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[Riservata in alcune parti in altre da comunicarsi

a don Mario e a don Camillo almeno:

Non da distruggersi ]


+       Anime e Anime !

domenica, 19 febbraio 1922

Victoria, F. C. C. A. (Buenos Aires)


 Carissimo don Dondero,


 Ricevo la tua gradita lettera dell’8 febbr. Ho scritto che sono pochi giorni a don

Mario, e da lui avrai notizie di tua mamma e dei tuoi, che sono buone; oggi, dopo pranzo,

aspetto qui tua mamma con i tuoi a farci una visita; noi stiamo a ½ ora di treno da Buenos

Aires, ed ogni cinque minuti si può dire che c’è un treno, e vi sono due ferrovie: siamo nel

centro del paese ma, ad un tempo, in luogo tranquillo e, direi, isolato. Vengo da dir Messa,

e stamattina tutti i banchi erano pieni; domani cominceremo il catechismo,

che non si faceva più da qualche anno; presto avremo la sacra missione, e spero così di fare

la prima aratura in Domino; sono stato ad invitare i PP. di S. Vincenzo De Paoli che,

mi dissero, fanno bene, - vorrei che potessero venire, possibilmente, prima di Pasqua.

 Qui siamo don Zanocchi, tuo fratello ed io: a Lujan ad imparare il castigiano,

sono qui gli altri tre. Essi non potranno andare al Marco - Paz che il primo d’Aprile.

È bene che non si presentino, se non sanno un po’ la lingua, per non cadere nel ridicolo

davanti ai ragazzi e perdere ogni efficacia poi chissà per quanto tempo.

 In questi giorni si ultimarono le pratiche col ministro, ed ho fatto gli acquisti per la

loro cappella. Però il Direttore del Marco - Paz è a Rosario, credo in missione governativa

essendo qui prossime le elezioni e anche questo ci porta ad un ritardo.

 Come ho scritto a don Mario, prevedo, pur troppo, che non potrò trovarmi con voi

così subito, e neanche per l’apertura del vostro anno scolastico; ma già lo presentivo

questo, e l’avevo accennato in casa costì.

 Intanto che sono in Argentina, cosa vuoi? bisognerà che cerchi di consolidare le cose,

e lasciarle se non proprio bene; al meno il meglio possibile; una volta che di qui mi sarò

mosso, umanamente parlando, non ci potrò ritornare più, io lo sento.

Devo quindi far conto come se non dovessi più venirci, e allora...

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E qui pure c’è ancora molto da fare, e, molte cose da vedere, per poter dare disposizioni se poi anche di lontano, per quel tempo che Dio vorrà. Dunque abbiate pazienza,

e vogliate compatire, e, soprattutto, pregate per me.

 Sono contento, molto contento di saperti ritornato in Mar de Hespanha, al “primo

ostello”: Dio ti assista, ti conforti e ti benedica! E con te benedica tutti tutti tutti di codesta

prima casa, e di codesta a me tanto cara città. Io pregherò sempre per Mar de Hespanha e

per l’Istituto S. Geraldo, e lo porterò nel cuore. Desidero che tutto, che appena vi è

possibile, si faccia pel bene della parrocchia, e tambien per la prosperità della città come

per lo sviluppo del suo Istituto San Geraldo. Per quest’anno non vi sarà che il primo e

secondo anno del corso secondario, e, quindi, quello che c’è da fare per la sistemazione

delle scuole non è poi cosa tanto difficile né affatto superiore alle vostre forze e capacità.

Tuttavia vi ajuterò con la preghiera, e la Madonna vi assisterà, o cari miei figliuoli in

Gesù Cristo; e, o di giorno o di notte, cercherò di scrivervi una lettera da leggersi in

comune. Ma, in questi ultimi giorni, già ho scritto a don Mario molte cose, un po’ per sé e

un po’ per tutti, tuttavia pregherò di più per voi e scriverò altro se appena lo potrò, ma non

posso più lavorare come prima per certi disturbi al cuore e ai reni.

 Penso che vi sarà molto facile designare le due aule, regolandovi anche dal numero

degli alunni, e senza bisogno di dimezzare il dormitorio degli orfanelli, che anch’io vedrei

molto bene servisse per i Novizi. Sì, io avevo detto che si sarebbe potuto anche farne delle

aule, qualora, in avvenire ci fosse stata la necessità di avere 5 aule vicine; ma per ora

questa necessità non vedrei la vedo.

