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[+] Anime e Anime !
[Sanremo,] Vigilia di S. Lorenzo del [1]922
(9 Agosto [19]22)
Grazia e pace a te caro maestro, [Lorenzo Perosi]
Con
tutto l’antico e immutato affetto La
ti abbraccio in X.sto, fraternamente,
e ti invio i più santi augurî.
Ci unisca Iddio nel dolcissimo amore dei poveri e degli orfanelli,
dei
poverelli che sono i suoi degli orfani e
i più che sono i
piccoli e i più cari al suo cuore,
e
devono essere e sono e
sono nostri più cari
fratelli.
Ecco
l’augurio di quest’anno, o caro maestro e amico.
E
non disse al prefetto di
Roma ch e persecutore dei cristiani il Santo
levita
Santo
e diacono della santa chiesa romana
di Roma, il beato Lorenzo,
che
i poveri sono il tesoro della chiesa ?
di Gesù Cristo?
Or
che v
Uniamoci nella carità e nel lavoro a fare del bene ai poveri di Cristo
che sono nostri fratelli.
Ecco
dunque l’augurio di quest’anno, o mio
indimenticabile amico e maestro.
E che varrebbe tutto il resto, se non avessimo la carità?
Ora
m’hanno detto
Ora,
Anzi, a proposito della carità, con umile amore di
fratello
io
debbo devo dirti che mi
venne riferito da una signora dama di
Roma che nel parlare
tu ti lasci trasportare oltre i limiti della carità del Signore e vai fino a giudicare
la
e a lacerare il seno della santa chiesa cattolica,
nostra madre.
E
Or che varrebbe mai tutto il resto, se non avessimo
la carità?
E
Aanche nella verità ci
vuole la carità, e onde
Paolo ha una frase potente:
Facere veritatem in charitate. (Efes. IV, 15)
Anzi,
a proposito della di
carità, permettimi, caro maestro,
che con umile amore di fratello in Cristo, io ti dica il dolore che ho provato
quando
mi venne m’è stato
riferito che tu nel parlare tu, talora,
ti lasci, talora,
trasportare
oltre i limite della carità del Signore, e
trascendi sino e e rompi la carità
sino a trascendere, a giudicare e a lacerare il seno della chiesa di Cristo nostra madre.
Or che questo che fai, caro don Lorenzo?
Se
ciò che mi fu detto fosse mai vero,
deh! io ti prego di non voler fare più
così,
di non erigerti mai più a giudice della chiesa di Gesù Cristo.
E
non sai che ch’essa è
la nostra madre? la madre della nostra fede
e della nostra anime?
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E non senti nella tua nobile anima che un buon figliolo
deve
aver sempre avere un
manto d’amore, un grande manto di amore filiale
da coprire
i difetti di sua madre?
Oh
Gguai a chi irride,e
inveisce denigra o leva la mano contro sua
la madre sua!
Maledictus
a Dei qui exasperat matrem.
Voglio dire con ciò, o caro don Lorenzo mio, che non ci devono turbare lo spirito,
né
portare fuori della verità, fuori della carità, fuori lontano
dalla chiesa,
quelle
inevitabili debolezze umane, quelle fragilità
manchevolezze o quelle piaghe,
se così le vuoi chiamare, che noi pur troppo e dolorosamente scorgiamo talora
nell’elemento
umano della chiesa cattolica, e talora anche in quelli
taluni
che siedono in alto loco nella chiesa stessa. Omnes fragiles sumus!
Caro
maestro e amico degli anni più belli, perché scandalizzarci
ci
scandalizzeremo e e scandalizzare
scandalizzeremo colle nostre chiacchiere gli
altri,
e
fare danno ai pusilli? i fratelli, specialmente i più
semplici?
Omnes fragiles sumus!
Nel giudicare gli altri, l’uomo s’affatica senza alcun pro, spesso sbaglia
e di leggeri pecca; non sarebbe meglio considerare la nostra fragilità! esaminare
e giudicare noi stessi?
Del non doversi giudicare gli altri il Vangelo fa un precetto, e v’insiste,
perché
la mala passione ci trascina e ci ne
escono quei tanti pregiudizî crudeli
che appestano il mondo. Il divino Maestro dice: Nolite judicare. (Matt. VII, I)
e lo dice a chi, sotto maschera di zelo e di giustizia e di religiosità,
il giudizio suo fa precipitoso, passionato, superbo.
Or vediamo un po’, caro don Lorenzo,
se
non noi avessimo peccato così contro la carità.
e contro la chiesa? Perché
Or perché non passerà Cristo per l’anima nostra? e invece di blaterare
non
preghiamo pregheremo,
noi e non facciamo noi, faremo
umilmente
e
silenziosamente il nostro dovere di cristiani? e non facciamo
faremo penitenza e per
noi
e
per gli uomini di chiesa i
nostri fratelli uomini?
