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[Roma - Ognissanti] 15 Aprile 1926
+ Anime e Anime !
Caro Monsignore,
Grazia e pace da N. Signore Gesù Cristo!
I Ho ricevuto la gradita tua del X corr. Rispondo breve, perché ho molto lavoro
e sto sul partire
II Prega: abbiamo qui don Pelizza che s’incammina alla fine.
È tanto un buon sacerdote!
III Non potrò togliere subito fra Gaetano dalla Catena,
dovendo già togliere don Melomo. E poi ora si fanno colà i sabati in preparazione
alla festa che è in maggio, credo la 3° domenica; come moralmente lo potrei,
davanti a quel Vescovo?
IV Sarà al più presto.
V Il sig.r Domenica Brago, venne a farmi un grande sfogo sui suoi due figli,
la ripetizione, forse, di quanto deve aver fatto con Mg.r Arcivescovo di Reggio Calabria
e con Mg.r Albera.
Nulla di nuovo, mi pare, - Ho lasciato che si sfogasse, e così, più che la situazione,
ho potuto conoscere la persona - Mi pregò di consigliare a suo figlio Antonio di nutrirsi; - gli ho detto di sì, e l’ho fatto. Mi pregò di dire a suo figlio di studiare il francese
e di leggere qualche buon giornale francese: gli ho detto di sì, e l’ho fatto -
Mi assicurò che suo figlio ha bisogno di viaggiare,
si disse pronto a farlo andare anche all’estero, per mare, nel nord - America.
I viaggi di mare sono molto indicati per la salute, perché si respira aria ossigenata,
gli ho detto che volentieri lo avrei fatto, e lo feci. Ho aggiunto che qualunque altro bene
avessi potuto fare, lo avrei fatto ben volentieri.
Ecco tutto, sostanzialmente.
A lui poi, che mi si presentò dicendosi una povera pecorella smarrita,
come sacerdote dovevo dire ed ho detto che ritornasse all’ovile,
incominciando con una santa confessione, che fosse il principio di una vita
quale avrebbe desiderato in punto di morte. E così il suo spirito
avrebbe gustate le gioie della pace e la grazia di Dio.
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Non si rifiutò, ma si disse non ancora disposto a perdonare a chi, secondo lui,
voleva rubargli suo figlio, che saresti te. Però mi lasciò la sua carta da visita,
dicendosi pronto a venire dovunque, ad una mia chiamata.
Dio volesse che avessi potuto gettare un ponte, perché qualora venisse
a sentirsi male, e non avesse confidenze con altri, possa andare a lui.
Ma di tutto che ti scrivo, sarà bene non parlarne. Qualunque altra cosa si dica,
altro non c’è stato.
Io sono rimasto Don Orione; e lui benché andasse via molto commosso,
è rimasto, quanto alla sua anima, ancora e pur troppo come venne a me.
Era molto acceso verso di te e del segretario. Ho cercato di calmarlo,
ma ne ho riportato l’impressione che vi siano sacerdoti, - anzi me lo disse chiaro, -
che lo mettano su contro del Vescovo. Forse anche qualcuno stesso che ti sta d’intorno
fa due facce: C’è chi sta ad osservare quando Antonio viene in Episcopio;
oppure c’è chi viene e parla di lui a te o al segretario, magari per accidens,
e poi va a dire, e vi fa dire ciò che non avete mai detto, certamente
Meglio sarebbe, quando si parla della famiglia Braghò, stare sempre muti.
E che l’Antonio, non dica che non possa mai avvicinare il suo Vescovo,
ma
che usi quella prudenza
che è virtù, perché, evidentemente,
c’è chi soffia nell’animo esacerbato di suo padre. È proprio il caso di dire
che la prudenza non è mai troppa. Capisco che il pastore non può né deve ignorare
le pecorelle, né le può allontanare, ma «sè saggio, e intendi mè ch’io non ragioni».
M’è fin passato in mente, in questi giorni, di scrivere al sig.r Domenico Braghò
che, essendoci a Chicago un grande Congresso eucaristico
con partecipazione di italiani, se credesse ch’io possa, consiglierei a suo figlio
di andare a farsi un viaggio nel nord America - Se anche non sa l’inglese,
ma avrebbe la compagnia di italiani.
Ti conforto molto nel Signore e nella Santa Madonna
Tuo aff.mo
Sac. L. Orione d. D. P.
[A Sua Eccell. Rev.ma
Monsignor Felice Cribellati
Vescovo di Tropea (Catanzaro)]
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