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[il corsivo è grafia di Amerigo Bianchi]


Copia di lettera inviata da me

e dalla città di Roma a don Dondero

Tortona, 27 Aprile 1916

 Sac. Orione della Divina Provvidenza


 +        Roma, li X - III 191[6]

         Anime e Anime!


 Mio Caro figliolo in Gesù Cristo crocifisso,


 Ho ricevuto le tue due lettere del 19 gennaio e del 25 gennaio, e te ne ringrazio nel

Signore benché per quella sincerità che deve unirci a Dio non possa nasconderti tutta la

pena che ho sofferto e che soffro nel constatare dolorosamente che codesta povera casa è

sempre come un mare in tempesta, e nel sentire dalla tua stessa lettera del 19 gennaio

che nessuno va d’accordo con te, e che quindi non c’è tra di voi, o figlioli miei in G. X.

quella unione e quella vera concordia degli animi e carità fraterna di G. X. che è il più

dolce vincolo della vera vita secondo lo spirito di Gesù X.sto e della vera perfezione

religiosa. È questa una delle mie più grandi pene che soffro da oltre un anno e una delle

ragioni per le quali ho vivamente desiderato che tu venissi qui per sentirti e parlarti nel

Signore. E poiché ora non ti è possibile venire aspetta pure, e verrai alla fine dell’anno

scolastico.

 E intanto vedi, o caro figlio mio, di edificare nella umiltà e di edificare ed unire

nella carità tutto ciò che fu diviso, tutto ciò che fu distrutto o disperso da uno spirito

umano contrario allo spirito di pace e di dolcezza e di carità in Gesù Cristo crocefisso.

 Per la unione e carità, per la concordia e la pace dei miei figli in Gesù Cristo

neanche un istante esiterei ad attraversare l’oceano e mille oceani, aiutandomi la grazia

del Signore. Ma sono tornato jeri sera dalla Sicilia, e devo correre di qua e di là per

sostenere e puntellare in Domino le case d’Italia. La guerra mi porta via tutti i sacerdoti

come porta via tutti o quasi tutti i chierici che tu hai conosciuti. E quelli dei sacerdoti e

chierici che ancora non sono andati, certo da un momento all’altro possono essere

chiamati alle armi.

 Per questo non è possibile a me né ad altri venire ora al Brasile, e lasciare le case

d’Italia in momenti di tanta incertezza e bisogno che abbiamo qui con oltre cento tra

Probandi e chierici, ma tutti dei primi corsi di ginnasio, e con qualche centinaio di orfani

dell’Abruzzo. Però mi fa più pena la vostra disunione che le privazioni e sofferenze che

portiamo qui per la guerra.


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 Io è da più tempo che mi trovo costretto a non leggere e comunicare (per carità di

padre) le vostre notizie ai fratelli di qui. Che direbbero i nostri sacerdoti e chierici esposti

alla morte nelle trincee o negli ospedali da campo tra i feriti, i mutilati e i malati infetti se

conoscessero mai che voi altri che siete in tre o quattro non siete uniti e non andate

d’accordo? Qui siamo tutti uniti, tutti un cuor solo e un’anima sola!

 Tutti scrivono ogni settimana dal campo, dagli ospedali, e sono lettere che

confortano perché, benché lontani, sentiamo di essere uniti, molto uniti dalla carità forte e

dolce del Signore!

 Ormai siamo ridotti a pochi a lavorare negli Istituti nostri; ma ci moltiplichiamo e

lavoriamo notte e giorno, e finora non abbiamo chiuso nessuna casa. Si chiuse è vero la

Colonia Agricola di Ventoso presso Reggio Emilia, ma abbiamo aperto sul lago d’Orta

nell’abitazione lasciata dalla contessa Agazzini una casa per i poveri vecchi

abbandonati, dai figli richiamati a causa della guerra!

Quando c’è buono spirito e la carità che è il precetto del Signore, tutto va avanti e

tutti i figli sono contenti anche nelle privazioni, e vivono felici!

 La carità è la nota distintiva dei discepoli di Gesù Cristo: è umile e annega se

stessa: si fa tutto a tutti: compatisce gli altrui difetti, è illuminata e prudente: gode del

bene delle persone e desidera accertarsene ella stessa. la carità ha grande stima di tutti i

prossimi: interpreta le parole e azioni altrui nel modo più favorevole, e ripone la sua

felicità nel poter far ogni bene agli altri.

