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 +        Roma, il dì 11 Febbr. 1914


 Molto Rev.do e caro sig.r arciprete, [di Stazzano don Aless. Balbi]


 Ho ricevuto qui la sua lettera la quale, come vostra signoria comprenderà,

non poteva farmi piacere.

 Dal momento che v. signoria m. rev.ma venne a conoscere che il don Barco

aveva rinunciato alla cappellania del Monte, e sapeva esistere una convenzione con me,

da lei firmata e dai Priori, perché combinare con don Bruno,

senza prima almeno per correttezza, avvertirmene?

 Che se Mg.r Vescovo, dopo, avesse detto di no, - lei era a posto

ed io avrei pensato diversamente di lei e al modo di com o meno alle convenienze

di lasciare o no gli eremiti.

 Se amavano, - come sempre ci hanno detto, - che restassimo al Monte,

perché non andare lei e i Priori (o almeno scrivere) da Mg.r Vescovo,

al fine che si degnasse permettere che la convenzione da loro fatta

entrasse in piena esecuzione?

 Che se loro non volevano o non potevano muoversi per motivi che non valgo

a capire, fare passi presso Mg.r Vescovo, perché non scrivermelo?

che mi sarei mosso .... li avrei potuto fare io!; passi io?

Vostra Non è vostra signoria che mi dichiarò sempre che fu lui Mg.r Vescovo

(e lei lo ebbe anche da lui in iscritto) a dirle di mettere gli eremiti

a custodia del Santuario? Ora, come egli poteva meravigliarsi

che non fosse all’uopo intervenuta tra noi una convenzione?

non Si si fa da per tutto così? così abbiamo fatto pure noi,

prendendo in collegio le suore di Mg.r Daffra: così avrà fatto don Roveda

per prenderle al convitto le suore: così il Seminario di Tortona,

così si fa nelle Opere pie (ospedali asili etc.). Che c’era di male?

Sarebbe anzi stato male fare diversamente.

Ora cCome Mg.r Vescovo non avrebbe, nella Sua paterna saggezza,

riconosciuto che venne viene di suo piede che al Monte vi sia un nostro sacerdote

per dire la Messa ai religiosi durante tutto l’inverno:

per assicurarmi del buon andamento della loro condotta,

per garantire della loro assistenza e la vita di religiosi, -

e per ogni mille altre prudenti considerazioni, che troppo lungo sarebbe dire qui?

 Anche Mg.r Viganò, alcuni mesi fa, fece a don Sterpi questa savia osservazione,

che cioè non dovevansi lasciare al Monte i religiosi a quel modo.

E, se dopo tale richiamo dell’ausiliare, io ho tirato avanti lo feci unicamente

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nella piena fiducia che, - data la convenzione, -avrei presto potuto dare sistemazione

sistemare regolare a regolarmente quel gruppo di figli della Divina Provvidenza,

e forse aumentarli, e almeno e rendere più normale la loro vita loro relig comunità

di comunità.

 Io sapevo già allora che don Barco era rettore,

e che facilmente avrebbe rinunciato ma, finché questi rimaneva, egli,

a lui che era al Monte prima di noi, dovevamo usare ogni riguardo,

anche e non ultimo quello di non mettere fuori una Convenzione

che contemplava pure la su Cappellania, e ciò per ragioni di delicatezza.

 Aggiungerò, - e non è poco, - che il don Barco era sacerdote

da me a me conosciutissimo, da me , e in confidenza come con quasi d’un fratello:

a lui ho potuto sempre parlare chiaro di tutti quelli che ho messo posto al Monte.

 Ora invece ne viene altro, che il quale sarà pure ottimo sotto ogni aspetto,

ma che io quasi non conosco, e che non è in confidenza neanche con uno dei nostri,

né con don Sterpi o con don Zanocchi, che a Tortona, in vario modo, mi sostituiscono.

 Come possiamo dunque interessarlo per gli eremiti e parlare a lui

delle nostre cose e interessarlo a faccende e dell’andamento e del passato

di questo o di quei quello che dovessi mettessimo mettere al Santuario,

e confidargli ciò che pensiamo di essi degli eremiti, perché se ne regoli,

e poi ce ne riferisca?

 Lei, caro sig.r Arciprete, voglia vorrà bene ponderare queste riflessioni

mie considerazioni, e poi va veda quindi come ora restiamo noi.

Né si offenda, la prego, della presente, poiché se uno c’è che può dirsi offeso,

questo dovrebbe essere proprio Don Orione, dal momento che lo si è lusingato

per oltre sette anni, e poi...... si buttano le convenzioni pure con tanta una disinvoltura

da sbalordire: così non trattano neanche i borghesi. La verità sopra tutto

io conosco molti dicasteri civili : la verità soprattutto:

permetta che le dica che così non si trattano tra loro neanche i borghesi.

 Ma già me lo ha detto un santo sacerdote che la chiesa ha già dichiarato Venerabile:

Avrai molto molto da soffrire; ma il Signore si ama in croce.

 Mia intenzione era, e lei, caro sig.r prevosto lo sa,

di stabilire al Monte un buon sacerdote che curasse di continuo gli eremiti e il Santuario,

e di formare formasse all’ombra della Madonna di Monte Spineto degli dei pî eremiti.

 Iddio o gli uomini vedo che dispongono diversamente:

ebbene sia sempre e di tutto benedetto il Signore e pace sia e carità con gli uomini

ma, poiché viene così a mancarmi in modo definitivo uno dei precipui scopi

per cui pei quali da oltre sette tanti anni stiamo al Santuario (come ella ben sa),

io devo pur con profondo dispiacere provvedere, e e dare a codesti figli altra destinazione:


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ove non restino così, come ora al Monte, in balia di sè, e, durante più mesi,

senza Messa e senza poter fare la S. Comununione perché questo è che si è voluto:

e questa è la paga degli uomini

 Ciò detto con tutta quella la santa libertà dei figli di Dio e con quella schiettezza,

che è pure tanta parte di quanto vuole deve essere la vera vita cristiana,

amo e ne prego Iddio, che resti tra noi, caro e venerato sig.r arciprete,

resti tutta integra quella soave unione di animi e carità di veri amici nel Signore

e di sacerdoti che, per bontà sua, sig.r arciprete, ci ha legati sin qui in Domino,

sin qui e perciò spero che ella non vorrà dimentichi dimenticare di pregare per me

e per tutti i miei, come faremo noi per lei e per l’ottimo suo curato.

 E, con profondo ossequio, le sono in Gesù Cristo e Maria SS. di Monte Spineto

 Suo dev.mo servitore e amico


          Sac. Luigi Orione

          della Div. Provvidenza

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