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[l’azzurro-corsivo è dattiloscritto]


         Buenos Aires, il 14 / 3 [1]935

         Calle Victoria, 2084


Caro canonico,


Il Signore sia sempre con noi, e amiamo tanto il Signore!

Ho ricevuto jeri dai due chierici la vostra del 14 / 2, di un mese oggi.

Deo gratias! delle buone notizie e anche Deo Gratias delle notizie che mi date

di quei nostri sacerdoti Diocesani e di quelli della Piccola Opera

che il Signore ha chiamati a Sé. Ho pregato per tutti, e pregherò ancora,

- sicuro che essi pregheranno per noi. Non devo nascondervi che la morte di alcuni

mi è riuscita più dolorosa, - ma mi ha consolato l’aver sentito come sono morti bene.-

Non potrò scrivervi a lungo, ma non ho voluto tardare, anche per ringraziarvi

di cuore di quanto avete fatto per i nostri cari defunti come per tutti, chierici e suore.

Il Signore ve ne ricompensi!

Spero che la Superiora sia ora guarita; dopo che ho allontanato qualche suora

argentina, qui le loro cose si sono messe molto bene. Le aiutiamo, in tutti i modi,

quanto più ci è possibile.

Il giorno di S. Marziano si sono fatte speciali preghiere pel nuovo Vescovo,

e si celebrarono per lui alcune Sante Messe. Che il Signore lo conforti di ogni grazia!

Io spero che la Diocesi e anche la Piccola Opera avranno da lui tanto bene;

quello che ho scritto è quello che sempre ho sentito sia del Papa che del Vescovo;

per tutto quello che è umanamente possibile, desidero e voglio che i nostri siano sempre

a tutta sua disposizione. - Voi, del resto, sapete come facevo col povero Mg.r Grassi:

in vent’anni non ricordo di essermi ritirato una sol volta da quanto egli desiderava.

E se per San Michele ho sentito che in coscienza dovevo chiedere al Santo Padre

che si desse da Roma una autorevole interpretazione al Rescritto di un Papa,

- vi dico che avrei preferito dare alcuni anni di vita, anziché fare quel Ricorso.

E ho pubblicate quelle linee sull’Episcopato e sul nostro attaccamento al Vescovo,

perché tutti sapessero come la sento, e non avessero a menar scandalo pel mio Ricorso.

E l’ho fatto anche pei nostri sacerdoti e chierici.

Anche la lettera che ho scritto al compianto Mg.r Grassi, benché buttata giù in gran fretta, mi parve in ogni parte affettuosa, e filiale e rispettosissima.

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Non so quindi perché il can.co Piccoli e Sua Eminenza il Cardinale di Genova

ne siano rimasti male. Avrei per l’amore di Dio portata con me nella tomba

tanta infamia, se la cosa non fosse stata divulgata sino presso i secolari e i nostri chierici,

e se dietro di me non venisse una Congregazione.

Dopo avere molto pregato e riflettuto, ho scritto quella lettera al Vescovo,

dopo più anni di attesa, di vana attesa, e quando capii che non si poteva più tardare

poiché i mesi del Vescovo erano contati. Allora gli chiesi una dichiarazione:

ecco ciò che mi limitai a chiedergli, dichiarando che perdonavo a tutti,

che avevo già perdonato, che amavo tutti, che avrei pregato per tutti.

Chiedevo il minimum da lui.

Ora la cosa non può finire così; né quella mia lettera deve restare in mano

in persona a cui non era diretta: egli la doveva passare alle Em.mo Sig.r Cardinale

Minoretti o a voi, o trasmetterla ora al successore con i documenti relativi,

che si saranno trovati, - o la dovrebbero deporre in Curia con tutto.

Mi rincrescerebbe di dover fare un passo, per me sempre spiacevole,

- e cercherò di evitarlo, per quanto è in me; - ma la cosa non può finire così.

Per ora mi limito a dirvi questo, caro canonico, e sento pena pel dispiacere

che ne proverete, - ma, credete non potevo, né posso richiedere di meno, - non per me,

vi dico, ma per la Congregazione e perché la diffamazione ha assunto proporzioni

per cui devo, in coscienza, richiedere un documento, da potersi anche, all’occorrenza,

rendere pubblico.

Vi prego di passare questa lettera a don Sterpi, e che essa non si distrugga,

ma passi all’archivio. Quella lettera è stata una ispirazione di Dio: la scrissi dopo,

come una luce avuta, ai piedi del Tabernacolo: quella lettera ha salvato ancora

la mia disposizione morale, poiché è un documento gravissimo e di grande portata,

benché sia stato buttato giù in grande fretta, e sia disordinato e non esprima

che in minima parte la posizione mia e il mio pensiero.

