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Bisogna che spedisca senza poterla rivedere, scusate tutto.


 +         Anime e Papa !

          Noto, 8 Ottobre 1898


 Veneratissimo padre in Gesù Cristo, [Mons. Bandi]


 Mi pare un anno di non aver più scritto a vostra Eccellenza,

e adesso sento che il cuore ne ha proprio bisogno.

Capisco che sono stato indiscreto a scrivere quelle lettere così lunghe,

mentre vostra Eccellenza ha tanto lavoro, ma cosa vuole? io non finirei mai,

e voi, o caro padre mio, vogliate compatirmi anche in questo.

D’ora in avanti farò di essere più breve.

 Mi prendo la libertà di spedire a vostra Eccellenza alcune bottiglie di questo vino,

che è diverso dal nostro, e mando anche un po’ di frutta che c’è da queste parti.

Jeri un canonico di questa Cattedrale mi ha regalato un suo libro,

io lo mando a vostra Eccellenza, e voi ricevetelo o carissimo padre nel Signore,

in segno dell’affetto figliale che sento per voi.

 Qui finalmente gli esami governativi che vi tennero piuttosto occupato

nei giorni passati sono finiti: le scuole regolarmente incominciano come le governative.

 Ora le devo parlare di cose molto importanti.

 Prima di tutto non so come esprimere ciò che ho sentito nel mio cuore

al ricevere una seconda lettera da vostra Eccellenza.

 Io sono fin confuso davanti alla bontà che voi, o padre mio nel Signore,

vi degnate di dimostrare e me servo vostro

e servo inutile e indegnissimo di essere sacerdote e di chiamarmi vostro figliolo.

 Ma nel modo grande di trattarmi io mi conforto in voi,

ammirando la vostra grande umiltà nel degnarvi voi di dimostrarvi così grande

con un povero peccatore come sono io.

 Vorrei rinnovarvi tutti i momenti tutta l’offerta della mia volontà

e di tutta la mia vita nelle vostre mani per la salute mia e per la gloria

del mio carissimo Signore, e se qualche cosa posso aggiungere a ciò che nelle altre lettere

ho già detto, vi dico, o caro padre, che intendo vedere in voi il Signore, come lo vedo,

e voglio colla grazia di Gesù fare per voi tutto ciò che farei per Gesù, ubbidirvi

non solamente, ma essere vostro anche in ciò che voi non credete di comandare

ma che potete desiderare, precisamente come farei per ciò che vedessi

che desiderasse Gesù.

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 E questo mio essere tutto vostro nelle vostre mani in tutto, dalla volontà

fino agli stracci che ho indosso, o che hanno indosso i Figli della Divina Provvidenza

voglio che sia, come sento che per grazia di Dio e, tutta una consumazione di carità

verso Gesù e le anime e il caro Papa, e di amore verso voi, o padre mio nel Signore

e più che padre vivo rappresentante di Gesù per l’anima mia e per tutto me

e la povera Opera della Divina Provvidenza.

 E adesso che ho detto questo, e che dico proprio con tutto il cuore di sacerdote

e di figlio vostro nel Signore con la ferma volontà di darmi tutto a Gesù,

dovessi fare qualunque sacrificio, pure di essere tutto suo, e di poter consumarmi tutto

e più presto che sia possibile per Lui: - io vi supplico, o caro padre mio

di ricevere la mia volontà che pongo nelle vostre mani come nelle mani

del mio carissimo Signore e amore Gesù e di volermi umiliare

e fare tutto ciò che voi volete, e gettarmi dove credete come fango nelle vostre mani,

basta che mi otteniate da Gesù che io lo ami, e che arda e che mi consumi di amore,

e che patisca per amore e che mi liquefai di amore e più e più ancora

poiché morire di amore è troppo poco, o caro padre.

 Ah mi sento che non mi sono spiegato bene, ma voi,

o padre mio voi siete il Vescovo del sacro cuore, che vuol dire il Vescovo della Carità,

e saprete compatirmi questo linguaggio che pure è tanto lontano

da ciò che si vorrebbe dire, e voi saprete comprendere la mia povera anima

e la saprete fare satura di quella carità grande e infinita che avete

dal cuore ardentissimo di Gesù.

 Io temo di avere fatto atto di superbia nello scrivervi queste espressioni,

e la grande sete inestinguibile e il grande fuoco che sento,

e vi prego di avere misericordia di me, e di umiliarmi più che potete,

e ve ne prego proprio per il sacratissimo cuore di Gesù.

 Ah nei giorni passati fui tanto tiepido mentre sentiva che Gesù ardeva di più

e si consumava per me e pativa per me una nuova passione ma più atroce della prima,

perché questa era come una passione di amore più unicamente che quella,

e mi premeva il cuore, ed io col cuore lo fuggiva e lui non mi lasciava

e mi veniva dietro, ed io fuggiva ancora e lui mi veniva dietro di più,

tanto che io aveva vergogna da lui, e la vergogna era di non averlo più amato

e d’aver lasciato l’amore vivo d’unione con lui e pativa di non essere più tutto suo

nell’unione intima di consumazione d’amore di prima, e lui pativa di più

perché io stava freddo ed io lo vedeva patire e pativa e non mi sapeva avvicinare

cioè non sapeva come fare, ed ora lui mi ha vinto e si è unito per sempre

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ed io per sempre a lui, e lui non patisce più, ma io vorrei morire tutti i momenti di amore

e patire la morte dell’amor suo per dirgli che son suo,

e per dirgli che son suo gli dico che son vostro e allora lui mi satura di più amore

di cui il cuore sembra morire, ma di cui vive, e senza di cui non può più vivere,

o caro padre, ed in questo momento sento che l’amore di lui

mi porterebbe a morire per voi per morire per lui, perché tra voi e lui

non c’è più differenza e l’amore di voi è lo stesso che l’amore di lui.

