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[Espresso]
[Alla Distinta Signora
Maria Vittoria Risso
Corso Solferino,-Genova]
+ Anime e Anime !
Vigilia della Pentecoste
del 1923 XIX maggio
Buona Figliuola del Signore,
Grazia e pace a lei, alla sua ottima sorella e a suor Maria Fede, da parte di Dio
nostro Padre celeste, del Signore e Redentore e Dio nostro Gesù Cristo,
e dello Spirito Paracleto, Dio e santificatore delle anime.
Voglio farle giungere una parola per la dolce solennità della Pentecoste.
Pentecoste è parola greca che significa cinquantesimo. Era una festa solennissima
presso gli ebrei, come è festa solennissima presso i cristiani: due feste le quali,
quantunque diverse tra loro, sono analoghe per quella intima relazione che corre
in generale tra le figure del Vecchio Testamento, e l’adempimento delle medesime figure,
verificatosi nel Nuovo Testamento. La coincidenza poi dei due clamorosi avvenimenti,
riconferma assai bellamente la connessione che hanno tra loro.
Presso gli ebrei la Pentecoste era la festa della mietitura (Es. XXIII,16):
era la solennità della messe, e, poiché lo spazio che passava tra la solennità della Pasqua
e la solennità della messe era di 50 giorni, fu detta festa del cinquantesimo giorno
o sia Pentecoste. Era giorno solennissimo e santissimo. = Ma non è questo il lato
pel quale la Pentecoste ebraica ha relazione con la Pentecoste cristiana.
La tradizione ebraica dava a tale festa tanta solennità e carattere della più alta santità,
perché il popolo ebreo con tale festa intendeva e voleva ringraziare Dio
di aver data in questo stesso giorno, la legge sul monte Sinai.
E anche oggi gli ebrei chiamano la Pentecoste la festa della legge.
Ora, come gli ebrei solennizzavano colla Pentecoste la promulgazione
alla legge mosaica, così noi cristiani solennizziamo la promulgazione del Vangelo,
lo stabilimento della legge di Gesù Cristo e la fondazione pubblica della S. Chiesa,
avvenuta colla discesa miracolosa dello Spirito Santo sopra gli Apostoli.
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Questa discesa dello Spirito Santo è raccontata da San Luca negli Atti degli Apostoli,
al Cap. II, 1-21. Gli Atti degli Apostoli sono il secondo volume di un’opera della quale
il Vangelo di S. Luca è il primo dei due volumi. S. Luca è il «diletto medico»,
di cui parla S. Paolo più volte, - egli fu discepolo di S. Paolo, e il suo Vangelo
si può chiamare «il Vangelo predicato da S. Paolo»; come S. Marco,
discepolo di S. Pietro, ci tramandò «il Vangelo predicato da S. Pietro».
Il piano degli Atti degli Apostoli è appunto: questo: «Voi riceverete forza
quando lo Spirito Santo verrà su di voi, e mi sarete testimonî in Gerusalemme,
e in tutta la Giudea e Samaria e fino alla estremità della terra» (Cap, I, v.8)
Ma a lei, o Figliuola del Signore, sarà di ineffabile consolazione spirituale
il leggere divotamente in questi giorni il Cap. II degli Atti degli Apostoli,
ove viene celebrata la storia della Pentecoste cristiana, cinquanta giorni dopo la festa
della Resurrezione di n. Sig.re. La Pentecoste nostra è una delle tre principali feste
dell’anno, Pasqua-Natale-Pentecoste ed è di tanto superiore alla Pentecoste degli ebrei,
di quanto la legge di grazia è superiore alla legge mosaica, e quanto il compimento
dei nostri grandi misteri supera tutto ciò che n’era soltanto la figura.
Quali meraviglie non scopre la fede in questo mistero!
La terza Persona della SS. Trinità è discesa sopra gli uomini per riempirli,
con immensa e divina liberalità, delle sue grazie più abbondanti e dei doni celesti!
In questo giorno della Pentecoste nostro Signore dà l’ultima mano alla grand’opera
alla quale egli mirava in tutti i suoi misteri. È in questo giorno di Pentecoste
che Gesù si è formato un nuovo popolo di adoratori.
Oggi Iddio ha mandato il suo Santo Spirito sulla terra per rinovellare
la faccia del mondo, per creare la sua Chiesa, «conservatrice eterna del suo sangue
e Madre dei Santi», come la chiama il Manzoni proprio in quell’inno così sublime
che egli sciolse alla «Pentecoste».
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Oggi è la proclamazione non più della legge di giustizia del Sinai,
ma della legge di grazia, di carità, di misericordia!
