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Al Rev.mo Padre Tormene
Superiore Generale
Istituto Cavanis - Venezia
Como, 5 Giugno [19]19
Caro padre Tormene,
Patientiam habe in me, non ce la faccio per quell’appello,
con mia confusione grande, non ce la faccio proprio.
Tutto quello che m’è venuto fuori è una miseria così meschina,
che mi fa vedere tutta la mia presunzione di avere accettato.
Scrivo a don Ugo che faccia lui, mi pare che il Signore voglia la cosa da lui,
perché io non ci riesco, malgrado ogni sforzo che ho fatto.
Ho letto e riletto la vita dei padri: ho pregato che il Signore
e la Madonna mi aiutassero: ho invocato i vostri Santi Protettori e i vostri fratelli
già passati a vita beata, - ma non ci sono riuscito.
E ho la testa e la vita disfatta in questi giorni, tanto che non so far altro
che offrire a Nostro Signore le gambe e la stanchezza.
Per Treviso ho anche pregato.
Io sono di spirito alquanto inverso, e non vorrei con le mie pazzie
guastare lo spirito dei vostri santi fondatori, - quindi prenda sempre con beneficio
d’inventario quanto le dico e le scrivo, nel senso di stare bene in guardia
di non lasciarsi storpiare da me nello spirito del vostro Santo Istituto.
Per Treviso dunque vi direi di accettare: Roma c’è sempre:
Treviso potrebbe sfuggirvi: e poi le Case in città vicine una ajuta l’altra,
come il fratello che ajuta il fratello.
Dunque mi dispensi da quell’impegno: veda, via di qui dovrò andare al Giarolo
per tre giorni, e a Tortona non ci passo che qualche notte e qualche mezza giornata.
Siamo fratelli sempre lo stesso, non è vero?
Voglio gloriarmi anche di questa mia inettitudine in G. C. Signor Nostro, affinché,
per la Divina Grazia, abitino in me la virtù e lo Spirito di Nostro Signore.
La abbraccio in G. Cristo e in Maria SS. con tutti i suoi.
Suo aff.mo
Sac. Orione della Div. Provv.
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