ci fosse stato dell’altro brutto etiam quod vitam;

poi dovetti partire, alle 7 del mattino, ma egli alle 9, andava già a Genova.

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 Lo avevo prevenuto che l’andare a Genova equivaleva a mettersi fuori

di Congregazione, gli avevo ingiunto di fare sotto don Perduca un corso di santi Esercizî

per rimettersi bene: - e lo avevo assicurato che avrei messo a posto io tutto a Genova,

qualunque cosa da aggiustare ci fosse stato, con cuore di padre.

 Ho finito. - Per me non avrò nessun dispiacere di sapere che tu lo prenda,

se credi di poterlo ajutare. Non lasciarti illudere per i primi sei mesi: farà bene.

Non dargli da amministrare; non esporlo a trattare con donne o ragazze:

sa tutte le arti per farsi correr dietro, e ti comprometterebbe.

 Non credergli, anche quando giura devozione e farà comunioni su comunioni

e parlerà da Apostolo. Vedi che non vada a Reggio né carteggi fermo posta,

come mi capitò subito di scoprire qui, fin dai primi momenti che giunse da Reggio.

E che da Reggio non si venga a far convegni a Tropea all’ombra del Vescovo.

 Tu senti con quanta schietta libertà ti scrivo, e con quanto affetto paterno. -

Mentre non vorrei toglierti un ajuto o di compiere un’opera buona,

non vorrei che poi avessi dispiaceri. Prega per me, e sta sicuro che a Monte Poro ci penso,

e ci verrò, con l’aiuto del Signore e della Madonna del Carmine.

 Tuo aff.mo in G. Cristo


          Sac. Luigi Orione

          dei figli d. Div. Provv.za

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