La Pentecoste è il fine e la consumazione di tutto ciò che Iddio ha operato
e sofferto per l’umanità. Che gran giorno è mai questo!
E non è già la celebrazione di un mistero passato, come nelle altre feste,
ma è un mistero che continua anche attualmente, e si rinnovella, e si va compiendo
in noi stessi, pel mistero della santa Chiesa di Gesù Cristo.
E lo Spirito Santo discese, visibilmente, sulla Chiesa nascente
in un giorno di domenica, nella gran festa della Pentecoste degli ebrei;
affinché, in quello stesso giorno in cui Dio aveva dato l’antica legge sul Sinai,
essa fosse abolita dalla nuova.
Sul Sinai la legge fu data fra tuoni e lampi, con apparato tremendo;
e fu scritta su tavole di pietra per accennare alla durezza di cuore del popolo
al quale veniva data. la nuova legge, invece, essendo legge di grazia e di amore,
fu data dallo Spirito Santo, principio e fonte inesausta di carità,
e da lui scolpita nelle anime con tutta la dolcezza e incisa nello spirito,
cioè nei cuori degli uomini con segni tutti di santissimo e di divino amore.
Oh! preghiamolo nostro Signore che voglia scrivere nello stesso modo
la sua santa legge nei nostri cuori col dito della sua destra,
e di stamparvela si profondamente che non vi si cancelli mai più!
San Luca (Atti, II,3) parlando della discesa dello Sp. Santo sugli Apostoli, dice:
«E apparvero loro, separate le une dalle altre, delle lingue, che parean di fuoco;
e se ne posò una su ciascuno di loro; e furon tutti ripieni di Spirito Santo,
e cominciarono a parlare in altre lingue secondo che lo Spirito dava loro d’esprimersi».
Di questo fuoco aveva evidentemente già parlato nostro Signore (Luc. XII,49)
quando disse: «Io sono venuto a spargere il fuoco sulla terra, e che altro bramo io
se non che esso arda in tutti i cuori?» Era il fuoco della carità di Gesù Cristo,
era il fuoco dell’apostolato che ricevettero gli Apostoli e sparsero per tutta la terra.
E questo fuoco apparve sotto forma di tante lingue, perché gli Apostoli colle loro lingue
spandessero il fuoco della divina carità in tutti i cuori docili alla grazia.
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Queste lingue di fuoco, dice S. Bernardo, significavano ancora
che quando lo Spirito Santo mette la luce della fede e accende lo spirito di pietà
in un’anima, è come una lingua di fuoco che produce al di fuori, con tutti gli affetti
dell’amore divino, una diversità meravigliosa ed una effusione, che ad ogni ora rinasce,
di atti di adorazione, di lode, di obbedienza, di umiltà, di tutti gli omaggi, in una parola,
dello Spirito e del cuore.
Le lingue di fuoco erano anche una figura sensibile del dono delle lingue,
in grazia del quale gli Apostoli poterono farsi intendere dalle genti di tutte le nazioni.
«L’Arabo, il Parto e il Siro in suo sermon l’udì» dice il Manzoni.
Ma chi udirono? «La voce dello Spiro!» Era dunque lo Spirito Santo che parlava,
per la lingua degli Apostoli.
Le lingue di fuoco spartite significavano la carità (il fuoco)
e la diversità dei linguaggi. E «tutti furono ripieni dello Spirito Santo».
Il Divin Paracleto si sparse in tutte le loro potenze e su tutte le loro facoltà.
Empì di luce celestiale i loro intelletti: i misteri più profondi furono rivelati agli Apostoli:
diede fortezza e coraggio sovrumano al loro petto, perché propagassero il Vangelo
e
dare dessero il sangue
per la fede.
Essi ebbero una fede apostolica e un eroismo apostolico.
Diede loro doni interiori e doni esterni, e una santità singolare e, direi, superiore.
E la eloquenza di S. Pietro, sotto la ispirazione dello Spirito Santo,
bastò a illuminare nella fede, ad ammonire, a persuadere e a convertire,
in quella sua prima predica, circa tre mila persone,
le quali furono immediatamente battezzate. (Atti d. Ap. c. II, v.41)
Ecco la Pentecoste dei cristiani, e i doni sovrumani dello Spirito Santo,
di cui parla S. Girolamo nella sua lettera ad Fabiolam, ravvisandovi,
e facendovi un esatto parallelo colla manifestazione del Sinai.
È grande gioja cristiana la Pentecoste!
E il digiuno di oggi non è già, nello spirito della Chiesa, digiuno di penitenza,
ma jejunium exultationis! digiuno di esultazione!
