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[Tortona, lì] 25 / 4 [190]1
Carissimo don Paolo, [Cassola]
Ho
letto la lettera che le è giunta hanno
mandato da Scaldasole,
ma
ora non gliela posso più ritornare,
perché Le mi trovo a
scrivere
dallo
studio dei giovani, e non la
chiave della mia camera, ove trovasi detta lettera,
me
l’ha portata via per sbaglio Rota, che è fuori
scuola è in Seminario a scuola.
vVuol
dire che la gliela darò manderò
alla prima occasione.
Poi
mi dice Alla sua domanda dico che
cosa dove potrebbe
rispondere:
dica
per che quello
che riguarda me, mi pare è
vero che non ho loro più scritto,
loro
e m’è parso anche di fare così perché sulla
loro vocazione li vidi un po’ indecisi
e spaventati di dover fare la nostra vita, ma seguaci più solleciti della voce di Dio,
a
Roma però ho pregato
sulla tomba dei Santi Apostoli, perché il Signore
li
illuminasse se dovessero venire con noi e
sempre e ovunque e guidasse alla santità.
Mi
sarebbe piaciuto vederli più pronti in
qualche m nel corrispondere
alla chiamata di Dio, e non perdersi tanto dietro ai travagli delle cose terrene,
ma tuttavia lei li animi a sollevare i loro animi dalle cose visibili e corporee
alle invisibili ed eterne, e a non trascurare il dono grande della vocazione.
Se
e Essi hanno certamente operato molto bene, come mi
diceva quel parroco
e come anch’io potei vedere quando fui là, ma non sono anime che si trovino a posto
fermandosi nel mondo.
Essi
devono diventare negoziatori Hanno fatto molto bene,
ma a loro
resta il maggiore di tutti i beni, che lasciando cioè ogni cosa si facciano a conseguire
la vera sapienza di Dio e ad investigare i suoi più reconditi tesori,
ai quali non altrimenti potranno pervenire che col negare sé medesimi,
col prendere la loro croce e venire a seguire Cristo.
Io me l’aspettava che avrebbero scritto perché le loro anime ora hanno sete,
e il loro cuore è inquieto e grida e grida loro che gli diano dunque il suo bene,
il solo suo bene, e le acque della vita spirituale di cui ha tanta sete,
e
che non sgorgano tanto
abbondanti che nella solitudine dell’eremo
e nello studio della divina Sapienza.
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Al fratello del parroco poi dica che è pure tempo che tralasci di travagliare
dietro le cose terrene, quando sente che la sua conversazione e la sua eredità
è posta tra le cose celesti. Converta dunque l’arte della musica nelle spirituali armonie
della
vita religiosa e dell’orazione :
niun momento è più propizio di questo
in
cui l’inferno si scatena contro i religiosi
monaci frati di assai
da più parti
del cristianesimo.
Preghiamo,
confidino a Dio nel
Signore e partano insieme,
confessando così il loro amore a Gesù e la loro fede in Dio:
a tutto il resto provvederà il Signore, meglio che possano provvedere loro stando a casa.
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