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Copia conforme
Spedita il 5 ottobre 1923
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Tortona Collegio Dante, il V ttobre 1923
Gentilissimo Sig.r Presidente,
Da Venezia i miei mi sollecitano a rispondere circa la firma del nuovo Convegno.
Finora
nNon ho loro
finora risposto perché, desideravo incontrarmi prima
personalmente con lei, sig.r comm.re, sicuro che, come sempre, non sarebbe stato
difficile intenderci; benché nella sua forma attuale il Convegno sia stato redatto e
mandato ad approvarsi all’Autorità Tutoria senza che neanche mi sia stato sottoposto.
Quello che già il mio Procuratore aveva firmato, non è questo
che ora mi si presenta a firmare.
Tuttavia se io sapessi, Signor Presidente, di avere a fare sino alla fine sempre
con lei e con gli attuali membri della Congregazione di Carità, firmerei quello e altro;
ma, chi può darmi tale sicurezza?
Nella Convenzione, così com’è, trovo modificazioni tali che non vorrei domani,
in mano d’altri che la interpretasse non secondo lo spirito che vivifica e unisce, ma,
secondo la fredda lettera che spesso divide e uccide, non vorrei, dico,
che mi diventasse un capestro.
Voglio essere, e voglio che codesti miei collaboratori siano senza limite devoti
alla
Congregazione di carità e affiatati con essa, e
specialmente voglio che il Direttore
si mantenga a contatto col Presidente e con i Procuratori; ma non devono essere servi
che della carità.
Devono avere cioè, nel governo interno, tutta quella libertà che è loro necessaria, e
che fu sancita dal primo Convegno; e ciò onde eliminare a priori quei malintesi e incidenti
incresciosi
che fanno del finiscono
di far male a tutti, e turbano il normale funzionamento
degli istituti a noi affidati.
Nelle espressioni di questa mia ella, Sig.r Presidente, vorrà vedere solo
la mia abituale lealtà e franchezza, e non altro.
Vostra signoria sa quanto grande è la stima che ho per lei e per i membri
di codesta on.le Congregazione di Carità.
Poiché,
però, mi si preme a rispondere, né d’altronde, m’è possibile
ora di venire a
Venezia,
né posso volendo io
continuare in un silenzio che, più a lungo, potrebb’essere
male interpretato, delego il don Sterpi a conferire in merito con v. signoria ill.ma,
nella piena fiducia che venga eliminato quanto potrebbe prestarsi a creare equivoci.
Con ogni ossequio, di lei, gentilissimo sig.r Presidente,
Dev.mo servitore
Sac. Luigi Orione dei Figli Della Div. Provvidenza.
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[minuta]
Gentilissimo sig.r Presidente,
Da Venezia mi sollecitano a rispondere in merito alla firma del nuovo Convegno.
Non ho finora risposto, perché desideravo incontrarmi personalmente con lei,
sicuro che, come sempre, non sarebbe stato difficile intenderci, benché esso nella forma
attuale sia stato redatto e mandato ad approvarsi all’autorità tutoria senza che neppure
io lo vedessi.
Se
Tuttavia se io sapessi di avere a fare sempre con la sig.ria
vostra e con gli attuali
membri
della Congregazione di Carità, firmerei quello e altro, ma trovo nel
nuovo
Convegno
così com’è stato redatto qualche
tali motivazioni che non vorrei domani quell
che
la nuova Convenzione, in mano d’altri,
che la interpretasse non secondo lo spirito che
unisce e vivifica, ma secondo la lettera che uccide, mi diventasse un capestro.
E,
francamente, ho voglia sì
di lavorare, ma non ho ancora voglia di farmi impiccare
da nessuno.
Io
e i miei Desideromo
che i miei si che i
miei siano senza limite devoti e affiatati
con
la Congregazione di Carità, ma, non
servi non siano dei
servi che della carità nel
governo
interno, liberi, che abbiano quella
libertà necessaria e non servi pure con tutto
siano
la vigilanza il controllo del Procurat
Presidente e dei Procuratori,
ma che nel personale e governo ci sia la libertà necessaria.
[esistono due minute non trascritte]
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