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Oggi, benché vigilia, già si dice nella Messa il Prefazio della festa,
si leggono le profezie, si benedicono i fonti battesimali.
La Messa del giorno di Pentecoste ha la bella sequenza del Veni, Sancte Spiritus.
Nei secoli passati poi si suonava nelle chiese una tromba, come per imitare il rumore
venuto dal cielo. E in altre chiese si facevano cadere, a simboleggiare le lingue di fuoco,
delle foglie rosse rosse, onde il nome di Pasqua rosata venuto a questa dolcissima solennità.
Oh invochiamolo anche noi lo Spirito Santo!
Venga
egli sopra di noi, e dentro di noi, e, come fece degli
con gli Apostoli, e
così trasformi anche noi, miserabili, per l’infusione dei suoi doni! E ci faccia umili
e fervorosi servi e figli e missionari della carità!
E come il mistero della Pentecoste continua sempre invisibilmente nella Chiesa,
così discenda in noi e viva sempre in noi la carità abituale o la grazia santificante.
È
questo il primo e più invocat
necessario dono dello Spirito Consolatore
che noi dobbiamo implorare oggi e sempre.
Egli illumini la nostra mente col dono della intelligenza:
ci elevi col dono della sapienza al conoscimento delle verità divine.
La scienza, che viene dal divino Paracleto, ci porti a disprezzare i beni
e le bassezze della terra per la cognizione di Dio, e ci dia «quel gusto interno
come
dice scrive S.
Bonaventura, che riempie l’anima di soavità per cui disse il
salmista:
Gustate e vedete, quant’è mai dolce il Signore». (Ps. XXXIII)
Il dono del consiglio è la scienza sperimentale, e il piacere delle cose celesti.
Il Signore ci mostri pel suo consiglio le sue vie, regga i nostri passi:
ci guidi e preservi dai pericoli.
Discenda in noi quel dono della fortezza che è virtù cardinale:
la fortezza che rese invitti i martiri, e trasformò in eroine di Cristo tante deboli donzelle.
Venga su di noi e dentro di noi quella pietà soprannaturale che fa docile lo spirito,
e ignita di fervore santo l’anima: la pietà che l’Apostolo Paolo raccomandava tanto
al
discepolo suo Timoteo, dicendogli che essa «era
è utile per ogni rispetto,
in quanto che ha la promessa della vita presente e della vita a venire». (I. Tim. IV,8)
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Il timore di Dio, come dono dello Spirito Santo, è il timore di spiacergli
per l’amore che gli portiamo. È un timore che nasce ed è nutrito dall’amore di Dio.
I quattro primi doni guariscono, fortificano ed innalzano l’intelletto:
gli altri perfezionano la volontà e la informano alla pratica delle virtù.
Essi sono una spada ed insieme uno scudo di difesa per l’anima:
essi hanno fame e sete di giustizia, sentimenti di compassione e di misericordia,
purità di cuore, pazienza nelle tribolazioni, nelle malattie, nelle persecuzioni,
e una grande e soavissima pace di spirito.
Lo Spirito Santo è fonte divina di verità, di carità, di umiltà,
di consolazione, di beatitudine interiore!
Oh venga dunque su di noi lo Spirito Santo!
Spirito di verità, Spirito di orazione, Spirito di unione, Spirito di misericordiosissima
e di divina carità!
E la beatissima Vergine, che certamente si trovava in quella eletta adunanza
di
Gerusalemme, raccolta insieme con gli discepoli
Apostoli e i discepoli
e le pie donne in orazione, quando verso l’ora di terza (le nove del mattino)
venne di repente dal cielo quel suono, quasi vento gagliardo, e riempì tutta la casa
dove abitavano. La beatissima Vergine, madre nostra tenerissima,
e capitana della nostra nascente Congregazione, ci ottenga da Gesù tutti e copiosissimi
i doni e i frutti dello Spirito Santo, doni che ci dilatino di carità il cuore
come lo dilatarono a S. Filippo Neri, e ci ottenga di vivere affocati di carità
e di infiammare di divina carità tutte le anime!
E questo Spirito del Signore la conforti, o figliuola della carità di Gesù crocifisso,
nella sua malattia, e le dia pazienza e amore al patire per l’amore di Gesù crocifisso
e di Maria SS.
La benedico con le sue sorelle e parenti e con la suora.
E Gesù ci assista e consoli e ci benedica tutti, ora e in eterno!
Dev.mo in X.sto
Sac. Orione della D. Pr.
P. S. E la chiacchierata è finita!
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