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 +         Anime e Anime !

          Roma, il 28 Febbr. [1]914


 Caro e venerato sig.r arciprete,


 Ho ricevuto la lettera sua del 24 c., e ora ricevo l’altra del 26.

 Avrei preferito tacere se, dopo questa seconda, il mio silenzio

non avesse potuto essere frainteso, quasi mancanza di riguardo verso di lei,

caro sig.r arciprete, e forse anche verso Mg.r Vescovo, del quale ella mi parla.

Rispondo primamente alla sua del 24.

 La precedente mia lettera, come la presente, e come tutto che è passato tra noi,

caro sig.r arciprete, ella può liberamente sottoporre al nostro Ven.mo Mg.r Vescovo, -

ché, anzi, di ciò le sarò assai tenuto. Io, per altro, ho sempre creduto

che vostra signoria carissima, come già a Sua Eccellenza Mg.r Vescovo

si era rivolta prima di mettere al Santuario di M. Spineto i miei religiosi,

(sempre ella mi disse essere stato Mg.r Vescovo a suggerirle di prendere noi,

e che lei ha in mano, in merito, un suo scritto, che una volta mi fece anche vedere), -

così, dico, reputavo che a Mg.r Vescovo avesse sempre sottoposta la convenzione

che in seguito è intervenuta, come logica conseguenza tra lei, i Priori e me.

 A me doveva deve bastare sapere che Mg.r Vescovo vedesse bene

che fossimo al Santuario.

 Che se ciò v. signoria non fece col Vescovo prima (forse per delicatezza

verso don Barco?), e neanche sentì di doverlo fare dopo,

quando certo venne a conoscenza, essendo lei sul posto, che il don Barco

stava per rinunciare o aveva rinunciato: mi pare, dico, che, se in realtà desiderava

che i patti andassero finalmente in vigore, e che noi restassimo al Santuario,

(me lo permetta, caro sig.r arciprete, e non se ne offenda) - almeno allora doveva,

a parer mio, muoversi, e parlarne a Mg.r Vescovo tanto più data la mia lontananza;

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e fare umilmente conoscere a lui il desiderio di v. signoria e dei Priori,

e anche la convenienza, - (per non dire la necessità e la giustizia), convenzione passata nonché la convenienza che dei poveri religiosi andati colassù dietro

suo suggerimento vescovile, - non avessero abbiano a continuare a restare

senza S. Messa e senza S. Comunione quasi tutto l’inverno: vivendo quasi in bàlia di sé,

senza un loro sacerdote che li confortasse conforti nella vocazione

e ne curasse curi la vita religiosa o ad essere dopo tutto, moralmente obbligati a partire.

 Poiché si deve pensare sì all’incremento del al Santuario,

ma per volerne il vero incremento, ma non trascurare

non trascurare il buono spirito dei religiosi ad esso addetti.

 Al Monte si è venuti per essere servi si, e non padroni ma servi della Madonna SS:

non quindi per la pura cerca: non servi nel modo solo com’è inteso dal mondo

e secolaresco, bensì anche, e per essere e per essere buoni servitori della Madonna,

vogliamo curare di poter essere buoni religiosi.

 Ma in questa ora che si è fatto per i miei religiosi? neanche si è mosso un dito!

O qQuanto meno, prima di rompere la mutua convenzione da tutti accettata,

e trascorrere a pattuire con un terzo altro, - come mai, mio caro sig.r arciprete,

non si è sentito il dovere di avvertirmi perché non stimandolo doveroso od opportuno

o doveroso voi altri il fare passi, sempre rispettosi, presso Mg.r Vescovo, -

non avessimo almeno potuto fare farli noi, e ciò prima di senza pregiudicarci voi altri

la nostra situazione, col trattare e convenire addirittura con essi terzi?

