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         Anime e Anime!

         Roma, la Vigilia dei Santi del 914

 Caro mio Dondero,


 Ricevo la tua lettera.

 Caro mio figliolo, tutto ciò che tu pensi non è vero niente, e tu devi stare a quello

che ti dico io poiché non ho mai voluto ingannare l’anima tua, ma voglio il tuo vero bene

cioè la tua perfezione e santità.

 Il dubbio che ti angoscia non è che effetto della tua fantasia o è un inganno del

demonio per perderti. Può essere anche, io penso, che tu ti trova logoro per il troppo

lavoro, e quindi, essendo indebolito, vai più soggetto alla melanconia, come capita a tutti

che si trovano come debilitati di forze, dopo grandi sforzi o di cervello o di corpo, per

fatiche fatte.

 Quando io ero studente da Don Bosco ho conosciuto e frequentato per tre anni il Sac.

Gioacchino Berto, che Don Bosco aveva preso con sé per segretario a 16 anni e l’aveva

tenuto per sé 26 anni, per tutto il tempo delle terribili prove e gravi necessità e

persecuzioni.

 Dopo tanto lavorare il povero don Berto si trovava sfinito si era ridotto in uno stato

di eccitazione nervosa e di sfinimento, che faceva pena a vederlo e a parlargli, e Don Bosco

(che era robusto) per sollevarlo e conservarlo gli si prese un altro segretario che gli

potesse tenere dietro perché don Berto indebolito sarebbe presto morto, e a don Berto, al

suo braccio destro, (come lo chiamava lui) affidò le carte più secrete della Congregazione,

lo

fece, come si dice Archivista e gli diede e si prese un altro segretario cioè Don Bosco, in

punto di morte, a titolo di piena fiducia affidò l’archivio segreto della Congregazione cioè

tutto ciò che c’è in un Istituto di più delicato, e così intese dare al suo segretario un po’ di

riposo.

 Ebbene lo crederesti? il povero don Berto permise il Signore che si rimase non capì

l’atto delicato di Don Bosco e rimase così imbronciato mortificato come come credesse di

essere stato messo da parte. - E non capiva, povero don Berto, che il Venerabile Don Bosco

lo venerava e lo aveva fatto proprio per risparmiargli la morte e con l’amore come di

un buon Padre,. per poterlo conservare, anche

 E fu (nei disegni della Divina Provvidenza) la conservazione di don Berto, che morì

che non è un anno, fu preziosissima, perché solo don Berto sapeva tutta la vita fatta da

Don Bosco e solo lui che gli era stato 26 anni insieme, avrebbe potuto lui solo mettere

insieme tutto il materiale necessario, per scrivere perché don Lemoine scrivesse poi la

storia lieta o dolorosa della Congregazione salesiana con tutte le sue vicende.

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E donBerto Ebbene, caro figlio mio immaginati che don Berto si lamentava sino

con me, ragazzo, e faceva come il muso anche a parecchi salesiani insospettabili, come se

don Rua e ad altri insigni tra i primi figli di Don Bosco, - perché donBerto credeva che

fossero loro che lo avessero allontanato fatto allontanare dal fianco di Don Bosco. E non

poteva vedere don Viglietti che gli era succeduto - E don Berto cuore era un cane fedele

della Congregazione, che lo piange come una grande perdita.

Cosa Che vuoi? Era una prova con cui il Signore purificava negli ultimi suoi anni lo

stesso Venerabile Don Bosco: era una croce con cui Iddio volle voleva santificare il buon

suo antico Segretario donBerto che morì l’anno scorso, anzi quest’anno di Don Bosco.

 E la prova durò sino alla morte del Venerabile Don Bosco; allora Iddio aprì gli occhi

a don Berto, che capì tutto, e visse oltre 20 anni dopo Don Bosco e fu una delle più’ salde

colonne dei salesiani e mantenne il vero spirito del Venerabile

 Senti, mio caro figliolo, io non ho nulla da difendermi con te perché, più che il tuo

Superiore sono il tuo padre, e Iddio sa, con quanto smisurato e santo amore ti amo

nell’amore suo io ti ami. Però, tanto per darti un saggio che tu ti inganni, e per non

dilungarmi, ti dirò solo che se tu hai visto la procura con la data del 4 agosto, e non con una

data prima, oltre le ragioni che ti ha detto don De Paoli per cui fu impossibile poterla fare

prima che lui partisse, - dopo poi si dovette rifare, perché qui a Roma lo stesso notaio

Buttaoni l’aveva fatta in testa tua e di don De Paoli, ed io l’ho fatta annullare perché fosse

in testa tua. Non perché io non mi fidi di don De Paoli, ma perché ho inteso con questo che

si riconoscesse in te, presso codeste autorità il rappresentante della Congregazione, e

perché non fosse sminuita in qualche modo la tua autorità.

 Chi, in mia assenza, fece fare la procura intestata ad entrambi non aveva pensato a

questo né affatto aveva neppure sognato di sminuire la tua autorità: bada bene; ma aveva

pensato di fare così perché ragionava in questo modo: vuol dire che se uno dovesse andare

in un altro nuovo Istituto al Brasile, si risparmia dal fare altra procura.

 E di questo e di tutte le altre fantasticherie, basta, Dio mio, basta! Abbiamo tanto

lavoro e tante altre pene che non mi sarei mai pensato che il demonio fosse stato così astuto

da andarmene a cercare una come questa.

