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 Carissimo don Paolo, [Cassola]


 Ho letto la lettera che le è giunta hanno mandato da Scaldasole,

ma ora non gliela posso più ritornare, perché Le mi trovo a scrivere

dallo studio dei giovani, e non la chiave della mia camera, ove trovasi detta lettera,

me l’ha portata via per sbaglio Rota, che è fuori scuola è in Seminario a scuola.

vVuol dire che la gliela darò manderò alla prima occasione.

Poi mi dice Alla sua domanda dico che cosa dove potrebbe rispondere:

dica per che quello che riguarda me, mi pare è vero che non ho loro più scritto,

loro e m’è parso anche di fare così perché sulla loro vocazione li vidi un po’ indecisi

e spaventati di dover fare la nostra vita, ma seguaci più solleciti della voce di Dio,

a Roma però ho pregato sulla tomba dei Santi Apostoli, perché il Signore

li illuminasse se dovessero venire con noi e sempre e ovunque e guidasse alla santità.

Mi sarebbe piaciuto vederli più pronti in qualche m nel corrispondere

alla chiamata di Dio, e non perdersi tanto dietro ai travagli delle cose terrene,

ma tuttavia lei li animi a sollevare i loro animi dalle cose visibili e corporee

alle invisibili ed eterne, e a non trascurare il dono grande della vocazione.

Se e Essi hanno certamente operato molto bene, come mi diceva quel parroco

e come anch’io potei vedere quando fui là, ma non sono anime che si trovino a posto

fermandosi nel mondo.

Essi devono diventare negoziatori Hanno fatto molto bene, ma a loro

resta il maggiore di tutti i beni, che lasciando cioè ogni cosa si facciano a conseguire

la vera sapienza di Dio e ad investigare i suoi più reconditi tesori,

ai quali non altrimenti potranno pervenire che col negare sé medesimi,

col prendere la loro croce e venire a seguire Cristo.

 Io me l’aspettava che avrebbero scritto perché le loro anime ora hanno sete,

e il loro cuore è inquieto e grida e grida loro che gli diano dunque il suo bene,

il solo suo bene, e le acque della vita spirituale di cui ha tanta sete,

e che non sgorgano tanto abbondanti che nella solitudine dell’eremo

e nello studio della divina Sapienza.

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 Al fratello del parroco poi dica che è pure tempo che tralasci di travagliare

dietro le cose terrene, quando sente che la sua conversazione e la sua eredità

è posta tra le cose celesti. Converta dunque l’arte della musica nelle spirituali armonie

della vita religiosa e dell’orazione : niun momento è più propizio di questo

in cui l’inferno si scatena contro i religiosi monaci frati di assai da più parti

del cristianesimo.

 Preghiamo, confidino a Dio nel Signore e partano insieme,

confessando così il loro amore a Gesù e la loro fede in Dio:

a tutto il resto provvederà il Signore, meglio che possano provvedere loro stando a casa.

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