 Che se, malgrado ogni più che riverente e filiale nostro esposto,

Mg.r Vescovo avesse poi creduto disporre altrimenti, valendosi del suo diritto; -

non suonava affatto offesa alla saggezza di governo dell’ordinario,

né mancanza di riverenza a lui e alle sue disposizioni: non era, del pari,

mancanza di rispetto a lei o all’amministrazione del Santuario,

il ritenerci noi sciolti e liberi dagli impegni assunti in forza di tale convenzione che,

non per noi, non poté effettuare effettuarsi. Con ciò non giudico né offendo alcuno:

è chiaro, lei del resto, caro sig.r arciprete, voglia rileggere la mia prima lettera:

nulla vi ha in essa, per divina grazia, che possa offendere chicchessia.

Né ho mai pur lontanamente, dubitato, che da essa si potesse dedurne che lei,

venerato sig.r arciprete, avesse ad andare contro a le disposizioni del superiore.

 Iddio ben sa: Iddio solo la sa quello che nella mia vita ho fatto e patito,

con l’ajuto della Sua grazia, per mantenermi sempre figlio piccolo, umile e fedele

della s. madre chiesa e del nostro Vescovo dei Vescovi:

io riguardo il nostro Vescovo come il Signore medesimo. Iddio mi assista. -

E chi vivrà vedrà.

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 Che se, in questa causa circostanza alcuno c’è il quale ben possa sentirsi

profondamente dispiaciuto e offeso, -

questi, in tal caso, non le pare, signor arciprete che ben possa dirmi io?

Dacché vi è nella sua prima lettera tale espressione,

che vorrebbe mettermi come in istato di accusa, e in che modo!

Ben è vero che io già la ho messa quella lettera nel cuore di Gesù, ove tutto affogo,

tanto, vede, che pur non voleva rispondere.

 Comunque, la mia miserabilità meritava quello e ben altro. Né lei,

ed io bene la ho compresa, ha mai inteso darmi dolore con quella frase infelice.

 E passo alla sua del 26.

 Sì, sta vero che Mg.r Viganò fece la savia e paterna osservazione che


[grafia di altri]


[non si devono lasciare al monte i religiosi a questo modo.

E detto richiamo fatto a don Sterpi, valse a confermarmi se ne avessi avuto bisogno,

nella convinzione della urgente necessità di addivenire quanto prima

ad un efficace provvedimento.

 Io attendeva la rinunzia di don Barco come la soluzione sospirata, deciso

a venire via con silenzio dignitoso e senza piagnistei sempre che non si fosse attuata

la condizione posta nel contratto sine qua non.

 Le ho scritto da più di un anno che lavoro incessantemente a sistemare

la nascente congregazione: si deve quindi decidere una buona volta

anche di cotesti poveretti di Monte Spineto. Lei conosce pure che già altra volta

li voleva togliere e venni sempre lusingato dalla promessa che,

vacando la cappellania avrei potuto mettervi un sacerdote che mentre mi avrebbe

rassicurato sull’andamento degli eremiti, avrebbe pure restando permanente al Santuario

dargli più incremento.

 Io poi non ho mai nascosto che avrei amato raccogliere attorno alla Madonna

di Monte Spineto come il noviziato degli eremiti.

 Invece, al momento opportuno che si è fatto per noi ? Nulla! - Pazienza.

 Cotesti miei confratelli avranno lavorato per la Madonna,

e penserà ben essa per a loro.

 Io mi dico anche: perché si tacque ? Per prudenza, si suole rispondere.

Ma che mancanza c’era ? Forseché il Vescovo poteva trovare strana una convenzione?

Ma nessuna Comunità si stabilisce mai in un posto senza patti:

Da per tutto si fa così. Strano sarebbe stato se, dalla vita alla morte,

non avessi provvisto per l’avvenire e la cura dei miei religiosi.

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E Mg.r Vescovo e lei signor arciprete, e chiunque al posto mio,

non ab avrebbero fatto meno di me. E come Mg.r Viganò ebbe a meravigliarsi

di trovare colassù quei religiosi senza un capo autorevole, senza un sacerdote,

così se ne meraviglierebbe uno dei nostri. Chi ora andrà sarà anche un santo:

io anche ne di lui ebbi sempre stima pel bene che me ne dissero;

ma non lo conosco, o non posso avere confidenza.