 Tutto questo già te lo scrissi prima ancora che don De Paoli venisse al Brasile e

grandemente addolorato ed ho tenuto questo acuto dolore entro di me sempre, quando vidi

che tu lo hai destinato lontano da te, mentre (e ricordo bene, quando egli venne, di

avertelo anche scritto e l’ho scritto a Mg.r Arcivescovo) - frater qui adiuvatur a fratre

quasi civita firma!

È vero che tu mi dai buone notizie dei prodotti di fagioli, di riso: mi parli di corsi

d’acqua e di macchine etc, ma che m’importa, o figliolo mio, di tutto questo, se tra di voi

non c’è l’unione e la carità, e chi se n’è andato da una parte e chi vuole andarsene da

un’altra?

 Nell’epistola di questa domenica passata non diceva l’Apostolo Paolo: che se uno

anche trasporta i monti e non ha la carità, non ha nulla? E se anche parlasse tutte le

lingue e desse via tutte le sue sostanze: se manca la carità non fa nulla?

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 Vi dico in Gesù Cristo: siete uniti dalla carità del Signore? E il Signore vi benedirà

e vi farete santi e siete i figli della Divina Provvidenza. Ma se questo spirito di umile e

dolce carità e lavoro per la anime unione nella pace e concordia dei cuori e della santa

vocazione, non è tra di voi, cosa pretenderete voi di edificare? Che frutti di vita eterna

possono produrre mai le spine della discordia? Come pretendete di essere Apostoli di fede

e di pace e di amore di Dio, se la pace neanche è tra di voi, e non tra di voi è la carità di

Gesù X.sto?

 Tutto possono i servi di Dio quando portanono nel cuore accesa e nelle opere la

carità umile benigna e dolce del Signore! La via della carità fraterna è via assai breve per

diventare santi! Ah! cari miei figloli, che pena, che profonda pena mi fate di vedervi

discordi! Io penso che questo doloroso stato di cose si debba in gran parte a te, o caro .

E perciò ti supplico e ti scongiuro per Gesù X.sto Signor Nostro di modificare il

tuo carattere, che ti aliena i cuori, e che fa andare sconfortati e dispersi i tuoi fratelli in

Gesù X.sto, e perde le vocazioni dei tuoi fratelli e carissimi figlioli miei che con tanta

veemente e dolce raccomandazione di carità e con sacrificio ti avevo posto su le tue

braccia, e ti avevo affidati con piena speranza e fiducia in te, come a figlio mio carissimo.

 Mi pare che tu dovessi anche farti vittima della carità, per la grazia di Gesù X.sto,

attaccandoti ogni giorno alla Madonna SS.ma, ma dovevi ad ogni costo mantenere la

carità e l’unione dei cuori e alimentare con l’orazione e la vita spirituale, le vocazioni alla

Divina Provvidenza. Questo ti dico abbracciandoti in osculo X.sti.

 I tuoi fratelli avevano ed hanno i loro difetti e chi mai è senza difetti quaggiù? -

 Essi, i tuoi fratelli in X.sto - avranno i loro torti verso Dio e verso di te, ma vedi in

questo frattempo di riparare anche tu ai tuoi verso di essi: perché anche tu, avrai la tua

parte di torto. E come si dice “chi ha più senno lo usi” così lascia che in Domino io lo

dica a te di usare più carità di essi e di abbandonare ogni punto di vista, ogni questione

anche fatta per amore della verità e per zelo della gloria di Dio, se ella dovesse inagrire

un pochetto (dico anche solo un pochetto) il nostro cuore, cioè l’unione fraterna della

carità. Questo non è, figlio mio, bastonarti; questo è amarti in Gesù Cristo questo è

salvarti e santificarti in G. X.sto.

 Ricordati sempre, oh caro don Dondero, che non ti scriverei così se non avessi gran

stima di te: grande affetto in X.sto per te e grande fiducia in te per l’ajuto che ti darà il

Signore Padre nostro.

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 Più coopererai alla perfetta consenzione della volontà di Dio e dei cuori, più sarai in

X.sto: più vivrai di X.sto, più opererai in X.sto. Ami ognuno di voi, ami tenerissimamente

tutti i suoi compagni nelle viscere di Gesù X.sto senza eccezione alcuna e sopporti con

piena carità i loro difetti, condonandoli loro per amore di Gesù crocifisso soffrendoli

anche con gusto, per propria mortificazione, non pensandoci e, se fosse possibile, non

osservandoli; all’incontro considerando perfettamente osservando continuamente i difetti

suoi propri, e avendone dispiacere, anche per quello che in conseguenza fa sopportare agli

altri suoi confratelli di pene e di molestie.

