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 +         Instaurare omnia in Cristo


 Mio caro e buon Padre,


          la sera del 6 / 2 [1]908


 Sono giunto stasera, e ho trovato verso le otto la lettera di vostra Eccellenza rev.ma:

sit Nomen Domini benedictum!

 Ho rimesso le due che erano accluse, e, perché tardi, vi scrivo, non potendo venire.

 Vi ringrazio e vi benedico di tutto: io sono lietissimo in Domino di tutto,

e sia benedetto il Signore di tutto; - voglio riposare nel Signore e sento,

per sua grazia un’illimitata fiducia nella sua bontà.

 Sento, purtroppo, che ciò che avete detto è nulla, in paragone della mia miseria

e della mia superbia, e vi supplico di pregare per me, come io faccio indegnamente

per vostra Eccell. rev.ma ogni giorno; sì, sento che sono veramente un grande peccatore,

e coi miei peccati chissà quanti bei disegni della Divina Provvidenza ho rovinato:

sono indegno di essere figliolo di Dio e suo sacerdote.

 Voglio amarlo almeno d’ora innanzi più che potrò, voglio consumarmi

nella sua divina carità, umiliandomi: voglio vivere e morire da vero figlio

della santa chiesa, e mi affido pienamente ai vostri santi piedi,

come roba della santa madre chiesa cattolica.

 Non vi parlerò più di certe cose, no, non vi darò dei dispiaceri.

 Quello che vi ho domandato ripetutamente in questi giorni,

l’ho fatto come un figlio a suo padre, e ve l’ho domandato per amore di Dio;

l’altro jeri mattina poi credeva proprio di recarvi una consolazione

con la notizia della parrocchia di Roma; - era cosa che già sapevate da oltre un anno,

e ve ne ho scritto lungamente e parlato dopo l’udienza privata del dicembre passato,

non quest’ultimo.

 Sia fatta la volontà del Signore, non voglio altra cosa.

 No, non vi darò dispiaceri, benché senta di essere un peccatore miserabile,

e tremi a pensare che posso cadere, e che ve ne posso dare; tuttavia; credetemi,

perché tra me che scrivo, lietissimo e afflittissimo ad un tempo,

il Signore nostro Gesù sacramentato, non c’è che pochi passi,

e Lui vede e sa che non mento: no, con la sua grazia non vi darò dei dispiaceri.

 Se v’accorgete che per la mia debolezza ve ne darò; piuttosto cacciatemi via.

 Io crederei che andando via da Tortona il Collegio e tutto si metterà meglio,

come fu l’anno che si fermò qui don Sterpi, che subito prese una forma più civile.

 Se credeste dunque che qui metta un altro, lo metterò:

Vi darò la lista dei sacerdoti, scegliete quello che credete meglio per la Casa: -

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io quelli che non pagano un po’ alla volta li porterò via,

e tutto questo farò molto quietamente, che nessuno se ne accorgerà.

 Che, se per bene mio e della diocesi, credeste di prendere a mio riguardo

anche una misura più radicale, - sarà sempre poco per i miei peccati

e non cesserò di benedirvi, ma ditemelo e nessuno saprà niente né ora né mai,

me ne andrò quietamente lasciando il cuore a Tortona, dove il Signore

e voi per la s. chiesa avete abbondato in misericordie, e pregherò per voi sempre,

come un figlio può pregare per sua madre.

 E amen! Sit Nomen Domini benedictum!

 Domani sera dovrò venire da v. Eccell. rev.ma con un altro

perché ci siamo trovati in due a fare una commissione dolorosa di vostra Eccellenza;

ma non vengo per me, non le parlerò di cose che possono darle dolori.

 Invoco la benedizione, e bacio con affetto di figlio il sacro anello.


         Dev.mo sac. Orione  d. D. P.


 [P. S.  Sono stato a Sanremo perché c’è un sacerdote del Convitto

malato grave di polmonite]

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