 Non tema, caro signor arciprete, che abbia scritto di questo affare

in momento di agitazione. No, sono anzi molto, ma molto calmo, e, a dire la verità,

a questo passo mi vi ero preparato da parecchio, e ai piedi del crocifisso.

 Quanto a soprassedere, e a vivere di altre speranze per l’avvenire, -

lasciamolo un po’ l’avvenire caro signor arciprete nelle mani di Dio: stiamo al presente.

 Siamo figli della divina Provvidenza; stiamo all’oggi. Iddio stasera

mi chiamerà conto di oggi: domani sera di domani: se domani ci sarò ancora.

 Sono già ben più di sette od otto anni che siama siamo a Monte Spineto,

sempre vivendo di speranza. non Non è stato, come vede, un noviziato trascurabile,

e la pazienza, Deo adiuvante, non è mancata. Però ora basta.

per Per dovere di coscienza: dopo maturo consiglio e preghiere,

pure con vivissimo dispiacere di lasciare il caro Santuario

della Madonna di Monte Spineto, ove avrei desiderato restare a anche da morto,

non possiamo così restare rimanere.

 Ove finisce la mano dell’uomo, là comincia per altro

la mano della Divina Provvidenza, ed ho fede che la SS. nostra Madre,

ai cui piedi benedetti sono venuto tante e tante volte peregrinando

ed ha condotto i miei primi figli, ci farà ancora ritornare a Monte Spineto,

per un tratto della sua materna bontà.

 Noi la pregheremo sempre, e la porteremo sul cuore da per tutto.

Si oblitus fuero tui, o Mater dulcissima et Regina Montis Spineti:

oblivioni detur dextera mea.

 Rinnovo qui tutte le scuse della prima lettera, e, se in questa, come sento qua e là,

avessi trascorso nello scrivere: qualunque sentimento, qualunque parola non è

secondo la soave carità di Nostro Signore Gesù Cristo, supplico, con la fronte a terra

la carità stessa di Nostro Signore di abbruciarla, e ne domando perdono.

 Non ho tempo a rifare: scrivo che è verso la mezzanotte,

e devo ancora prepararmi pel Vangelo di domattina.

 Ho ricevuto nella sua inclusa nella sua prima lettera

la lettera dell’ottimo don Perduca. Non avrò tempo di scrivere pure a lui.

si Si degni, caro sig.r arciprete, rispondere lei per me poiché lei sa che la lettera

di don Perduca, dice, in sostanza, le cose stesse che lei.

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Ricevetti Oggi poi ricevetti pure oggi anche lettera da Draghi.

 Povero figlio! mi fa commuovere pensando al dolore che proviamo, e lui e gli altri,

nel lasciare la Santa Casa della Madonna.

 Anche a lui non potrò scrivere, perché ho altro lavoro più urgente.

 Gli dica dunque che benedico la loro obbedienza e offrano al Signore

il loro sacrificio per le mani della Madonna SS., che saranno ben pagati.

 Vada per i miei e per i loro peccati: per i nostri fratelli morti:

per il bene della nostra cara Congregazione che, dopo la s. chiesa, è la nostra madre.

 Anche per me è grande dolore come per loro, e non lo nascondo;

ma il cuore di Gesù li sa i motivi; il cuore di Gesù ci vede; Egli, a suo tempo,

ci consolerà.

 E noi, caro sig.r arciprete, restiamo nella carità di Gesù Cristo, buoni amici,

e preghiamo a vicenda sempre.

la La Madonna SS. faccia discendere le sue benedizioni sopra di lei,

caro sig.r arciprete, e su tutto il suo popolo.

 Con profonda stima suo obbl.mo servitore e fratello in G. C.


        Sac. Luigi Orione  della Div. Provv.za


 Copia conforme Roma, 1 Marzo [1]914


     Sac. Orione

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