 Tra le cose scritte a don Mario mi pare anche appunto di avergli raccomandato di

serbare il vecchio dormitorio per i postulanti e i novizî. E gli ho anche detto che non si

facciano lavorare più i muratori, mi pare, e di ridurre al minimo le spese, pure dando ad

ognuno ciò che ognuno ha bisogno, ma secondo lo spirito della povertà religiosa e da veri

figli della Div. Provvidenza. E gli ho vivamente raccomandata una prudente economia direi

una politica di economia secondo lo spirito e per ispirito di povertà, e di avere una visione

ben realistica dello stato della casa, la quale, quando io sono partito, viveva sui puri introiti

della parrocchia, - il che non doveva essere, normalmente parlando. La parrocchia dia

una parte di ciò che rende alla casa, (per i padri per gli orfani) ma una parte deve andare

per il noviziato del Brasile, e altra in ajuto alla Casa Madre, la quale a furia di dare vita

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e il latte a tutte, si è ridotta allo sfinimento! Almeno le si mandi qualche cosa per i viaggi

pagati allo stesso don Mario, a don Camillo e ai chierici. Con che cuore domani, cioè pel

prossimo anno scolastico potrei potrete chiedere altro personale a don Sterpi, se l’Istituto

non lo ajuta e la parrocchia non lo ajuta? neanche a risarcire i viaggi?

 Ti dico tutte queste mie riflessioni che sono in parte di giustizia, e che saranno anche

di utilità per le case del Brasile perché acciocché poi voi altri sacerdoti ne parliate tra di

voi, e vi possiate regolare nei passi vostri: Don Orione domani non ci sarà più, e queste

lettere ve le scrivo come un testamento morale, in parte almeno, e per dare norme.

 Mi preme che non si faccia alcuna spesa a Mar de Hespanha, se non è assolutamente

e necessariamente urgente: già troppo si è fatto con quella camerata, ma qualche cosa

bisognava pur fare! È mio vivo desiderio - e anche tu insisti su questo - che, mano a mano

e con l’ajuto della Madonna, don Mario paghi specialmente e in primis i debiti sparsi.

 Quando io sono partito, essi erano più di un conto, senza il gli otto contos da darsi alle suore e il contos e mezzo pel dinamo, e ora, un poco per volta, ma ad ogni mese,

vedete anche di pagare le suore, anche sia pure con soli 200 mil reis o anche pure solo con

100 mil reis al mese; ma sempre quella goccia goccia, e così senz’accorgervi, vi solleverete

da quel peso, ed io non dovrò più portare la testa bassa davanti alle suore per debiti che

abbiamo con esse. E daché sono in tema di debiti, vi dirò, e lo dico a tutti: guardatevi

sempre, o figli miei, dai debiti! Ed ora parlo in generale: guardatevi dai debiti!

I debiti: voilà l’ennemi. diceva un giorno il Cardinal Cagliero.

 Quelli che dicono che il Ven.le Don Bosco e il Beato Cottolengo fossero contenti nel

fare debiti, non dicono tutto, e alcuni di essi parlano di essi a vanvera e fanno di essi un

romanzo, a loro piacere gusto. Sono almeno trent’anni che io studio il Cottolengo: ed ho

conosciuto e studiato Don Bosco e poi don Rua - (che è pure un santo come Don Bosco) -

del quale don Rua fu anche introdotta la causa in questi stessi giorni. Ebbene, non è vero

che il Ven.le Don Bosco e don Rua fossero contenti nel fare debiti, no, non è vero! come

non è vero del Beato Cottolengo. Questi fu uomo di tanta fede, che il P. Fontana, suo

confessore, era solito dire: «Nel solo can co Cottolengo si trova più fede

che in tutta Torino».

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 Aveva una grande fede e un abbandono illimitato nella Div. Provvidenza; ma aveva

pure una grande prudenza. Sotto il velo della semplicità e d’una carità somma, si vedeva in

lui una prudenza consumata. Ed il can.co Luigi Henry, per tanti anni amico e collega di

lui, diceva: «Fa stupire come un uomo, che sino all’epoca di fondare la Piccola Casa non

mostrò mai la menoma attitudine in genere d’amministrazione, l’abbia poi amministrata

con tanta prudenza, zelo, attività, vigilanza e previdenza».