Perché
s Scandalizzarci? Omnes fragiles sumus!
Ma
Non pensi tu, caro don Lorenzo, che, bene spesso, chi
si erige a maestro
e va
sentenziando, e condanna la chiesa su questo e
o su quello molte volte
bene spesso,
con
deplorevolissima e vanitosa leggerezza, e
senza serenità d’animo, o per alterigia
e
fina superbia di spirito, e non
sai tu che, chi s’impanca a riformatore di
Chiesa
della
chiesa - non potrà durare molto nel bene: e
cederà alla tentazione
e
presto darà dentro alle reti del diavolo? Sse
bene guardasse sé stesso,
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se
bene conoscesse sé stesso, -vedrebbe abissi profondi di
miseria morale entro di sé
e debolezze e cadute forse d’ogni fatta!!
Ah
chi si conoscesse bene, come si
terreb come dovrebbe confessare
la propria ignoranza, il ché e dovere di coscienza non tanto religiosa, quanto umana,
e come terrebbe a vile sé stesso!
Chi conosce sé stesso, caro don Lorenzo si fa prima umile riformatore di sé:
non
pregiudica la sua coscienza col molto parlare, o
se parla e si dà fervorosamente
ad emendare la sua vita e ben trova di che riformare.
qQuanto
amor proprio da riformare sradicare
in noi! quanta fatuità nella nostra vita!
quanta
vanità! e quanta ignoranza! E poi pretendiamo di
di metterci innanzi
a uomini venerandi per virtù, per dottrina, e fin di riformare e picconare
la chiesa di Gesù Cristo!
Dio
mio, che cecità è la nostra! Ah avremmo bene da vergognarcene
davanti a Dio,
e
davanti alla nostra
coscienza e davanti agli a
tutti gli uomini onesti!
caro
amico, Omnes fragiles sumus!
Purtroppo,
è così; ma per nessuno
è più fragile di colui che si crede così
così forte
e
così perfetto da potersi mettersi
levare innanzi alla chiesa cattolica sua madre,
e
la pretende a e coprendola di ingiurie, pretendesse
farli a farsi
riformatore dei dogmi,
di essa, della divina costituzione e della disciplina di lei! Omnes fragiles sumus!
Tutti siamo fragili, caro don Lorenzo, ma sempre e umilmente
dobbiamo pensare che non v’è uomo più fragile di noi. L’Imitazione di Cristo,
questo «sublime libro religioso», come l’ha detto il Carducci, dice: «Reputare sé un nulla,
e degli altri avere sempre buona e alta stima, è grande sapienza e perfezione»
E poi aggiunge: «E se tu vedessi qualcuno peccare apertamente o commettere gravi falli,
non ti dovresti perciò credere migliore di lui, perché nessuno t’ha detto
quanto tu possa perseverare nel bene.»
Maestro e fratello dolcissimo in X.sto, non ti chiedo scusa di scriverti così,
perché sento che ti offenderesti; se l’antico amico così non ti parlasse;
se
io così non facessi sento che, sovra
tutto verrei meno cristianamente
al dovere della fraterna carità.
E ti parlo coraggiosamente, com’è doveroso ch’io faccia, ma voglio sia -
com’è nell’anima mia, - con umile e dolce carità di fratello.
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Tu sai, o don Lorenzo, quanto ti sono teneramente affezionato,
e sai che la mia stima per te è grande quasi come grande è il mio amore in Domino
per l’anima tua.
E
questo che ti t’ho
detto, fraternamente e con semplicità di cuore fra te e me,
«inter te et ipsum solum» «fra te e lui solo» come vuole il Vangelo (Matt. XVIII, 15)
l’ho detto non ut confundam te, non per confonderti, ma per salvarti, e perché ti amo,
e te lo dico nella più dolce intimità dell’amicizia cristiana, che è il bello
della vera fratellanza.
E il Signor nostro Gesù Cristo ti illumini, ti consoli e ti conforti:
il Signore apra il tuo cuore all’amore di Dio e alla costanza di Cristo nell’umile fedeltà
e devozione senza limite filiale alla santa chiesa cattolica, nostra madre e al Papa,
quale
a Vicario, in terra e
del nostro Dio e Signore Gesù, che la grande Caterina da Siena
soleva chiamare con amore «il dolce Cristo in terra»
Ed ora, caro don Lorenzo, prega per me, che Iddio benedetto mi tenga ben ferme
le
mani sul capo, e mi tenga um mi
faccia umile e fedele in eterno ai piedi
della
sua santa chiesa. E
lascia che ti abbracci in osculo sancto, ed abbimi, sempre,
quale
sono, sem per l’amico
sincero e antico della tua vita e per tuo fratello in X.sto
e nella Vergine Celeste.
Sac. Orione
¨