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[Istituto Artigianelli

S. Girolamo Emiliani

Zattere - Telef. 77 - Venezia

Direzione]


 +       Anime e Anime !

        Venezia, il 2 aprile [1]930 Mercoledì

        finita giovedì, 3 aprile.


 Caro sig.r avvocato, [Morcaldi]


 La grazia di N. Signore e la Sua pace siano sempre con noi!

 Ho ricevuto la gradita sua lettera del 26 marzo qui, in ritardo,

poiché sto visitando gli Istituti della Piccola Opera della Div. Provvidenza

che sono nel Veneto, e posdomani finirò con la visita al Camerini Rossi di Padova;

poi vado a Tortona, dove avrò la I Messa d’un caro chierico, già maestro elementare,

che il quale, subito dopo Pasqua, va missionario in Brasile.

 Dopo vorrei scendere in Calabria, dove volevo andare già

da quando fui ultimamente a Roma.

 Mi scrivono da Tortona che è giunto un plico, pare da Brunatto;

penso siano le carte che gli ho mandato, riferentesi a certa vertenza di un Avvocato

di Genova.

 Quanto a ciò che ella mi scrive, ho la persuasione che l’impedimento venga da me;

sì, caro Avvocato, sono i miei peccati, certamente.

 Ella non voglia prendere scandalo, ma, buon cristiano quale è,

preghi qualche volta per me; se io amassi davvero il Signore e il mio prossimo,

come dovrei, oh quante e quante grazie!

 Io sono il Giona che va buttato a mare; - le mie colpe e iniquità

meriterebbero assai più, e onde ci vuole tutta la misericordia di Gesù Cristo Crocifisso

per tollerarmi ancora.

 Ma, fidando nella infinita carità del Signore, ora, nel nome di Gesù, comincio;

mi umilio, ma non mi voglio avvilire; e voglio essere tutto e solo roba del Signore

e delle anime.

 Così la Santa Madonna mi ajuti a non ingannare più oltre la gente,

ma ad aiutarla da sacerdote a camminare verso Iddio, servendo in umiltà,

carità e fedeltà, Gesù Cristo e la Sua chiesa.

 Ella poi, caro Avvocato, mi chiede: «che cosa si deve fare?»

 Pregare, o fratello, pregare, e avere piena fiducia nella chiesa; -

di più, non pretendere di metterci noi al posto e al governo della S. chiesa.

 E avere pazienza; Gesù Cristo ci ha insegnato la pazienza non solo colla sua vita,

ma anche con la sua morte.

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 La perfezione della virtù cristiana sta nella carità [amore santo di Dio e dei fratelli]

e nella pazienza.

 Il portar pazienza e sostenere il Signore è alto studio dello spirito, ed è studiare,

seguire Gesù Cristo e conformarci a Lui.

 Ammirabile e preziosa è la sentenza della Scrittura: «bonum est praestolari

cum silentio salutare Dei»

 Uno dei difetti della natura umana, venuti per il peccato, è la fretta e l’insofferenza;

ora il Signore vuole, talora, emendare in noi questo vizio col somministrarci

delle occasioni di aspettazione e di prova, come è nel nostro caso, -

sia pure per colpa dei miei peccati.

 Il sacrificio col quale aspettiamo il tempo e il momento del Signore,

e ci abbandoniamo dolcemente e da figli alle ammirante disposizioni

della Sua Provvidenza e della Sua santa chiesa, vale molto agli occhi suoi:

è una preparazione al tempo della letizia, la cui ora suona di sovente improvvisa.

 Sono servo inutile di Gesù Crocifisso della chiesa, ma, poiché sento che ciò

che ora ho scritto non è mio ma da Dio, - così supplico la divina bontà

di darvi la piena intelligenza di esse e latitudine di cuore, sì che abbiate da sentire

lo Spirito del Signore e la sua voce, e da seguirlo.

 Lei, caro Avvocato e amico, e, più che amico, fratello in X.sto viene, mi scrive,

e chiede dunque a me sacerdote: «che cosa si deve fare

 Che risponderò io?

 State, o fratelli, in umiltà: abbiate fiducia e pazienza: state da figli con la s. chiesa

e non da pretenziosi, - ve ne supplico: state in ginocchio ai piedi della santa sede

e della chiesa, che è la nostra madre: guai a colui che contrista sua madre!

 Amatela da figli la s. chiesa, senza limite devoti, sempre, o miei cari, sempre! -

anche quando certe disposizioni vi sembra che non vadano, anche quando si tarda

nei provvedimenti, anche quando non si prendono tutti i desiderati provvedimenti.

 Caro Avvocato Morcaldi, voi mi interrogate, - e so bene che dietro a voi,

c’è Emanuele, - «che si deve fare

 Ma volete dunque ascoltarmi una buona volta? Ecco: Vi rispondo da sacerdote

e da amico sincero: Brunatto chiuda la sua vertenza col Conte Aluffi,

dichiarandosi soddisfatto di quella dich trattazione che l’Aluffi ha rilasciato,

della quale, con una nobiltà d’animo che lo onora , il Brunatto già si dichiarò soddisfatto;

il tutto come già si era d’accordo convenuto, dopo quelle memorabili sedute,

e il Conte Aluffi, come si disse, paghi le spese del Brunatto, cioè gli Avvocati.

 Io, scendendo per andare in Calabria, porterò quella dichiarazione, - o la manderò!

 Emanuele non metta nessun altra condizione, che finirebbe di essere interpretata

quale imposizione o un ricatto morale.

 Non va, non si può, non si deve; i figli non fanno così: l’ho sempre detto. -

Se c’è da patire, si patisce, ma non si fa così, o miei fratelli nel Signore.