E Don Bosco? Ah Don Bosco fu rimase afflittissimo per certi debiti contratti nell’ospizio

del Sacro Cuore di Gesù in Roma, e sì che era appena fondato! E allora fu veduto usare un

insolito rigore, e fu visto fin quasi oppresso! E don Rua? Nelle lettere e circolari di don

Rua, che io vado leggendo si può dire ogni giorno da circa dieci anni, vedo che egli prega,

che supplica i Direttori, gli Ispettori - specialmente d’America - a non fare debiti, e a

volergli togliere dal cuore la spina dei debiti! Sono i debiti un peso che ci opprime: sono

un cancro che, a poco a poco, rodono troppe cose! e non la borsa solamente! Per questo il

Ven.le Claret esclamava: «Signore, te ne prego: fammi morire senza peccati e senza

danaro, ma anche senza debiti»! E nella vita della Barat, ultimamente canonizzata, ho letto

che essa definiva i debiti come il tarlo dello spirito religioso, che porta sempre cattivissime

conseguenze.

 Ah figli miei in Gesù crocifisso, vogliate credere alla mia dolorosa esperienza: i

debiti sono sempre nelle nostre case una fonte amara di mormorazioni, sono sempre un

vento che fa seccare la sorgente della dolce pace fraterna!

 E dirò di più: i debiti infievoliscono e, talora, rapiscono anche le vocazioni più

mature e soffocano quelle che stanno spuntando. I debiti sono nemici della pace non solo,

ma sono anche i nemici dello spirito di pietà, come sono stati, in alcuni periodi della vita

della nostra povera Congregazione, la causa che ha dato ai nostri avversarî e ai nemici di

Dio il filo per denigrarci e per denigrare la Divina Provvidenza.

 E si deve alla mano materna della SS. Vergine, nostra madre se i debiti non hanno

gettate a terra opere che costarono anni ed anni di sacrifici immensi e la vita stessa di

parecchi nostri sacerdoti, chierici ed eremiti, alcuni dei quali furono veramente veri servi

di Dio.  Ecco perché ho scritto a don Mario ed ora ripeto a te, caro Dondero mio: non fate

debiti! non fate debiti! - Saldate con l’ajuto che Dio vi darà i già esistenti, a poco a poco,

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cominciando dai debitucci sparsi in città qua e là, e non contraetene di nuovi, se non per il

pane, o per quanto è di necessità di vita. E quando di trattasse di opere, che esigessero una

spesa considerevole, ma che stimaste necessaria, richiedetene il dovuto permesso, ma

prima i sacerdoti delle case ne parlino insieme, e vedete se c’è il consenso unanime

dicendo ciascuno liberamente il suo parere, senza che nessuno se ne ritenga offeso, e, se

questo consenso c’è, o c’è la maggioranza, sia questo fatto rilevare ai Superiori, come si fa

in tutte le Congregazioni ben regolate, e poi si stia, con tranquillità di spirito, a quanto

sarà deciso dal Consiglio. E se la risposta fosse non di nostro gusto, anneghiamo il nostro

amor proprio, che è d’indole inquieta e intraprendente, ed è un imbroglione che altera la

fantasia e turba il sereno della ragione, e si veste talora di zelo, tal’altra di umiltà, e alle

volte vuol fare fin anche il teologo, ragionando sottilmente, ma male a proposito.

E se anche avessimo ragione, sappiamo essere veri e buoni religiosi e facciamone una

offerta, al Signore, che ci pagherà ugualmente di tutto.

L’annegazione di sé è la legge intimata da G. Cristo, legge secreta, incognita al mondo, più

profonda di tutta la filosofia.

 E in tutte le cose è mio desiderio che si faccia il passo non dirò quanto è lunga la

nostra gamba, ma secondo gli ajuti che la Divina Provvidenza dà. E diffidiamo di noi

stessi, o miei cari, diffidiamo di noi, facendo le cose posatamente, e non esponiamoci

temerariamente; - confidiamo però con fiducia illimitata nella bontà del Signore, e

preghiamo di più!

