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[incompleta]
[+] Anime e Anime !
[Tortona,] 20 dicembre 1922
Caro mio Gismondi,
Ho ricevuto proprio un’ora fa la tua tanto gradita e cara lettera
con i tuoi santi augurî di buon Natale, e l’ho ricevuta mentre stavo scrivendo
a don Adaglio.
A mezzo di don Adaglio riceverai la lettera che ho mandato a tutti i nostri fratelli
per le s. feste, ed è per me una gioja scriverti anche la presente.
Ti ringrazio delle preghiere che fai per me, specialmente ai piedi del Bambino Gesù,
Dio nostro.
Io pure prego per te, caro mio Gismondi, e più ti ricorderò a Natale,
che vorrei poter passare a Roma, se potrò fare il viaggio come spero.
Allora mi sentirò più vicino a voi tre perché andrò a S. Maria Maggiore,
dove è la mangiatoja in cui fu posto n. Sig.re Gesù Cristo appena nato,
e che a Betlemme fu già oggetto di grande divozione per S. Paola e per S. Gerolamo.
Essa fu portata a Roma nel settimo secolo, come dimostrò Benedetto XIV,
insieme con alcune pietre tagliate dalla grotta, scavata nella rupe, dove voi altri,
fortunati miei figliuoli, avrete già più volte pregato anche per me
e per questi vostri lontani fratelli.
Deh! fa di corrispondere, o mio caro figliuolo, alle grazie che Iddio ti ha fatto!
Quanti Vescovi e Papi, quanti santi hanno desiderato di venire in Terra Santa,
e non hanno avuto la grazia che tu hai già ricevuta dal Signore!
Vedi quanto ti vuole bene il Signore!
Ora tu, caro Gismondi, fa di corrispondere con una più fervorosa vita
di buon chierico e di buon religioso: sî sempre più umile e obbediente a don Adaglio,
e lavora e fatica e consumati la vita nell’amore di Dio e nel travaglio,
cercando di accontentare sempre e in tutto il tuo ottimo Superiore che sta con te,
e che ti ha fatto del bene e da padre sin da quando eri ragazzo.
E non ti lasciare rincrescere a lavorare.
Il Patriarca mi scrive che è molto molto contento di don Adaglio,
ma mi fa capire che c’è qualcuno di voi altri che non fa tutto quello che dovrebbe fare
per coadiuvare il caro don Adaglio.
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Io voglio sperare che tu, caro don Gismondi, ajuterai don Adaglio
con amore di figlio, e che guarderai a quello che dice e che fa don Adaglio,
e non a quello che non facesse qualche altro, - spero che tu di dolori non me ne darai,
come non me ne hai mai dati, e che anzi farai di tutto per darmi delle consolazioni.
Ricordati sempre che Gesù non ha fuggito la fatica:
non ha fatto il fattore per fare lavorare gli altri, ma ha lavorato lui, colle sue braccia,
con le sue mani, con i suoi sudori, - e così dobbiamo fare noi,
se vogliamo essere veri servi di Gesù Cristo, veri figli della Divina Provvidenza,
veri facchini di Dio!
Non puoi immaginarti, caro mio Gismondi,
il dolore che mi hanno portato quelle parole del Patriarca dove nella sua lettera
mi dice che c’è uno che, invece di ajutare don Adaglio, fa il fattore,
cioè non lavora come dovrebbe. Ma noi se era per venire in Terra Santa a comandare,
e non a servire come servì Gesù Cristo: a fare i fattori e ad andare in giro -
era meglio non venirci.
Io so bene quello che dico, e non parlo a te di te,
ma ti dico di non seguire fra Giuseppe.
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