Se il Vescovo fosse morto, ed io non avessi fatto nulla, e non avessi protestata

la mia innocenza e bollata la iniquità, che cosa si sarebbe potuto pensare?

Che si sarebbe detto? Che dunque la calunnia diventava verità. E anche il Vescovo

successore e, domani, Roma stessa potevano dubitare sempre, e pensare chissà che cosa.

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- Caro don Perduca, io non do un giudizio sull’opera del povero Mg.r Grassi,

(pur troppo il giudizio sarà dato) do un giudizio su di me, e penso che cosa sarebbe

avvenuto e caduto su di me, se Iddio non mi avesse spinto, (spinto vi dico),

a scrivere quella lettera. Lettera che, filialmente, aveva lo scopo più santo e giusto

verso del Vescovo Padre, che, da parte mia, non dovevo lasciare morire così,

sentendomi veramente figlio e per grazia di Dio, vero sacerdote, cioè sacerdote a posto

e di vita illibata e sacerdotale.

Io ho 63 anni, e a gloria di Dio confesso, e ne chiamo Dio in testimonio,

che non ho mai avuto in tutta la mia vita un solo desiderio verso donne e ragazze

né mai la menoma tentazione su questo riguardo, eccetto uno scherzo una volta da piccolo,

che potevo avere sette od otto o nove anni, non so di preciso,

ma neanche ho toccato quella ragazza. Giuro davanti a Dio che non so come sono fatte

le persone di sesso diverso, e questo per divina misericordia. Giuro che non so

come si compie l’atto cattivo né come si consumi il matrimonio:

né come nascano i bambini: questo per divina bontà e misericordia.

Certe cose in teologia le ho lette forse, ma senza capirle, e cercando anche

di non capirle.

In confessionale ho avuto ajuti speciali dal Signore, senza aver bisogno

di imparare il male. Quando nelle Missioni ho predicato agli uomini, mi sono valso

di certi autori, ho detto certe espressioni fino a un certo punto, per dar loro confidenza

a confessarsi: avranno forse creduto che io sapessi tante loro cose, ma, in verità,

per grazia di Dio, ne so poco più di quando ero fanciullo, essendomi consacrato

alla Madonna, e la Madonna mi ha sempre aiutato tanto, tanto, tanto, tanto!

L’efficacia della mia parola e la benedizione sul mio povero lavoro

ho sempre pensato che sia in forza della bella virtù. - Devo molto a mia madre,

che mi ha saputo custodire, ma su questo io sentivo di essere, direi, più di mia madre,

evitando, anche e fin da quando ero piccolo, che mi baciasse.

In Curia di Messina non ho saputo fare una causa matrimoniale,

perché io non ci capivo niente in quelle cose e deposizioni.

Con le suore voi sapete come tratto, ma il Signore le aiuta lui.

- Quando la Valdettaro se n’è andata, ho lasciato di dirle di fermarsi,

perché mi era parso che con alcune, direi, più sue, ci fosse qualche affettività sentimentale.

Ma mi sarò sbagliato. - Non so perché mi sia lasciato andare a scrivervi queste cose;

sia detto tutto in Domino e solo a gloria del Signore. -

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[minuta]


 +        Anime Anime !

         Buenos Aires, il 14 marzo 1935


 Caro canonico don Perduca,


 Il Signore sia sempre con noi!

 Ho avuto dai chierici la vostra gradita del 14 / 2; sono lieto d’ogni buona notizia

vostra e di vostra mamma - Vi prego di salutarmela tanto la vostra mamma,

e di pregarla di ricordarsi di me nelle sue orazioni. - Come vedete, vi rispondo subito,

- pur troppo, non potrò essere lungo, come vorrei.

 Sto bene di salute, e anche gli altri di qui, tutti bene, grazie a Dio.

 Ho provato dispiacere per la scomparsa costì di persone così conosciute

e specialmente di alcune particolarmente care, e da anni unite alla Congregazione

come l’arciprete di Milano, Pasqualone e anche il povero chierico. -

 Mi ha assai confortato l’aver sentito come sono morti bene, e così la suora polacca;

ho pregato e pregherò ancora a suffragio delle loro anime. - Vi ringrazio di quanto

avete fatto per essi, e per tutta la piccola Congregazione. -

 Non dubito che Tortona avrà fatto le più grandi accoglienze

al nostro nuovo Vescovo; noi pure qui abbiamo pregato e celebrato alcune Messe per lui.-

 Quante volte ho pensato - e mi pare ancora di vederlo! - a Mg.r Grassi,

che l’anno scorso, a San Marziano, era seduto in cattedra, col capo appoggiato

e sostenuto da una mano che celava quasi il volto, e ascoltava la predica del Superiore

dei Barnabiti di Voghera; il povero Vescovo si vedeva che non doveva star bene,

perché si sosteneva a fatica ed era là, sulla piccola cattedra come uno straccio!

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