 Se amate Gesù Cristo e la chiesa, ricordiamoci che questo amore

deve costarci qualche cosa: Gesù Cristo e la santa chiesa si amano e si servono in croce

e crocifissi, - e chi non Li ama e non Li serve in croce, non Li ama e non Li serve affatto.

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 Date ascolto a questo povero sacerdote, che Vi ama sinceramente in Domino:

per la divina grazia, la risposta che Vi do è secondo Iddio; non la disprezzate, per carità:

ogni altro sbocco, non è secondo lo spirito e la diretta via del Signore.

 Sa lei, caro Morcaldi, come andò, e perché mi sono occupato

della faccenda Brunatto - Aluffi?

 Ecco: il primo o secondo giorno che, nello scorso febbrajo, ero giunto a Roma,

mi capitò in casa Emanuele. C’era gente, ma sentivo di dovermi trattenere

qualche momento con lui.

 Il Brunatto anche in faccia si vedeva come in orgasmo, eccitato, anzi accasciato.

 No ho sentito tanta pietà

 Mi parlò del processo Aluffi che lo disturbava, aveva gli occhi

pieni di profonda tristezza, avrebbe voluto uscirne, togliersi da quel gineprajo

(così io ho capito), essere libero per darsi tutto al lavoro della società Zarlatti,

che già lo assorbiva.

 Io non conoscevo il conte Aluffi, il quale, (mi disse Brunatto),

si rifiutava di fare una doverosa ritrattazione, della quale Brunatto dimostrava

che si sarebbe dichiarato soddisfatto.

 Io subito pensai come arrivare ad Aluffi, e lo dissi ad Emanuele,

e lo accompagnai poi sul pianerottolo della scala dove salutandolo,

egli mi guardò con uno sguardo che mi rimase nel cuore.

 Mi parve, ed era veramente, accasciato. Dissi tra me: mi butterò ad ajutarlo!

 E ci lasciammo, e gli dissi parole brevi, ma di conforto fraterno nel Signore.

 Poi andai un momento ai piedi del Tabernacolo, e ho pregato per Emanuele,

e che Gesù mi aprisse una strada ad incontrarmi col conte Aluffi.

 Intanto morì il cardinale Perosi, ma, prima ancora dei funerali,

mi ero messo in moto, sì che potei andare da Emanuele e dirgli che mi pareva

che Nostro Signore m’avesse aperta una strada da poter avere la dichiarazione onorevole

da Aluffi, e così levare a lui ogni pensiero del consaputo processo.

 Il Brunatto poi alla ritrattazione, della quale in un primo tempo

si sarebbe accontentato, aggiunse altre condizioni, sino ad imporre il nome

di una dato Vescovo ad Arcivescovo di Manfredonia - mise delle condizioni che,

a voler dir lo vero, col processo Aluffi hanno da fare come i cavoli a merenda.

 A parte più altre riflessioni e giudizî, ma esse, così come egli le ha messe,

sanno di vere e proprie imposizioni fatte all’autorità della chiesa,

ciò che la chiesa non potrà mai accettare, così come le pone lui, - è evidente!

cosa che un buon cristiano e figlio rispettoso della chiesa non fa.

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 Tuttavia di alcune di esse è parso a me, dopo aver pregato,

di non dovermene disinteressare, certo però non nel tono del Brunatto,

non quasi quale conditio sine qua non, ma «per il bene della chiesa», -

e lo ho detto al Brunatto: «Unicamente per questo

 Ho pregato, ho fatto pregare, ho detto anche ad Emanuele e a lei che vi andaste

a confessare per propiziare Iddio; ché, quando Iddio vuole, tutto si ottiene;

e dove sentivo che finiva la mia breve mano, là sarebbe cominciata la Mano di Dio.

 Certo chi più di tutto ha impedito e ritarda, è la mia grande miseria.

 E forse anche voi, o miei fratelli, avete bisogno, come vi dissi,

di avvicinarvi più cristianamente a Dio: allora otterrete ciò che è giusto,

ciò che è di gloria a Dio e di bene alle anime di quei paesi a voi sì cari.

 Datemi dunque ascolto.

 E non abbiate timore, ché giustizia verrà!

 Verrà come la sa fare Iddio. Iddio conosce le ore e i momenti: lasciate fare a Lui!

 Non tocca a noi a volerla imporre, a forzare la mano di Dio e della sua chiesa,

anzi guai!

 Lasciamo fare, o miei fratelli, dal Signore: Dominus prope est: il Signore è vicino:

Egli, pel tramite della santa Sede apostolica, giungerà misericordiosamente

nell’ora e nel momento opportuno.

 Da fratello e da sacerdote vi prego e vi supplico in X.sto di fare quanto vi scrivo:

questo è agire da cristiani, e questo vuole Iddio da voi.

 Non andate a cercare altro, per ora, perché andreste fuori strada,

con mio grande dolore e vostro danno.

 La Santa Madonna vi conforti, vi illumini vi benedica! -

Vi abbraccio fraternamente in X.sto


           Vostro Don Orione


 P. S.  Quello che scrivo è per voi, caro sig.r Avv.to Morcaldi,

ma forse è più per il mio caro Emanuele col quale devo sempre lottare in Domino.

Lo ho lasciato che non stava bene, e vorrei che, sinceramente,

mi dicesse come sta di fisico e più di spirito. Prego per lui: mi ubbidisca.

 Lo benedico in modo particolare perché viva e serva Gesù Cristo e la s. chiesa.

 Benedico con tanta e amplissima effusione in Gesù Signore la sua mamma:

sì, prego per essa, e la porto sempre con me fin sull’altare.

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