 Ognuno dei miei cari figlioli consideri il bene e l’ordine di tutta la casa di Mar de

Hespanha come il bene proprio, e faccia tutto quello che può per riparare alla mancanza

di vita spirituale e interiore e di vera carità religiosa in X.sto e faccia tutto quello che può

per spargere nella famiglia religiosa e all’esterno sempre più la dolcezza di una tenera

carità e l’unione più stretta dei cuori.

 Ognuno cerchi di unire fratello con fratello, i fratelli col Superiore e il Superiore col

padre. Ognuno cerchi di rimuovere qualunque anche minima cagione che possa diminuire

questa unità d’anima e di cuore che dobbiamo avere in X.sto e in Ecclesia X.sti, a

imitazione dei primi fedeli «qui erant cor unum et anima una».

Siano tutti una corporazione, cioè un corpo mistico in X.sto.

 Ogni membro del proprio nostro corpo. Ognuno da parte sua studî di fare quello

che può per la perfetta concordia e sanità e santità delle membra. Specialmente poi

ognuno desideri di vedere i propri compagni andare avanti nelle solide virtù, e a tal fine

aiuti i Superiori informandoli di quanto possono credere che sia utile loro a sapere per

vantaggio dei singoli.

 Questa carità santa e questo impegno che ognuno prenderà per il bene spirituale e

l’ordine e buon andamento della Congregazione al Brasile, vi mostrerà veri seguaci del

divin Maestro che ha detto: «Gli uomini conosceranno che voi sarete i miei discepoli, se

voi vi amerete l’un l’altro».

E abbracciandovi tutti in X.sto nostro capo e Maestro, nostra delizia, nostro tutto, mi

raccomando alle vostre orazioni, e vi esorto alla orazione e alla penitenza, e vi benedico

tutti presenti ed assenti cioè anche don De Paoli e Carlo.

 E prego te, caro don Dondero, di comunicare quella parte di questa mia che non si

riferisce direttamente a te, agli altri fratelli, leggendola ai presenti e scrivendola, in parte,

agli assenti.

 Intanto il Signore vi benedica e siate tutti suoi ogni giorno più in multitudine pacis.

 Addio, pregate per me.

 Vostro aff.mo come padre in Gesù Cristo crocefisso e Maria SS.


          Sac. Orione  d. Div. Provv.za

¨

            V029P023

[minuta]


         Anime e Anime !

         Roma, il X III / 916


 Mio caro figliolo in Gesù Cristo,


ho ricevuto le tue due lettere del 19 gennaio e del 25 gennaio, e di esse ti ringrazio

nel Signore, quantunque benché non ti possa esprimere tutta la pena che ho sofferto e

soffro nel vedere che non c’é, purtroppo, tra di voi quell’unione, quella concordia degli

animi e la carità fraterna di Gesù Cristo. che è vincolo di vera perfezione religiosa.

 Ed è questa una delle maggiori pene della mia vita e delle ragioni per le quali ho

vivamente desiderato che tu venissi in Italia per sentirti e per parlarti nel Signore.

 E poiché tu ora non puoi venire, aspetta pure, e, vieni alla fine dell’ tuo anno

scolastico, e intanto vedi di edificare nella umiltà e nella carità ciò che con altro spirito

non si è fatto o si fosse distrutto e da parte tua e da parte degli altri nostri fratelli.

 Per la carità di Gesù Cristo crocifisso e la concordia e la pace dei miei figli, io non

baderei neanche ci penserei un istante ad attraversare l’oceano e mille oceani, ma sono ritornato l’altra sera dalla Sicilia e dalla Calabria, e la guerra mi porta via tutti i sacerdoti

come mi portò via tutti o quasi tutti i nostri cari chierici dai 19 anni in su; e quelli che non

sono ancora andati certo saranno da una settimana all’altra chiamati alle armi. ne io

 Per questi non devo lasciare queste case e di più queste centinaia di orfani, e di

nonché questi figli che sono sotto le armi, esposti tutti i giorni a cadere malati per disagi

o feriti o alla stessa a morte morire.

 Qui noi però siamo tutti uniti, e molto uniti dalla dolce e forte carità di Gesù Cristo

Signor nostro.

 Ormai siamo ridotti a pochi a lavorare ma ci moltiplichiamo e lavoriamo notte e

giorno, e così che finora abbiamo tenuto botta, non si è chiusa che la Colonia Agricola di

Ventoso (Reggio Emilia) ma si è aperta un’altra casa nella Casa abitazione lasciataci dalla contessa Agazzini sul Lago di Orta, vicino a Novara, dove abbiamo raccolti i vecchi

abbandonati a causa della guerra.