 Ma non si stia a fare opere di conto sulla semplice parola o promessa degli uomini, e

l’esperienza ci insegni ad essere meno ottimisti e più cauti. Noi abbiamo, ab initio, comprata a Tortona quella grande macchina di cucina sulla parola di una persona che

pareva dovesse essere un gran benefattore, e poi abbiamo dovuto pagare noi tutto perché

quella persona disse che non intendeva di averci detto quello. Fu sulla la parola di un

parroco, molto ricco, che ci spinse ad acquistare Mornico dicendoci che lui ci avrebbe

pensato. Si comprò Mornico. Quello Arciprete don Zanlungo (r. in p) poi ci aveva promesso il beneficio d’una cappellania che doveva rendere quasi tanto come il beneficio

parrocchiale; ma il fatto fu che il don Zanlungo ci fece una guerra sorda ed indegna, benché

ci facesse complimenti davanti, e portò anche lui, insieme a don Bascapé (che poi venne a morire da noi a S. Remo, quattro anni fa) la il sua suo piccone per demolire l’istituto

nascente, tanto indussero Mg.r Bandi a togliermi don Sterpi e a destinarlo vice-parroco

a Montebello.

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 Altro che ajutarci! E noi abbiamo dovuto pagare Mornico usque ad ultimum

quadrantem! E lascio esempi più recenti, ma, tra me e me, ne ricordo uno recentissimo, per

cui la Congregazione è aggravata da più che 200000 mila lire che dovrà pagare essa.

Perché? Perché si fu da me e da altri troppo corrivi a credere, troppo entusiasti, troppo

ottimisti!

 Ritenete come massima che, in questi casi, bisogna, avere in mano almeno metà il

danaro, se no, no! Iddio, che mi legge nell’anima, lo sa che non accenno a ciò che sto per

dire con alcuna intenzione di rimprovero, ma tu pure sai, o caro mio figliuolo don Dondero,

anche tu sai, per qualche esperienza avuta anche qui in Brasile, cosa ti è capitato a

principio quando ti promettevano da più parti, e già ti pareva che tutto fosse assicurato, e

già forse sognavi di vederti avanti il collegio di Mar de Hespanha. A che si ridussero

quelle promesse? Misericordia Dei quia non sumus consumpti!

 La prudenza ci faccia andare cauti con noi e con gli uomini: essa è assolutamente

necessaria per compiere le opere di Dio, e consiste nel considerare le cose sotto tutti i lati,

e non sotto un lato solo, e per arrivare a questo, bisognerà dar molto peso alle altrui

osservazioni ed opposizioni fossero anche dei nostri nemici.

 E anche in fatto di amministrazione, di produzioni, di interessi e di ingegni (come

dicono costà e nel Brasile) ecc. io vi prego di essere più pratici: di andare con la testa, e

non solo col cuore, e di stare attenti che l’ottimo è nemico del bene, come dice un vecchio

adagio, e non lasciate il bene col pericolo di non avere poi neanche né l’uno né l’altro,

come è capitato a me tante volte, purtroppo.

 Ora, a 50 anni, devo pure fare il mio esame di coscienza, e migliorarmi e davanti a

Dio e davanti a voi; se voi avete qualche volta potuto sbagliare, penso che in gran parte la

causa sono io, che vi diedi esempî di molta vanità e leggerezza nell’operare. Ebbene, cari

miei, Dio mi perdoni, e facciamo insieme un proposito di non lasciarci più tanto trasportare dalla fantasia né dall’iride dell’ottimismo, ma vediamo le cose come sono, con più

oggettività, con serietà e senza sempre correre dietro ad ogni idea, ad ogni vento di novità.

 Quante nasate abbiamo già date per essere nati ottimisti ed esserci lasciati trasportare

da ogni idea e vento di novità e di maggior possibilità!

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 Quando in Italia si diffuse il Sistema Solari, uno di noi ne fu così preso, così

infatuato che ritenne che ogni altra cosa fosse da abbandonarsi, e credette che il Sistema

Solari fosse il tocca e sana della società: una specie di nuova e divina rivelazione fatta da

Dio agli uomini: non esagero: si diceva e si stampava proprio così.

 Quel nostro tanto caro e amato fratello riteneva anche che in pochi anni il Sistema

Solari avrebbe trasformato addirittura il mercato del mondo; e, migliorate le condizioni

materiali, tirati gli uomini a migliore vita morale e cristiana.

Egli aveva il fervore di un neofita e correva correva con l’entusiasmo d’un fanciullo.

I libri solariani dicevano quello quindi doveva essere così.

 Senza dirmi una parola, comprò una cascina, Buffalora su tante cambiali in bianco,

ritenendo, in qualche anno, di pagare quella e di comprarne altre e di moltiplicare il bene e

creare istituzioni benefiche per la gioventù povera. Il fine era rettissimo e lo spirito

infervorato, sino però a non ragionare più, in certe cose.  Dio mio! che pena per me in

quegli anni!

