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 +         Anime e Anime !

          Roma, il 3 genn. 1919

 Caro don De Paoli,


 Don Sterpi mi comunica la tua lettera del 12 dic. 1918.

 Sono assai grato al Signore che tu e don Dondero abbiate passata l’epidemia

spagnola senza gravi conseguenze, e spero che le condizioni sanitarie del Brasile

e specialmente vostre ora siano migliorate.

 Qui noi siamo invece in pieno flagello, specialmente a Milano, Torino e anche a

Roma. Io non l’ho ancora passata; ma alla Colonia di Monte Mario abbiamo avuto su 92

orfani, tre morti. Molti malati avevamo anche una settimana fa a Tortona, dove le scuole

pubbliche sono chiuse, come pure nei grandi centri sono chiusi anche i teatri e

cinematografi. Speriamo che Iddio sarà placato specialmente per le penitenze e preghiere

che si innalzano fino a lui da molte anime buone, e avrà pietà di noi.

 Sono qui ad aspettare la Michel, che giungerà il 7 corr. con le sue suore a prendere,

direi, possesso della casa acquistata qui, e di cui ti ho scritto prima di Natale.

Spero che, venendo la Congregazione della Michel a Roma, cesseranno tante difficoltà che

ora essa incontra, e che anche le sue figlie vorranno qui dare tale esempio di vita religiosa

e di sacrificio da meritare presto l’approvazione della S. Sede pel loro Istituto.

 Il Cardinale Raffaele Scapinelli, che ultimamente venne dal S. Padre nominato

Prefetto della Congregazione dei religiosi, è tanto mio buon amico; quando era Nunzio a

Vienna ci mandò L. 500 e una bella lettera, che fu pubblicata sul foglietto della Divina

Provvidenza; - spero di potere ajutare molto la Michel anche per mezzo di lui, aiutandomi

la grazia del Signore. Bisogna che le figlie che sono al Brasile, specialmente parecchie

di esse, si mettano bene, - diversamente è meglio che se ne vadano.

 So che la Michel ne chiamò qualcuna in Italia, ma poi non ho più saputo se dal

Brasile è partita o no. Spero che tu vorrai continuare ad ajutarle, però sta molto unito

al Signore, perché trattare con donne, e anche siano suore, è sempre un pericolo grave.

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 Manderemo il panno per farvi qualche veste e anche cappotti di quel genere che tu

richiedi, però vedi che anche da noi la roba costa ora moltissimo, e non è più come quando

sei partito.

 Se tu pianti una casa nuova per i figli della Divina Provvidenza, e mi chiami del

personale, e mi dici come deve essere e quanti ne vuoi, - io spero in Dio di poterti presto

accontentare; ma non chiedere per don Dondero, - se Dondero vuole personale,

lascia che lo chieda lui, a lui tocca.

 Quanto al modo di mandare il danaro occorrente, intendetevi pure fra voi due, come

meglio vi sembrerà; ma non posso mandare personale a te, se tu non mi dici come si

troverà poi costì, dove abiterà, se potrete far vita religiosa in comune, e come pensi che

potreste avere modo di trar avanti la vita. Ti risovvenga il desiderio già altra volta

espressoti, - di vedere cioè presto aprirsi al Brasile un’altra nostra casa.

 Essendo oramai tu fuori dell’Istituto di Mar de Hespanha a toglierti da ogni angoscia

di spirito, desidero che tu sappia che mentre io sono lietissimo dei rapporti di fraterna

carità che sento esservi tra don Dondero e te, però ti libero da ogni dipendenza da lui.

Mantieni con lui tutta la carità di Gesù Cristo e da vero fratello, ma ora tu non dipendi più

affatto da lui.

 Prego invece il Signore che ti conceda di poter presto aprire una casa da te, e

desidero siano due case sorelle, ma indipendenti in ogni maniera. E sarà un bene: così se

un individuo non potesse poi stare in una casa, sarà facile poterlo sistemare nell’altra.

 Quando, verso la fine dell’anno, ho inviato a te la nota dei sacerdoti con nell’ultima

mia lettera, - contemporaneamente scrissi pure a Dondero, e gli ho chiesto una relazione

sulla situazione morale ed economica dell’Istituto.

 Non ricordo più ormai da quanto tempo Dondero non mi scrive, ma è molto molto

assai. Voglio quindi sperare che la relazione a lui chiesta gli darà facile modo di togliersi

da questa sua situazione in cui s’è venuto mettendo, tanto che ne sono io in pena per lui.

E spero che vorrà mettere me in uno stato d’animo a suo riguardo un po’ meglio di quello

in cui mi trovo.

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 Diportandosi egli così, la mia fiducia in lui non può a meno che scuotersi, e non

essere più oggi quella che era un giorno. Come potrei affidargli nuovo personale, se penso

come andò a finire quello che Dio gli aveva mandato?

 Questa lettera non è secreta, se non per quelli che non appartengono alla nostra

Congregazione. Egli certo deve sentire in sé un grave disagio morale, e nulla più mi preme

che egli conosca le buone disposizioni mie a riguardo suo, e che conosca e sappia ciò che

chiedo a Dio per lui e per la sua casa, e quanto aspetto dal suo cuore di sacerdote

e di figlio in G. Cr.

 I nostri sacerdoti e chierici soldati cominciano a ritornare, e presto faremo tutti

insieme gli Esercizî Spirituali. Anche quelli che erano prigionieri ritornano.

Ci sono morti due sacerdoti, ma venuti a noi dopo che voi eravate partiti.

E di Carlo non mi dici più nulla? Vedi un po’ se gli puoi fare del bene.

 Ti saluto e benedico con grande affetto nel Signore.

 Desidero che la presente mia non ti sia di sconforto, ma che ti porti forza divina e

santità di propositi e di vita. Non mi è oggi dato poter fissare il tempo che verrò al Brasile;

ma, se Dio mi dà un po’ di vita, certo che verrò, e relativamente presto, spero.

 Mi saluti Dondero e quanti sono con lui: io non lo so quanti e chi siano.

 Ricevi i saluti fraterni di tutti questi nostri di Roma e prega per noi sempre.

 Tuo aff.mo in G. Cr. e Maria SS.


         Sac. Orione  d. Div. Provv.za

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