 E in questo momento mi viene il timore di subire la tentazione di dire a voi

questo per superbia, e ve lo dico per sconfiggere me stesso e il nemico,

e pure temo che sia ancora anche quest’ultimo superbia.

 Pregate per me, o caro padre, io nel lavoro e nella tentazione mi conforto

pensando al Paradiso che pagherà tutto, e alla mia cara Madonna e a Gesù

sospiro e amore di tutta la vita.

 Ah spero proprio, o caro padre, spero proprio nella misericordia del Signore

di esservi fedele fino alla morte e di trovarmi con voi anche ai piedi della Madonna

e del cuore del mio Gesù in Paradiso.

 Adesso ho un’altra cosa da dirvi, ed è questa:

 Questo santo Vescovo vorrebbe fare testamento

e lasciare alcuni vasti possedimenti all’Opera della Provvidenza.

Sono stato con lui a visitarli, e renderebbero fra qualche anno 12000 lire all’anno.

 Vorrebbe ancora lasciare in testa di alcune persone di fiducia dell’Opera altro,

per essere più sicuro che sarà fatta la sua volontà dopo morte.

 E siccome ha fabbricato un vasto Seminario che gli costerà un 200.000 mila lire

con attorno buonissimi possedimenti e fabbricati, ma fuori città, lui dice così: -

«Se i miei successori volessero riportare ancora in città il Seminario

al posto dove ora è il Convitto, dove era prima, tutto quel Seminario da me fabbricato

e mio e dove riposano tutti i miei e dove riposerò io

voglio che sia dei figli della Provvidenza che preghino per me sulla mia fossa,

e là se ne faccia Collegio, se ne faccia quello che si crederà basta che sia della Provvidenza

e preghino per me»

 Così, o quasi così, mi parlava il Vescovo.

 Io non so cosa rispondere, se credete, o caro padre, di dirmi quello che devo dire

pel momento io lo dirò, poi vorrei da vostra Eccellenza e spiegherò meglio le cose.

 Io sono in tutto nelle vostre mani, e farò tutto come direte voi di fare.

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 Qui c’è un grande movimento verso la povera baracca

che è l’Opera della Divina Provvidenza: varî sono sacerdoti e chierici

che domandano di unirsi. Il Vescovo lo sa e ne è lietissimo, ma io tremo tanto,

o caro padre. Forse questa gente crede una cosa, mentre è l’altra,

pensano che si sia uomini di Dio, ed ho timore che il demonio si serva dell’inganno

su questo punto per ingannare queste buone anime.

Il Vescovo mi ha detto di accettare almeno 3 o quattro altri chierici,

io ho detto che avrei scritto a voi. Alcuni fanno teologia. Ci sono anche alcuni secolari

di oltre vent’anni che insistono, e mi paiono buoni: - sia fatta la vostra volontà:

io sarò sempre contentissimo di tutto ciò che mi direte.

 Il Vescovo mi ha detto che benedirebbe tutti i suoi chierici se anche tutti venissero

e che verrebbe anche lui: - io vi dico che non vedo l’ora di levarmi di qui,

dove mi trovo esposto ai pericoli della superbia, e ho grande tremore che mi vinca:

qui mi trovo in grande pericolo su questo punto, mentre voi sapete

che io non so neppur leggere il latino della Messa e non lo capisco neppur tutto

benché così facile.

 Ma gli ignoranti sono più facili a lasciarsi insuperbire.

 Se voi vorrete dirmi ciò che devo fare per questi che domandano,

e che sono i migliori chierici, sembra, del Seminario e che anche il Vescovo raccomanda

io farò coll’aiuto di Dio.

 In questo momento ricevo un telegramma da cristiani,

si trovano a Catania e arriveranno domani. Qui c’è stato vento,

è una stagione poco propizia per viaggiare in mare, almeno così dicono qui.

 Sento adesso che la frutta non potrò spedirvela subito, per ora vi mando il vino,

la frutta verrà quanto prima.

 Gli esami dati presente la Commissione mi assorbì tutto nei giorni passati

e non ho ancora potuto scrivere alla mamma di vostra Eccellenza, il ché farò quanto prima.

 Bisogna proprio che finisca perché questi figli di qui sono molto più chiassosi

e litigiosi che i nostri: tutti i momenti rissano e bisogna sempre esserci in mezzo.

 Vi scriverò appena sîano qui gli altri e mi trovi un po’ più libero.

 Vi bacio con tutto l’affetto di figlio la mano e vi supplico di pregare tanto per me

e per tutti i poveri figli della Provvidenza: noi qui dopo la preghiera del Papa,

abbiamo in comune la preghiera per voi mattino e sera e abbiamo diffuso il vostro ritratto

tra tutti i figlioli.

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 Ricevete le nostre preghiere come il segno della nostra figliolanza,

e vogliate benedirci tutti come vostri figlioli.

 Aff.mo in Gesù


            Don Orione

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