 Io visitai Solari, avvicinai ripetutamente don Baratta e presi i suoi libri: andai a

Remedello a visitare la Colonia Agricola di Bonsignori - altro grande solariano, - e presi i

suoi libri: sentî altri: mi parve che ci fosse dell’esagerazione e, in qualcuno fin un po’ di

fissazione e di manìa.

 Ciò che Solari diceva con in una data formula, molto già si faceva praticava al mio

paese, fin da quando io andavo a lavorare in campagna, per cognizioni già diffuse e per

l’esperienza di secoli.

Basta: il Sistema Solari portò quel nostro confratello a dividersi per prendere due altre

cascine una a Godiasco e l’altra a Brignano Curone, oltre la prima. Tutte finirono, e Dio

sa che figura moralmente si è fatto, e i debiti che si dovettero pagare! Cosa fanno mai le

fissazioni! allora tutto doveva essere a Sistema Solari, e si spregiava tutto ciò che non era o

in cui non c’entrava almeno un po’ del Sistema Solari. - In seminario di Tortona si giunse

al punto che, alla vigilia dell’Immacolata, per preparare i chierici a quella dolce solennità,

si fece ai chierici una conferenza sulla coltivazione a Sistema Solari e sui concimi! E,

quasi ciò non bastasse, se ne parlò fino nel panegirico della Madonna!

 Ora sembrano cose incredibili, ma, a quei tempi, non si sarebbe stati buoni sacerdoti,

se non era si fosse solariani. Quanti di quei chierici sono ora solariani? Che ne è di quel

Sistema? Esso ha, certo, la sua parte buona, molto buona, ma siamo sereni, ma non ha

cambiato - e tutti lo vediamo - la faccia del mondo.

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E pensare che io ho udito lo stesso Solari spiegare il Pater Noster col suo sistema e dire che

già era fin nel Pater Noster. E anche con i libri bisogna dare loro il peso che meritano e

ricordarci che altro è la teoria, e altra è la pratica, e stare attenti, perché talora ci esaltano la

mente, e portano nelle vie dello spirito a passi fatali.

 Quel nostro confratello si riunì poi di nuovo, e andò in Sicilia, nella grande Colonia

Agricola di Noto. Là, insieme con ciò che già c’era, cominciò un altro bernocolo: quello

delle scoperte, poiché gli pareva che a lui solo fosse dato di capire certe cose: dove porta

mai la fissazione! e il non voler sentire! e il presumere di sé! - Un bel giorno arriva a

Tortona la notizia di una grande scoperta: si trattava nientemeno di cosa che ci avrebbe fatti

diventare in un momento milionarî, sempre per fare del bene! Aveva scoperto in una

grande grotta in quel di Pachino un grande giacimento, non so di che altezza, di fosfati.

Erano fosfati di certo, non si poteva sbagliare. Tanto per dare una soddisfazione a qualcuno

fu chiamato un chimico-agronomo siciliano che io pure conoscevo e che ne sapeva meno

di noi, senza peccare contro la modestia. Si capisce, fu confermato, nella sua certezza, non poteva essere diverso.

 Senz’altro si fece un debito, e si comprò il fondo. Poi si sparse la notizia per la città

di Noto, la si comunicò al Vescovo, ai nobili della città, forse si pubblicò sui giornali: una

grande fortuna ne sarebbe venuta a Noto, ecco che si voleva subito erigere su una piazza un

busto allo scopritore. Si era in Sicilia, si capisce, dove fanno le statue anche ai vivi.

Si viene in alta Italia: guai a chi dubitasse! Era poca carità, era gelosia, era chissà!

Dio mio, che giorni! Si erano portati in una buona valigia alcuni di quei sassi, i migliori e

anche in discreta quantità, - era venuto uno apposta, insieme, certo Vindigni, - e insieme

se andarono a Milano per una analisi non perché si dubitasse, no, ma onde constatare la

potenzialità, il grado dei fosfati. -  Addio! erano sassi, e non altro che sassi! E quel terreno

è ancora là: e anche il Sistema Solari è là, ridotto a ben poca realtà, in realtà.

Anche il desiderio del bene ha le sue illusioni!

