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+ Anime e Anime !
Roma, il 21 febbr. [1]923
Via Appia Nuova, 126
Caro don Bariani,
Grazia e conforto dal Signore.
I/ Ricevo il vaglia della B. Commerciale accluso nella tua del 19 corr.,
e te ne ringrazio.
II/ Ho bisogno di 25 mila lire, e prega un po’ il Signore che m’ajuti;
- non posso rivolgermi a don Sterpi che non ne avrà, e gli accrescerei i fastidî.
Mi spiace di non aver potuto lasciarti di più.
La Madonna confido che non mi abbandonerà, se la pregheremo e confideremo.
III/ Ti mando una lettera per Giulietto; sarà bene riportarlo nel mio letto
per quel tempo che sta ad andare a Sanremo, - a meno che in casa non potesse avere
quella cura che gli è necessaria. La lettera glie la dai chiusa, e desidero resti riservata.
Quando puoi vallo a vedere e confortalo nel Signore; sii molto, sii sempre molto portato
per quelli che non hanno più i loro genitori; e fa che in codesta casa non siano tutti padri,
ma che ci sia anche chi fa da Madre nel Signore.
IV/ Più che fratello sii quasi figliuolo in Xsto di don Curetti : in Gesù Cristo lo dico;
e ricordiamo a noi ogni giorno le espressioni che l’Apostolo S. Paolo,
quell’Apostolo che ci vien rappresentato sempre «con la testa alta e la spada in mano»,
come direbbe il Manzoni, rivolgeva in più d’una sua lettera ai Cristiani dei primi tempi.
«Alter alterius onera portate» - portiamoci scambievolmente i pesi, i difetti:
ché nessuno è senza difetto, nessuno senza carico di infermità morali, caro mio don Bariani:
nessuno bastevole a sé, nessuno per sé sapiente a sufficienza; ma bisogna
che facciamo a compatirci, che ci aiutiamo: Supportantes invicem, dice ancora S. Paolo,
scrivendo ai Colossesi; anzi che ci consoliamo insieme: Consolamini invicem
(I Tessalonicesi). E così fa tu con don Curetti, con gli altri nostri sacerdoti e specialmente
con i chierici, edificandoli così e formandoli in Gesù Cristo, al vero spirito religioso,
e di vera carità fraterna e religiosa.
Quanto te ne sentirai contento in vita e in morte!
IV/ E dacché ti sto dicendo questo, vedi che anche verso le suore
ci sia un altro modo di trattare e di parlare e di comandare loro.
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Usa con esse e fa usare da tutti la stessa carità che sopra ho raccomandato.
Sono povere figlie che si sono date al Signore: hanno avuto fiducia in Don Orione,
e sono venute ad aiutarmi, e a dare la loro vita per aiutarci a fare della carità e del bene.
Perché le tratteremo come serve, e peggio? Vivono in una abitazione e in una cucina umida
e mal sana; parecchie si sono ammalate, forse ne risentiranno per degli anni,
forse qualcuna morrà avanti tempo per essere stata in quel posto ottuso e, certo, malsano:
perché non sentiremo noi tutto questo? e non avremo senso di pietà, di compatimento,
anzi di gratitudine e di riverenza?
Quali altre suore e chi di noi farebbe la vita che fanno esse?
Vedi con quanti devono combattere! Con esse, diciamoci un po’ la verità,
non si fa da noi che gridare, che trattarle quasi sempre male, con quel mal garbo
e fin con parole che non tollereremmo mai se fossero dette a delle nostre sorelle,
e forse neanche a donne di servizio.
Non dico che non abbiano difetti, no: non dico che siano le migliori e più adatte,
oh no! Ma, poverette, fanno quel che sanno e quel che possono, e si ammalano:
che vogliamo di più da esse?
Vedi tu di essere il primo a dare l’esempio e fa che fino all’ultimo
cambino modi e parole. Ne avessi delle migliori te le darei: oggi non ne ho:
confortiamo quelle che Dio ci ha mandato, e rendiamoci meritevoli con la pazienza
e la carità che ce ne mandi altre. Ma non disprezziamo queste che sono già una grazia
di Dio, anche quando ci fanno esercitare la pazienza. Cerchiamo anzi di animarle
e di ajutarle, e di agevolarle ove possiamo, e che non manchi loro quanto è loro necessario.
V/ Sono contento tanto che il chierichetto Fossati stia meglio:
la Madonna lo guarisca!
Quanto al giovanetto Mancini, egli ha padre e madre: rimandatelo ai genitori
qui a Roma.
Se in quattro anni e mezzo non meritò di ricevere l’abito da chierico, segno evidente
è che non era quale doveva essere, né dobbiamo togliere ora un pane ad altri
per chi in quattro anni non ha dato risultati soddisfacenti.
Sia dimesso con buoni modi, ma subito; si è fatto tanto, si faccia anche la spesa
di rimandarlo in famiglia. - Dio ci pagherà!
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VI/ Non so chi sia il giovane raccomandato da don Camillo Cappelli,
né chi sia questo don Cappelli.
Se non può fare ciò per cui è venuto, si rimandi.
Che vuoi che ti dica? Tenere gente in ozio, mai!
Se è giovane che può essere applicato ad altro lavoro, e questo lavoro c’è,
vedi tu in Domino; ma cose fattive e non crescere all’inerzia e senza un’arte.
VII/ È morta la madre di don Bartoli, ricevo ora da don Fiori che è a S. Oreste
il telegramma troppo tardi perché possa prendere parte al funerale.
Pregate, e fa pregare i probandi. -
VIII/ Sarà bene che da codesta casa gli giunga a Sanremo,
una parola di fraterno conforto.
IX/ Risponderò a don De Paoli da qui.
X/ D’ora innanzi non potrò più scrivere a lungo: bisognerà vi accontentiate
di ciò che posso fare. -
XI/ Il ch.co Giuseppe Nardi mi ha scritto raccomandandosi di avere verdura cotta
alla sera, secondo quanto il medico gli ha detto. - Fagliela dare, e dì pure a don Curetti
che è il medico che ce l’ha ordinata, ma diglielo in bel modo, onde non rimanga male.
Ho avuto altri ragazzi che soffrivano di quel disturbo di non poter avere
beneficio di corpo, - e ne potrebbe venire gravi conseguenze, anche dal lato morale.
Se poi non sarà vero che il Nardi soffre di stitichezza, vuol dire che si vedrà il da farsi,
ma, per ora, fate come vi dico.
XII/ Avrei bisogno in questi giorni di speciali preghiere:
raccomandami a don Curetti e ai probandi.
XIII/ Saluto, conforto e benedico te e tutti. Mi riverisci i sacerdoti della Casa.
Tuo aff.mo; in G. Cr. e Maria SS.
Sac. Luigi Orione della Div. Provv.
P. S. Vedo che il dire il numero dei morituri può fare grave impressione
su chi si ammala.
Io posso essermi anche sbagliato o non aver capito.
Bisogna che tu diffonda la notizia che chi doveva morire è morto e basta -
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