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[A Sua Eccell. Rev.ma
Monsignor Vescovo - Città]
+ [Tortona, li] 22 / III [19]18
Mio buon padre in G. C.,
Nessunissima difficoltà di accogliere il ragazzo di cui nella lettera di stamattina.
Solo vorrei:
I/ Sentire il don Barco. Ho sempre tanto desiderato che tra i Seminarî della diocesi
a questa baracca della Div. Provvidenza ci avesse non solo buona relazione,
ma quella bella unione dei cuori, e, da parte mia, una tale quale dipendenza,
come di fratello più piccolo coi fratelli maggiori.
Ci fu sempre buona armonia, ma oggi, che mi si dà occasione,
io ringrazio vostra Eccellenza di un suo atto che ho sentito e altamente apprezzato,
di avermi cioè mandato, in principio d’anno, a far quelle due chiacchiere ai chierici,
perché quello servì ad unire sempre più gli Istituti della diocesi nella carità del Signore.
2/ Amerei anche che detto chierico, deponesse l’abito, almeno per un anno,
e che pagasse qualche cosa di più che al Seminario. Io non lo conosco,
e non so che pagasse; ma queste condizioni mirano a togliere la velleità
che di là si crede facile poter passare qui, e diventar preti lo stesso, in barba ai Superiori,
e con iscapito della disciplina e del buon spirito.
E deve portarmi un attestato di buona condotta del suo rettore,
e il consenso suo ad accettarlo.
3/ Non intendo che il giovane venga per vincolarlo al mio Istituto. Cercherò,
con la divina grazia, di confortarlo nello spirito e di provarlo nella vocazione,
non alienandolo affatto dalla diocesi, ma ajutandolo.
Se mai Iddio lo chiamerà a questo Istituto, vostra Eccellenza
lo farà esaminare nella vocazione e deciderà.
Io intendo lavorare più che posso per la diocesi, da cui ho ricevuto la grazia
del Sacerdozio, e non potrò sdebitarmene mai abbastanza.
Il rettore Gugliada potrà riferire di un caso quasi identico. Quattro anni fa
don Pietro Meriggi di Stradella, già studente di 3a teologia, lasciò il Seminario,
e si trovò un impiego a Milano.
Lo incontrai casualmente, e ottenni che venisse da me. Non lo svestî da chierico,
ma lo mandai fuori diocesi, a Cuneo. Era una buona vocazione.
Dopo un anno rientrò in Seminario qui a Tortona, lo provarono e si diportò benissimo.
Ora, come vostra Eccellenza ben sa, è sotto le armi già sacerdote. Ad Acqui,
dove era, ho saputo che tenne condotta da buon prete; passò da qui a trovarmi
che non è molto, e mi parve a posto, e spero prepari delle consolazioni a vostra Eccellenza.
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Così capitò pure a parecchi parroci e sacerdoti della diocesi.
Delle volte sono ragazzate, talora sono delle crisi dello spirito, in certe età:
chi non le ha mai sentite?
Scriverei dunque prima a don Barco o gli parlerò, che sarà meglio;
penso che presto, prima di Pasqua, verrà giù, forse da vostra Eccellenza rev.ma.
Se, oltre quanto ho detto, vostra Eccellenza o don Barco crederanno suggerirmi
altre condizioni, me lo diranno; io vorrei solo poter fare un po’ di bene,
e farlo il meno male possibile. Caso mai voglia il Signore ajutarmi,
e vostra Eccellenza mi assista e mi benedica.
Poter concorrere, in qualche modo, a far un buon prete,
certo è una grazia che Dio mi fa; e un buon prete è molto sempre;
e, domani, sarà più di oggi. Ma il Signore non lascerà mancare alla sua chiesa
i suoi sacerdoti!
Capisco che ho finito quasi col fare una predica, povero me!
Suo aff.mo in G. C. e Maria SS.
Sac. Orione d. D. P.
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