 Ciò detto, a mio e a vostro ammaestramento, e non per altro devo ancora aggiungere:

Dio solo sa quanto ami, quanto l’anima mia e la mia vita io la senta unita in G. Cr. a quel

nostro confratello, che poi si divise di nuovo, e che cooperai fortissimamente a far

nominare Vescovo per tante altre sue doti.

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 Egli dal 30 giugno 1921, il dì dopo la consacrazione di Mg.r Cribellati, è di nuovo

entrato a far parte della Congregazione, e in quel giorno stesso fu eletto a membro effettivo

del Consiglio di essa. Ma, senza affatto mancargli di rispetto, o cari miei figli, io ho

creduto in questi momenti ricordare tutto ciò perché impariate a non lasciarvi mai

trasportare fuori di linea: perché non vi lasciate mai trasportare a far debiti, sia pure con

retto, rettissmo fine di un bene maggiore. Poiché, e come potremo noi dimostrare che Iddio

voglia da noi precisamente questo maggior bene, finché a noi non mandi i mezzi per

compierlo? Persuadiamoci poi, cari miei figliuoli in Gesù Cristo, che non tutto il bene che

s’ha da fare nel mondo, dobbiamo farli noi soli, e, quando Iddio non ci dà i mezzi, non

facciamo debiti. E mi piace qui ricordare, a proposito di non fare debiti, un altro santo

delle parti nostre: il Ven.le Mg.r Antonio Gianelli, Vescovo di Bobbio, e fondatore delle

suore della Madonna dell’Orto. Il Ven.le Gianelli venne a Tortona, e fu Lui che benedisse

le campane della nostra cattedrale: presto sarà beatificato, poiché non gli manca più nulla.

 Ebbene dunque quel santo Vescovo venne a sapere che il padre Rettore delle suore dell’Orto stava progettando la costruzione di un altare alquanto costoso, e gli scrisse tosto

in questi precisi termini: «Non mi dispiacciono i progetti dell’altare, balaustrate ecc. ma,

carissimo, non bisogna precipitare. Ho sempre detto e gridato che, quando mancano i

mezzi, si deve sospendere di fabbricare. Non si è mai voluto intendere, come non si vuole

intendere che il confidare nella Provvidenza a segno che abbia a far miracoli senza

bisogno, è un tentare Iddio. Sospendete di fabbricare; pagate i debiti, e poi risolverete

secondo le circostanze».

 Queste parole testuali del Ven.le Gianelli noi della Divina Provvidenza le dovremmo

studiare a memoria.

 Ora dunque preghiamo di più e diamoci di più attorno a pagare i debiti. Amiamo la

santa povertà, facciamo economia, ma senza grettezza, senza stirchierie, ma solo per amore

e spirito di povertà religiosa, e confidiamo nella Madonna, che Essa ci ajuterà a dare a

ciascuno quello che gli va.

 Vi dico che ogni vostra sollecitudine per estinguere le passività sarà benedetta da

Dio! Vi dico ancora: ogni ragionevole risparmio, per spirito di giustizia verso i creditori e

di povertà religiosa, sarà benedetto da Dio!

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 Codesta casa pel passatosi trovò in eccezionali circostanze, ed io sono il primo a

riconoscerlo, ma ora non più: evitate quindi ogni spesa superflua, e giungo pure a

raccomandarvi, con voce e carità di padre, di limitare fin le spese necessarie ma pagate i

debiti!

 Io speravo ora di potervi aiutarvi, ma purtroppo non lo posso perché appena - pel

momento - possiamo tirare innanzi qui dove abbiamo dovuto piantare casa, acquistare

biancheria etc. e pensate che neanche posso inviare ajuto al povero don Sterpi il quale

quest’anno s’è disfatto di personale e di borsa per l’America.

 Mi era venuto nei passati giorni il pensiero di suggerirti se non potessi ottenere dalla

Baronessa di S. Geraldo qualche aiuto, ora che a Mar de Hespanha abbiamo un gruppo di

orfani, e che si è fatto un camerone. Prega, e vedi un po’, - perché da altra parte non mi

aspetto nessun aiuto benché mi abbiano detto che avrebbero fatto dare ajuto dal Governo di 6 contos - eccetto che dalla Provvidenza Divina.

 Quanto agli Orfani e a don Camillo, vedete insieme tu e don Mario come potrebbe

farsi; certo i due chierici che dovranno fare scuola non so se converrà e se si potrà

distoglierli dando loro anche la cura degli orfani; ma, in questo caso, direi di darla di

preferenza a Gonzales, che fu assistente a Venezia, ma, soprattutto, perché ha meno da

prepararsi di Bruno, e possiede più la lingua.

