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Anime e Anime !
Roma, il 19 ottobre 1914
Mio caro don De Paoli,
La presente lettera ti darà molto dolore, come lo sento io nel profondo del cuore.
Sia fatta la volontà di Dio, sempre adorabile anche nelle più amare afflizioni!
Mettiamoci tutti nelle sue mani, e poi non perdiamoci per nulla di coraggio, poiché
noi
siamo nulla, ma Iddio è tutto, e caverà bene dalla mia
nostra afflizione e dolore, che ho
già offerto a lui e alla Addolorata nostra madre. E ne verrà grande bene.
Ho ricevuto dunque un po’ fa una lettera di don Dondero con annessa contabilità, e di
tutto ti mando copia. E ti prego nel Signore di scrivermi subito e chiaramente che cosa è
successo e che cosa gli ho fatto per scrivermi a questo modo.
Io non ci capisco nulla, e cado dalle nuvole. Per grazia di Dio sento di averlo trattato
con vera carità e affetto di padre in Gesù Cristo e di avergli sempre scritto tutto quello che
sentivo con verità e sincerità di padre: avrò sbagliato ma non gli ho taciuto nulla:
gli ho sempre aperto tutto il cuore.
Io non so ora più che dire, caro mio Dondero! O egli è esaurito per il troppo lavoro,
o è così eccitato, da quanto vedo, contro di me da interpretare tutto male, da vedere tutto
nero, mentre proprio non è niente vero di ciò che egli si va facendo una fissazione,
povero figliuolo.
Mi pare che egli abbia addosso la mania di persecuzione, - e il persecutore dunque
sarei io? Oh se egli mi leggesse nel cuore non dubito che si getterebbe tra le mie braccia
con l’umiltà e l’amore di un bambino, poiché io l’ho sempre amato smisuratamente in
Gesù Cristo: l’ho portato e lo porterò nel mio cuore come una madre porta nel cuore
il suo figliuolo, e più ancora che una madre: Dio solo lo sa.
Io non scrivo a parte a Dondero, ma tu gli fai leggere la presente. Non scrivo a lui
perché ho il cuore come morto, benché io sia sereno di spirito, di aver compito sempre,
per divina grazia, su quanto egli mi rimprovera il mio dovere.
Ti mando anche copia del conto, perché forse sarà pel profondo dispiacere
ma io poco ci capisco specialmente perché mi mette tutto in moneta che non so quanto è.
A quest’ora e Dondero e tu avrete ricevuta ciascuno un’altra mia lettera che vi scrissi
di qui con immaginette del S. Padre Pio X e Benedetto XV.
Anche in quella lettera io dicevo tutto chiaramente come sentivo nel Signore,
altro che nascondere il mio sentimento!
E tu non ti perdere d’animo ma pensa che queste prove Dio o le manda o le permette
quando vuole tenerci umili e farci ben capire che dobbiamo essere umili e lavorare per lui.
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Sono certo i miei peccati che producono questo dolore; ma col divino ajuto
mi servirò di questo dolore per amare di più il Signore.
Per scrivermi una lettera simile io devo pensare che don Dondero è in uno stato che non sa
né quello che dice né quello che si fa. Io lo compatisco come un padre il suo figliuolo.
Ma tu con tutta la tua carità di fratello devi prenderlo e parlargli chiaro perché
o il demonio non lo suggestioni o la debolezza e mania di persecuzione non lo porti
fuori di strada.
Dalle mie lettere e raccomandazioni avrete ben capito quanto io ho sofferto
per l’andata di Carlo: pensa tu quanto posso soffrire ora...
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