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[grafia di altri]
Tortona, 11 Settembre 1922
Anime e Anime!
Nobile sig.ra Carlotta Celesia,
Ho ricevuto la sua del 6 sett.bre con ogni altra sua. Ho mancato a non scriverle,
ma
non m’è mai passato di
in animo di non farlo, ed anzi sentivo dispiacere
di non poterlo fare, e mi riserbavo di venire al suo ritorno da Caselette,
e appena mi fosse stato possibile.
Ritengo anch’io che si debba addivenire ad una definitiva sistemazione,
ma non è ciò a cui ella accenna che mi preoccupi.
Solo per l’esperienza di più anni vedo che senza libertà di azione
non potrei dare sviluppo all’istituzione che nominalmente mi si volle affidare,
onde reputo opportuno ritirare le suore, lasciando a v. signoria
di disporre come meglio crede all’avvenire della sua fondazione.
D’altra parte mi permetto dire che non mi pare onorifico
neanche per il nome del Paolo né per la rispettabilità di casa Celesia
che l’opera debba rimanersene così rachitica, limitata com’è ad un numero
quasi ridicolo di orfani.
Scrivo con l’animo molto sereno e tranquillo, e molto pensato.
Ella, sig.ra donna Celesia, vorrà ricordare che, da quel giorno che dal notaio
a Milano si decise a chi intestare la Casa, io dissi chiaramente che
«non avevo attacco ai mattoni, ma che avevo bisogno di ogni più ampia libertà»
ricorderà che né quando c’incontrammo a Milano né poi, non le ho mai chiesto altro.
Sia la casa paterna Paolo Celesia eretta in ente morale o non sia, a me poco fa:
non cerco roba e denaro, io cerco anime. - Non ho, grazie a Dio,
i pregiudizî che altri ha: - datemi la libertà più ampia di educare
all’onesto vivere cristiano e civile: datemi quella libertà governo interno
e di amministrazione, quella libertà di poter dare sviluppo alle opere,
che poi non è altro che la possibilità - non angosciata - di dare in mano agli orfani
un’arte e un pane onorato, e di farne degli onesti lavoratori, dei cittadini probi,
degni figli del Paese, ed io mi sbrigo di molte viete opinioni,
anzi sento che da anni le ho già superate. Però ho bisogno di questa libertà,
senza cui non si educa e non si vive.
Io resto o vado solo là dove mi si dà questa libertà,
e dove mi si dà senza reticenze, intera, liberamente.
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Penso che, se fissato quel numero di orfani che casa Celesia voleva mantenere,
mi si fosse lasciato più libero, a quest’ora la casa paterna sarebbe più fiorente
sotto parecchi riguardi, e nel campo della beneficenza di Como avrebbe affermata
la sua esistenza - ora presso a che ignorata - in modo più degno e più rispondente
allo spirito alto e largo di carità del compianto sig.r Paolo.
Ma si è dato alla casa paterna un’impronta troppo angusta, mi pare,
e vi manca quel soffio vivificante e largo di fede e di divina carità
che deve essere l’anima delle Case tenute dai figli della Divina Provvidenza:
vi è la prudenza del secolo, ma poca, troppo poca prudenza secondo Dio. -
Don Orione avrebbe certo dovuto fare molto di più, però deve anche dire
di essersi sentito molto soffocato e legato e a disagio, -
e con un piede entro e l’altro fuori, fin ab initio.
Esuli esenti da quanto dico ogni lontano pensiero di offesa, di lamento,
di riferimento: sento d’aver l’animo come quello d’un bambino,
e Iddio m’è testimonio che piuttosto vorrei morire che offendere o contristare un’anima.
Ho pensato anzi per un momento se non era meglio ritirarci silenziosamente,
come già si ritirarono le Cavallini. - Ma poi ho riflesso che questo silenzio
poteva essere di danno all’avvenire della istituzione, in qualunque mano essa passi.
Le chiedo scusa se nella rudezza della forma, posso avere trasceso:
la mia stima è sempre molto grande verso di lei.
Sta scritto che «altri semina e altri miete», io, sono già lieto d’aver seminato
nell’ora prima di codesta opera un po’ di buona volontà, - e formulo i migliori voti
pel suo prospero avvenire.
Ella voglia significarmi quando posso ritirare le suore, e restiamo buoni amici,
perché, col divino aiuto, nulla, spero varrà a diminuire in noi la unione dello spirito
nella carità di Gesù Cristo.
Voglia gradire, nobile signora Celesia, ogni mio devoto ossequio,
e la benedizione che invoco da Dio su di lei, sui suoi figli e sulla casa paterna.
Suo dev.mo servitore in X.sto e in Maria SS.
Sac. Luigi Orione
della Divina Provvidenza
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