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E per ora non aggiungo altro, poiché desidero spedirla stasera, perché domani non avrò più

tempo. Iddio sa che non mento, e basta.

 Viviamo in estrema miseria. È necessario che consideriate bene che a Mg.r Capra di

Alessandria si era promesso che i viaggi sarebbero stati pagati.

La Casa di Tortona non può e non trova come fare debiti in questi momenti.

Se io vi leggessi poi le lettere che ricevo da Noto e dalle altre Case, sono cose che non

lasciano dormire più.

 Voi altri non ne avete un’idea. Bisogna che tu ti moderi nello spendere costì, e che

cerchi di rimborsare i sacrifici fatti per mandare al Brasile voi altri, - almeno ciò fate poco

per volta.

 Io ho già fatto prendere il suddiaconato a Casa e a Curetti, - anche per mandarvi don

Casa, il quale sa bene il francese e l’inglese. E poi, per più motivi, preferisco mandare

Sacerdoti che chierici; quantunque vado anche formandovi parecchi chierici.

Forse ai Santi, con un extra tempus, don Curetti e don Casa potranno ricevere il

diaconato, e a Natale o a Pasqua la Messa. Vedi che mi do attorno.

 Quantunque l’Italia non sia in guerra, essa soffre terribilmente una crisi economica

perché è circondata da nazioni belligeranti. Manca di tanti generi, e quelli di cui abbonda

non possono passare la frontiera e vendersi. Di più tutte le banche non restituiscono più i

capitali depositati, per un decreto del Re Non si trova più denaro a prestito, e anche si

volesse dare una ipoteca sui beni, nessuno si fida e non si trova. Bisogna comprare a

contanti tutto.

 Tutti viviamo in grandi angosce: parecchie classi sono già richiamate: altre lo

saranno presto; anche non scoppi la guerra, l’Italia vuole essere forte per l’ora in cui si

decideranno le sorti della guerra stessa, per avere cioè anch’essa parte di territorî che si

divideranno o Trento e Trieste.

 Ti mando due stampati di questi giorni. Il governo in un mese ha speso 900 milioni

in munizioni e forniture militari. Non ti posso dire quanto mi addolori non poterti mandare

ora l’aiuto che chiedi. Vedi tu di frenarti nello spendere, e di venirci in ajuto.

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 IV Ti mando alcuni libri di agraria, quelli che ti doveva mandare don Albera.

Essi partono o stasera con la presente lettera o domani.

 V Bada però di andare in tutto adagio, e ricordati che tu hai il difetto duplice:

A/ nelle cose vai a salti

B/ nelle cose precipiti troppo. Evita queste due cose che disdicono ad un superiore nel

quale soprattutto deve risplendere la prudenza, la saviezza e la calma.

 Te lo dico in Domino: tu hai bisogno di molta, molta calma.

 Quindi con i libri di agricoltura adesso non accenderti troppo: va da savio e va da

religioso, e non fare debiti. Vedi che io ne ho visti molti fallire nello spirito religioso e

fallire anche temporalmente, perché credevano che l’agricoltura fosse tutto.

 Don Rua, sul letto di morte me lo diceva piangendo.

Prima cerca di formare in te il religioso, e poi serviti anche dell’agricoltura per salvare

anime - Non esaltatevi la testa e non giurate su tutto ciò che leggerete di agricoltura.

 Don Baratta, amico mio carissimo, a Torino, già tisico e presso a morire mi

confessava di essersi lasciato esaltare.

 Don Albera nostro poi finì col fare fallimento, ed ora si è messo a fare il prete, e mi

dà ragione. State attenti, cari miei figli: andate adagio e non andate a salti: non assumete

troppe cose: non fate debiti. Chi vi parla così vi ama quanto solo Iddio lo sa, ed è vostro

Padre, che può e deve parlare così. Questo per il mio dovere.

 Per il vostro, mentre prego Dio e la SS. Vergine di assistervi e di guidarvi in ogni

momento, - vi supplico di porgere orecchio di docile disciplina e di filiale obbedienza

piena di amore, e di non impermalirvi, se volete che il Signore vi benedica ed avere umile e

vero spirito da religiosi.

 Questa lettera, almeno in questa parte, è per tutte due, e la scrivo nel Signore con la

carità e dovere di padre vostro, e come tale ricevetela.

 V Sono contento che i rapporti col Vicario e con le suore siano buoni: fa che

continuino buoni. Questo te lo raccomando vivamente. Frenati nel tuo carattere


[lettera incompleta]

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[parte di una lettera inviata a don Pedrini Cesare]



abiliti a reggere una azienda agricola per tutto, cioè anche per la parte registrazione.

Egli troverà in me e nei miei religiosi dei fratelli.

 Io non ho nessuna pretesa per la parte scientifica; ma siamo alle porte di Roma, e di

frequente, anche io non li inviti, certe personalità amiche e intendenti si invitano da sé,

come il Barone Franchetti, Tito Poggi, l’Onor.le Nunziante, qualcuno del Ministero di

Agricoltura, non escluso l’Onor.le Cavasola, che è delle mie parti e personalmente

affezionato al mio lavoro.

 Quanto al difetto cui la lettera del Sig.r. Parzarini accenna, non fa nulla.

Eccole, caro don Pedrini, in breve il mio pensiero, Ella se ne valga, se crede, per

rispondere.

 Domani c’è la vestizione dei tre chierici: glielo ricordo.

 Io vado su alle 2½:

 viene con me? Passerei a prenderla -

 Suo aff.mo in G. C.


            Sac. Orione