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[non digitata minuta di 3 fogli]
All’Onor.le Signore
Sig.r Senatore Ernesto Schiapparelli
Via Accademia delle Scienze, 4
Torino
Copia esatta - Don Orione
+ Tortona, 5 Agosto 1927
On.le signor Senatore, [Schiapparelli]
La pace di Dio sia sempre con vostra signoria e suoi cari! -
Con l’aiuto del Signore Le potrei presto dare il sacerdote per Cafarnao.
Anche per evitare dispiaceri con il Patriarca Barlassina, il quale dice apertamente che
«da quando fu aperta la Casa di Cafarnao quella di Rafat non andò più bene, perché
il personale migliore fu mandato a Cafarnao» - prima io non lo potevo dare il sacerdote.
Quello che S. Eccellenza il Patriarca dice non sta però vero perché la colonia di Rafat
non ne ha menomamente sofferto, e le migliorie di questi due ultimi anni
lo dimostrano e potranno essere giudicate da persone competenti e spassionate.
Con ogni carità ci siamo licenziati dal Rafat, e già sto richiamando il personale.
Ora pregherei la signoria vostra di dirmi quali sarebbero le nostre mansioni
a Cafarnao per sapermi regolare.
Scusi se Le parlo senza circolocuzioni: so che colà si trova una Suora Direttrice,
che io vidi a Roma. Lasciando Mons. Barlassina, non vorrei che si andasse a cadere
nelle direttive di una monaca, e siciliana per giunta. Ecco perché la prego,
signor Senatore, di volermi dire chiaramente qual’è la posizione che ci si fa,
nell’unico intento di non trovarci dopo a disagio noi e malcontento lei.
Se è che a Cafarnao la s. vostra desidera che mandi un sacerdote puramente
per il culto, allora ne sceglierei uno che mi parrebbe assai indicato:
è sacerdote già anziano, bastevolmente istruito, di vita illibatissima e molto pio.
Che se, invece, ella volesse un sacerdote il quale,
oltre a tener viva la vita religiosa di quella Casa, s’intendesse di agricoltura,
completasse fra Giuseppe, e dirigesse l’azienda, allora dovrei mandare altro soggetto,
che potrebbe essere anche don Gemelli, attualmente a Rafat, del quale so che quelle suore
di Cafarnao hanno buon concetto; ed è siciliano anche lui come quella superiora.
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Voglia dunque, On.le signor Senatore, dirmi tutto il suo pensiero.
Ed ora ad altro. Tra il personale che ho a Rafat,
vi è un nostro bravo giovane piemontese, vero braccio di lavoro,
trasferito colà dalla nostra Colonia agricola di Cuneo.
Egli s’intende di agricoltura ed alquanto di meccanica. - S. Ecc. Mons. Barlassina
gli ha aumentato da due mesi la paga mensile a quattro lire egiziane;
se volesse restare a Rafat, mi riferiscono che gli darebbero anche di più,
e che ed è tale da meritarsele. Ma il giovane preferisce rimanere con noi,
che lo abbiamo cresciuto fin da fanciullo. Mi parrebbe un elemento ottimo
sia per Cafarnao che per Rodi. Ella veda, On.le signor Senatore, se lo vuole assumere,
diversamente lo richiamo in Italia per trapiantarlo nelle nostre Colonie agricole di qui.
Oggi ho scritto a Rafat richiamando due altri nostri,
ma ho detto al don Gemelli di sospendere il rimpatrio di questo giovane di cui scrivo,
per attendere la risposta da vostra signoria, che gradirsi ricevere presto.
Io parto da Tortona, sarò lunedì 8 corr. a Roma, - la signoria vostra voglia scrivermi
a via Appia 126 Roma (40).
Mi vi fermerò pochi giorni, poi non so se andrò giù nel meridionale o a Venezia.
Quando vostra signoria inviò l’ultima sua generosa offerta, ero assente;
chi mi sunteggia la corrispondenza mi scrisse in modo che io credetti
che fosse stato il comm. Lago ad inviarmi detta elargizione perché contemporaneamente
deve aver scritto anche lui, e ringraziai il comm. Lago invece della S. Vostra.
Voglia scusarmi, e Iddio la paghi in terra ed in Paradiso di tutto il bene che ella mi fa.
Vostra signoria mi scrisse ultimamente che io era in collera con lei. Ma, per carità,
che dice? Io non ho parole per espirmerle quello che sento: la stima, la devozione,
la riconoscenza che ho per lei: di frequente penso a vostra signoria e prego Iddio
conservarLa non solo al bene d’Italia, ma anche al bene della chiesa.
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Molte volte non posso scrivere per il cumulo di lavoro che ho
e perché non tengo nessun segretario, - altre volte sono situazioni
per cui sarebbe inutile scrivere. E dirò anche che lo scrivere non è il mio forte,
e ci è anche della indolenza tanta, che ogni tanto cerco di scuotere,
ma della quale non mi sono ancora liberato.
Passo ad altro. Il padre di don Bruno è malato e piuttosto grave;
desidero vedere il figlio e vuole anche fare testamento ma non vuol testare
se non è presente il figlio sacerdote. Mandare oggi a Rodi altro sacerdote a sostituirlo,
mi troverei in gravissimo imbarazzo; e ciò tanto più che poi non potrei lasciarlo là,
trovandomi nell’impossibilità di dare a Rodi due preti in permanenza. Tuttavia,
a casi estremi, sono pronto a mandare un sacerdote per qualche mese,
ma non sarebbe un mulo da lavoro come è don Bruno.
Come si fa? - Se a Cafarano bastasse un sacerdote, dirò così, da Messa
e da funzioni religiose religioso, e non anche uomo da azienda agricola,
potrei allora telegrafare a quel don Gemelli attualmente a Rafat, di passare subito a Rodi,
così farei tosto rimpatriare don Bruno, almeno per qualche settimana. don Gemelli
sarebbe tale da poter sostituire don Bruno, senza danno dell’azienda di Rodi.
Ma se si trattasse di trasferire don Gemelli a Cafarnao, allora non sarei del parere
di toglierlo ora dalla Palestina, perché dati certi umori, potrebbero forse trascendere
sino a levargli le facoltà che ora tiene di celebrare, ecc. per impedire che a Cafarnao
si stabilisca un Sacerdote di abilità, - e al suo ritorno, qualora le facoltà
non gli fossero confermate, ci troveremmo tutti in una posizione molto penosa.
Questo mio sacerdote lo educai da orfanello, estraendolo dalle macerie di Messina;
crebbe in una Colonia agricola, fu sempre un forte lavoratore e di vita illibatissima;
tanto dico perché ella non si formalizzi sui provvedimenti
che il Patriarcato di Gerusalemme potesse prendere a riguardo di lui, qualora dopo aver
lasciato la Palestina per Rodi, tornasse ancora in Palestina. Il torto di don Gemelli
è stato d’aver detto la verità e di non aver fatto della brutta politica.
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Gradisca, On.le signor Senatore, ogni mio devoto ossequio;
mi raccomandi anche lei al Signore, come io la ricordo all’altare ben di frequente.
Iddio la conforti di ogni grazia e consolazione e benedica tutte le Istituzioni
per cui ella tanto lavora!
E mi abbia per suo umile servitore in Gesù Cristo e nella Santa Madonna
aff.mo e dev.mo
Sac. Luigi Orione
dei Figli della Div. Provvidenza
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