 Quanto ai probandi, tenete questo criterio, che fu sempre il criterio usato: se entrano

come probandi, devono chiaramente sapere di venire per farsi di Dio, per lasciare la vita

che fanno gli altri ragazzi, e tanti divertimenti e libertà secolaresche, ma sappiano invece

che vengono ad amare Dio e per consacrarsi a Dio. Dobbiamo parlare chiaro, come chiaro parlano i maristi nelle loro esplorazioni, i salesiani nel cercare i giovanetti che mandano

poi qui a Bernal: i redentoristi qui vicino, i passionisti, come ho visto a S Paolo, e i

francescani, quando ricevono ragazzi nei loro collegetti così detti Apostolici.

 Tutti sanno ragazzi e famiglie che sono colà raccolti per farsi francescani, o

passionisti, o salesiani, o maristi. Così facciamo noi, lealmente, con i ragazzi e con i

genitori dei ragazzi si parli chiaro, chiarissimo, onde, domani, non si abbia a dire: mah, io

non sapevo! mah, voi avete taciuto! o, peggio: voi ci avete ingannato!

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 Gesù disse separatamente e per due volte nel Vangelo, a due giovanetti: «vieni, e

seguimi»! - Purtroppo quei due non lo seguirono: uno disse rispose: «vado a seppellire i

miei morti!» Bastò quello, e nel Vangelo non se ne parla più. Dicono i Padri che facilmente

si sono perduti; - certo è che sarebbero stati due apostoli o due discepoli, e non lo furono!

Parliamo dunque chiaro anche noi come ha fatto nostro Signore. Se non vengono,

pazienza! Chi viene, sappia perché viene e con chi viene, per quanto la età lo comporti.

Ma i ragazzi capiscono in certe cose di spirito più che gli adulti, già tocchi dal vizio o

annebbiati da passioni.

 Futuramente comprenderanno di più e - man mano che l’intelligenza si svolgerà che

la coscienza si formerà, che la luce delle verità religiose e la grazia dei Sacramenti opererà

su quelle anime, e più comprenderanno.

 A otto o nove anni certi fanciulli già capiscono tante, troppe cose nel male, e già sono

atti a capiscono capire tante cose nel bene. Vedi quel Claudio del capo stazione, come si

mostrava deciso d’esser padre e di non voler perdere la vocazione! Bisogna, certo dunque

dire una parola di più: se vieni, far dovrai restare sempre con la divina Provvidenza, e per

fare quello che vedi facciamo noi, e prendere poi il nostro posto, dopo la morte nostra.

E Oh vedrai che capiscono! Chi non viene, pazienza!

 Se sono vocazioni, devono sentire in sé (sia pure embrionalmente) e per mezzo

nostro la voce di Dio; se non lo sono, non perderemo nulla, e avremo spese e disinganni di

meno.

 Per ora fate così, non si può ora accettare e mantenere solo anche quelli che mostrano

puramente una naturale bontà, o una futura e problematica disposizione, ma niente di

sovrannaturale e di deciso per seguire Dio.

Chi viene deve ben sapere e capire che viene per vivere come San Luigi, come San

Gerardo, come i Padri: - cioè per amare, seguire e servire sempre il Signore e la Madonna

SS., e fare quello che ora vedono fare da noi. - Mi pare di averti risposto a tutto.

 Questa lettera trascende anzi una semplice risposta, e, in alcune sue parti, amerei che

fosse letta e conosciuta, e poi non distrutta, potendo servire di norma, tolto ciò che può

essere esservi di personale o l’episodio, a cui in confidenza ho accennato di Mg.r Albera,

che potes potrebbe da altri essere male compreso.

 Una parola ora sul S Padre Pio XI. Ringraziamone di cuore il Signore!

            V029P048


 Egli ci conosce personalmente, perché veniva a dire la Messa a S Anna, e sarà la

continuazione di Pio X, di cui ha voluto assumere il nome. Gli scriverò in questi giorni, e

chiederò una benedizione per tutti voi, ma la risposta la andrò a prendere ai suoi piedi, -

benché abbia scritto a don Sterpi che gli chieda un’udienza, e vada da lui intanto.

