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[+] Anime e Anime !
Tortona, 24 / 3 [1]1928
Caro Guido, [Barbati]
La grazia e pace di N. Signore Gesù siano sempre con noi!
Mi alzo da letto per scriverle, - ho un po’ d’influenza, ma già sta passandomi,
e Deo gratias! Sì, caro Guido, non io miserabile, ma la Divina Provvidenza
ha aperto nella festa di San Giuseppe una sua quarta Casa in Genova, per poveri vecchi
abbandonati da tutti o malati senza cure o rifiutati dagli altri Istituti di beneficenza.
Erano già sette, ma qual giorno ne ho accettati altri, uno cieco, un altro sordo-muto
e altri, - e spero domani di trovarne almeno già 14, tanti come le Opere di Misericordia.
Alcuno
Alcuni ce li siamo andati a prendere con le barelle
della Croce Verde,
perché già malati da letto. Deo gratias!
Aiutami, caro fratello Guido, a ringraziare il Signore e a ringraziarlo in eterno!
Domani ritorno a Genova per dare l’abito da chierico al rag.r Adriano Calegari,
medaglia d’argento, impiegato al banco Roma, che entra tra i figli
della Divina Provvidenza: lo vestirò a Quarto dei Mille tra i nostri poveri
del Piccolo Cottolengo, poveri di tutti i generi: storpi, ciechi, epilettici ex carcerati,
orfanelli malate, deficienti, senza gambe etc. Questi sono i tesori di Dio
Che bella festa sarà! Vedere un’ufficiale dell’Esercito, medaglia d’argento,
impiegato con alto stipendio, lasciare tutto per darsi umilmente all’apostolato della carità!
Il Pettinelli Pietro è bell’è accettato nel nome di Dio benedetto. Venga pure.
Unisco una lettera che egli presenterà a Quarto dei Mille, dove, per ora, la indirizzo,
poi la vedrò, e combineremo meglio.
Sono tanto contento che i nostri figli nel Signore (e dico nostri perché anche tu,
caro Guido, devi averli in Domino come fossero tuoi), abbiano fatto un po’ di festa
alla sig.ra Giuseppina.
Io non le ho mandato personalmente gli augurî ma nella santa Messa, celebrata
alla Casa del Piccolo Cottolengo di Marassi (Genova) la ho particolarmente ricordata
a Gesù alla Madonna e a San Giuseppe.
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Me io prego anche per te, sai, e assai più che tu pensi,
e prego per colei che Dio ti ha data a sposa, e ti raccomando di volerle bene nel Signore,
e compatirvi tra di voi, poiché per quanto siate buoni, tutti abbiamo i nostri difetti.
Tu lo sai, fratello mio, quello che dice la santa Scrittura, e propriamente l’apostolo Paolo,
nella lettera che egli ha scritto ai primi cristiani di Efeso, - e pare abbia scritto tale lettera
proprio da Roma, durante la sua prigionia. - l’apostolo di Gesù Cristo dice dunque:
Capo V) «Mariti, amate le vostre mogli nel modo che anche Cristo
ha amato la sua chiesa ed ha dato sè stesso per lei affin di santificarla,
dopo
averla purificata col lavacro dell’acqua mediante la parola, per
far eEgli stesso
comparire dinanzi a sè codesta chiesa, gloriosa, senza macchia o ruga o altra tal cosa,
ma che sia santa e immacolata. Così devono i mariti amare le loro spose,
perché sono i proprî corpi. Chi ama la sua sposa ama se stesso. E nessuno, certo,
ebbe mai la propria carne in odio, ma la nutrisce e n’ha cura, nello stesso modo che Cristo
fa per la chiesa, poiché noi siamo membra del corpo suo. «Per questo, lascerà
l’uomo padre e madre, e si stringerà alla sposa sua, e saranno in due una carne sola».
Questo mistero è grande, - parlo di Cristo e della chiesa. - Così dunque
ciascun di voi individualmente ami la sua sposa come se stesso; e la sposa abbia
in riverenza il marito.
Io
non ti scrivo già questo, o caro Guido, perché dubiti in alcun modo
modo
che tu non sua un marito cristiano perfetto, ma, avendovi io sposati, prego per voi,
perché sempre viviate in Domino e sempre più santamente, compatendovi
e confortandovi a vicenda in grande unione santa di cuori, in preghiera e consensione
delle volontà, e con la vita piena di pietà e di carità. Anteponete il santo timore di Dio
alle ricchezze di questo mondo, e sarete contenti e avrete la benedizione del Signore.
Io molto prego per voi, perché avendovi uniti nel Signore,
mi pare di avere speciale obbligo di ricordarvi sempre al Signore.
E voi pregate qualche volta per me. Mi ha scritto anche la sig.ra Giuseppina,
ma non le ho potuto ancora rispondere, ora vado a rimettermi sul letto, perché ho febbre.
Tu, caro Guido, Le porterai le mie scuse, che non ho scritto io per S. Giuseppe,
lasciando fare a don Sterpi.
E scusami con essa che anche ora ho scritto sì a lungo a te,
che non mi sento più di scrivere ad essa.
Don Sterpi è a Novi, al Collegio San Giorgio.
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Ai
figli delle Sette Sale non né
agli altri non dite nulla, perché io sto bene, -
oramai sono in gamba, e domani dovrò andare a Genova, e c’è la Madonna che ci penserà.
Benedico in Gesù Cristo crocifisso a te, caro figliolo, alla tua moglie e vostri cari,
alla sig.ra Giuseppina, ad Albino, ad Augusto, a tutti: Gesù sia sempre con noi.
Pregate tutti per me, e abbiatemi per vostro servo in Gesù e Maria SS.
Sac. Orione d. D. P.
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