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+ W. M. Gesù e le Anime
2 maggio [1]900
Carissimo fratello in N. Signore Gesù Sacramentato,
per capirci vedere numerazione
1° Ricevuta vostra carissima del 28 / 4 [1]900, bravo! sempre così, così va bene.
2° Venerdì fui Alessandria: vestii suor Giovanna, e la suor Diomira che era a Villa,
- questa prese nome di suor Maria Alfonsa, - è ripartita verso Cuneo,
spera ritornando portare L. 1.000.
3° Venne la fornaja, quella che si buttò giù dal tramvai, domandò scusa, - risposi:
va bene, disponetevi meglio, spero potervi vestire lª Vestizione, ora no.
4° Spero Pellegri migliorerà.
5° Quando viene giovane eremita?
6° Spero venir io presto presto Torino, si tenga preparato verrebbe giù con me.
7° Entro 4º giorni viene spedito occorrente chierico Merlo.
8° Datemi pure motivi per cui credeste buona cosa di ritornare
su di cosa già giudicata.
9° Venerdì fui ad Alessandria, ho parlato con la suora assistente Michelina
e cercai consolarla: ho parlato con la Madre per suor Immacolata, fu tutto deciso
perché entro più pochi giorni possibile fosse inviata fuori d’Italia, e l’ho benedetta
prima di partire, perché appunto Essa doveva subito partire, e far l’ubbidienza.
10 Non ho ricevuto nulla dal maestro Negro. Chissà come si diporta.
Oggi mando maestro Negro plico carte che lo riguardano per ottenere la pensione.
11 Chierico Campi giunto Sicilia.
12 Ventura settimana vado sicuramente Villa, passerò Torino.
13 Ho scritto jeri l’altro alla Madre provvedere suora Torino:
forse oggi andrò Alessandria.
14 Dica al chierico Alvagini che studi e che studi e al chierico Merlo
che preghi di più, di più, di più.
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Ci vuol altro che studio, ci vuol altro!
15 Ad Alessandria si lavora per trovar posto ove porre i bambini dai 7 anni ai 12.
La Madre aspetta voi domani o domenica.
C’è stata adesso suor Michelina, l’ho trovata più contenta;
io domenica non sono a casa dalle 10 avanti.
16 Dunque vi debbo dire una faccenda un po’ ridicola: -
il giorno due io era fuori di casa, e sono giunto il mattino del giorno 2
e mi
son posto a scrivervi una questa
lettera che finisco oggi - giorno 4.
la sera di quel giorno io finii l’ufficio a mezzanotte, era vento giù dalla montagna,
e quel poco tempo aveva scritto la I parte di questa e sbrigate varie faccende.
Poi
Aveva ricevuto lettera dalla Madre che
mi diceva essere quello l’anniversario
della morte della Comoglio, - io gettandomi a mezzanotte sul sofà, ho spento il lume,
ed ho fatto una sfida alla Comoglio che se era santa doveva farsi sentire che io la sfidavo,
e che se veramente Iddio le aveva rivelato l’opera della Adorazione
me lo doveva far sentire come voleva e come le piacesse pur di non farmi del male:
ma voleva essere sicuro, sicurissimo: voleva vedere e toccare e capire
senza lasciar più dubbio in me.
Io non vi posso esprimere come io facessi detta sfida.
Ho spento apposta il lume per essere più terribile io contro di lei e contro tutti
che
avessero fossero
apparsi. Nessuno sapeva niente, nessuno c’era.
Mi era appena coricato sul sofà: che un grande vento e un grande tuono passò sopra di me
dai piedi alla testa: io lottava nella mia incredulità e quel vento e quel tuono
più io apriva gli occhi, e voleva alzare le braccia e il corpo e più mi soffocava sul sofà
per cui io più non poteva neppur muovere la lingua e parlare e gridare
e quel vento mi soffocava e pungeva tanto nello stomaco che tutto jeri e ancor adesso
ho il cuore che mi fa male.
Jeri mattina non ho potuto alzarmi a dir messa ai figli ma oggi non c’è paragone,
tanto sto meglio.
La faccenda è continuata per mezz’ora e più, io non credeva
e più il vento mi opprimeva in modo che io per venti e più minuti finché ho avuto forza
per dire di no almeno con la mente, io ho sempre lottato e lottato, ma più io lottava
e più il vento e il tuono mi passava sopra più forte, tanto che io mi sono trovato
privo delle forze nella mia mente per dire di no, ed ho dovuto dire di sì, di sì,
benché avessi come giurato a me stesso, di dire di no, finché avessi avuto un fil di vita,
- e finché ho avuto un fil di forza ho resistito: la lotta è durata mezz’ora giusta;
non potendo più aver forza di staccar la lingua dal palato e non potendo nemmeno gridare
allora l’ho pregata che non mi facesse morire e ho creduto, e finalmente e in un momento
m’è venuta ancor la forza e ho potuto mettermi a gridare e a chiamare forte forte,
che io non ho mai gridato così forte, e nessuno sentiva, e allora ho prese le scarpe
e l’una dopo l’altra le ho buttate contro la porta per far sentire di là nell’altra parte della portineria, ma nessuno ha sentito, e finalmente con quel diavolo che c’era d’attorno a me
son saltato su, e così in camicia e mutande
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(perché dovete sapere che, contro il mio costume quella sera lì mi sono levato l’abito
e le scarpe, per essere più intrepido e per far vedere che io non aveva voglia di fuggire
a qualunque costo, e che io me ne impippava) ho dovuto proprio fuggir via,
e correre a chiamare aiuto, col cuore che mi batteva d’un modo che io non so come
non mi saltasse fuori dallo stomaco.
Per me io vi dico che non m’è mai successo una sì brutta scena.
Poi ho messo Zanocchi, là a dormire vicino e ho tenuto acceso il gas a reticella,
e non mi è più occorso nulla, solo che mi fa male ancora un tantino lo stomaco.
Diavolo, che santa è mai la Comoglio? una santa che fa morir la gente!
Basta, non statene a parlare, e preghiamo!
Ricevete larga benedizione
In G. Cristo
Dev.mo
D. Orione
Orvieto tutto fatto: ci fu Albera.
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