 Ti salutiamo tutti, e salutiamo fraternamente tutti! Voglio andare presto a Lujan, e

porterò la tua lettera a don Contardi così vi capirete, tra di voi. Nel tuo dialogo, in gergo,

tra te e don Contardi, finisci dicendomi: Basta, caro Direttore, ha da fare con dei matti, e ci

vuole pazienza. A me, invece, piace tanto questo vedervi così fraternamente bambini e

uniti nel Signore.

 In verità insieme con la tua, ho ricevuto lettera di don Casa, leggendo la quale,

davvero che tra me e me ho pensato che si possa fare un po’ i matti non solo tra di voi, ma

anche con me. Senti che razza di chiusura: «Quando, piccino, scrivevo ai miei, mandavo

loro un bacio così voglio fare con Lei che d’ora innanzi voglio chiamare Te.

Prega per me e benedicimi.

 Tuo aff.mo figlio in X sto

      Padre Francesco Casa della Div. Provv.za

 Avendo prima letta la tua lettera, ho naturalmente pensato: forse don Dondero non

ha mica tutti i torti: si vede però che sono ancora molto ragazzi! Ma beati i sempre

bambini! Non ha detto n. Signore: Nisi efficiamini sicut parvuli isti etc.? - Se non sarete

sempre semplici, come i bambini, non entrerete nel Regno dei Cieli?.

 Fate pure i matti quanto volete, basta che siate tutti di Dio e della Chiesa e del Papa,

con l’umile semplicità dei pargoli, che erano i prediletti di Gesù.

E amatevi da buoni fratelli, facendovi l’uno servo dell’altro per l’amore di Gesù Cristo

benedetto; onde di ciascuno di voi possa dirsi: hic est fratrum amator!

E insieme siate assidui alle pratiche della vita comune, e puntuali all’orario, come già si fa

qui, col divino ajuto. E confortatevi, e sopportatevi a vicenda l’uno i difetti dell’altro, da

buoni e da santi fratelli: sempre umili, sempre sinceri, sempre aperti l’un l’altro, sempre

allegri di spirito, di cuore, e sereni di anima e di volto, e avanti in Domino! in per fetta

letizia, lodando e servendo a Dio, alla Chiesa, alle anime agli orfani

            V029P049


E le benedizioni dell’Altissimo si moltiplicheranno su vostri passi. Vi metto nelle mani

della SS. Vergine.

 Benedico te, don Mario, don Camillo, i chierici ad uno ad uno e tutti gli orfani!

 Ricordati di me nelle tue orazioni, ora e sempre!

 Pregate tutti per me e per i nostri fratelli lontani, vivi e morti, ora e sempre.

 Sono il tuo aff.mo come padre in G. Cr.


          Sac. Orione  d. Div. Provv.



P. S. Ho finito di scrivere: c’è qui tua sorella, Serafino e le due piccine: tutti stanno bene:

 tutti ti salutano.

P. S. Tua mamma non è venuta perché ha una gamba un po’ gonfia, ma si spera che sia

 nulla. Non ha febbre. Domani andrà dal medico.



[minuta]


 Ridurre al minimo le spese e fare una politica di economia pure dando ad ognuno che

chi ognunoha bisogno, ma secondo lo spirito della povertà religiosa e da poveri e veri figli

della Divina Provvidenza. Una prudente economia secondo lo spirito e per spirito di

povertà avere una visione realistica dello stato della casa e della Congregazione

 Non si faccia alcuna spesa se non è assolutamente necessaria e urgente. Si paghino i debiti sparsi, cominciando dai più piccoli. Parlo in generale: Guardatevi dai debiti!

I debiti: voilà l’ennemì! diceva il Cardinal Cagliero.

 Quelli che dicono che il Ven.le Don Bosco e il Beato Cottolengo fossero contenti nel

fare i debiti, non sanno quello che dicono o non dicono tutto; alcuni parlano di essi a

vanvera, e tanto per sostenere certe loro tesi, e di certi santi ultimi specialmente come don

Bosco. ne fanno un romanzo. E in alcuno non è da oggi questo mal vezzo, è da più di

trent’anni, da quando io ero all’oratorio, e don Bosco aveva appena chiusi gli occhi.

 Sono più almeno un trent’anni che studio il Cottolengo, ed ho conosciuto da vicino

e studiato Don Bosco e poi don Rua. Don Rua è un santo pur lui, come Don Bosco

e fu una grazia per me venir a con un questi giorni quando seppi che anche di lui se si è

introdotta la causa di beatificazione

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