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[A Sua Eccell. Rev.ma
Mg.r Simon Pietro Grassi
Vescovo di Tortona
(prov. di Aless.)]
Roma, il 19 Dic. [19]19
+ Anime e Anime
Mio caro e buon padre in Gesù Cr.,
Chiedo venia dell’involontario ritardo a rispondere alla venerata lettera
di v. Eccell. rev.ma, che si riferisce alla proposta fatta dalla signora Guasone in Cantù,
e che porta la data del 16 corr.
Saranno forse due mesi che dalla Calabria scrissi alla sig.ra Caterina Guasone
in Cantù che l’Istituto della Divina Provvidenza non poteva assumersi la Messa festiva
di Castellar Ponzano, e ciò per più ragioni, e non ultima perché non paresse
che si andasse ad affamare un povero e ormai vecchio sacerdote,
che da tanti anni prestava quel servizio, togliendo al don Persi l’unico tozzo di pane,
tanto più (e questo dissi prima anche a voce) che mi risulta non essere il don Persi
nei migliori rapporti col suo arciprete di Villalvernia, nella cui chiesa mi riferiscono
che il Persi incontra dei dinieghi anche solo per celebrare nei dì feriali.
Almeno a me, tempo fa, dissero così.
E per iscritto alla sig.ra Caterina Cantù aggiungerò che, tutto bene considerato,
solo avrei annuito quando l’Autorità diocesana me ne avesse pregato,
e il sac. Perosi si fosse deciso a ritirarsi nella Casa della Divina Provvidenza, - poiché,
in questo caso, la proposta cambiava in radice di aspetto.
Anche quanto a San Rocco di Tortona, un vecchio e malato cappellano,
che v. Eccellenza non ha conosciuto, perché morì qualche anno prima che ella venisse
in diocesi, certo don Antonio Gallarati, ridottosi in miseria e in pericolo di essere
anche mandato via dai confratelli, perché malato, che non poteva più celebrare,
il Signore mi aiutò a mandargli un prete a soddisfar gli obblighi, e così lui potè
per un anno e mezzo, cioè fino alla morte, starsene tranquillo,
prendendo quel poco che la Confraternita dà e godendo del locale.
Ecco come noi continuiamo a dire la Messa di S. Rocco, dove, del resto,
danno una miseria, e sempre pronti a ritirarci ad un cenno.
Di questo non mi era mai venuto di parlagliene, e vorrà perdonare la digressione.
Dirò a vostra Eccellenza rev.ma che scrissi alla sig.ra Caterina Cantù a quel modo,
anche perché, quando quest’anno fui due volte a Villalvernia a propagandare,
avevo visto il povero don Persi molto preso dal vino, e mi aveva fatto gran pena;
e già allora lo avevo invitato a ritirarsi in qualcuna delle Case della Provvidenza
e pareva che egli annuisse, ma non era molto compos sui. Presso di noi la Provvidenza
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non gli avrebbe certo lasciato mancare un bicchiere di vino,
ma non ne avrebbe trovato tanto da andarne ubriaco, e, soprattutto,
sarebbe stato tolto agli occhi di un pubblico che, oggi, non è più disposto
a tollerare nel prete certe cose.
Quanto al pensiero di v. Eccellenza rev.ma di dare al don Gatti Vittorio
una Messa festiva, e tale Messa festiva, (quanto il don Persi sia proprio in istato
di non poter più continuare) mi pare pensiero veramente paterno.
Io non posso fare con lui questa parte, e la faccia direttamente v. Eccellenza
o la faccia Monsig.r Vicario prego di essere tagliato fuori, e che egli ignori affatto
che v. Eccellenza ne ha scritto a me. Occorrendo, le dirò a voce il perché di questo
mio atteggiamento.
Io prego Iddio di cuore che egli accetti, ma, con tutta libertà e confidenza
veramente filiale, Le dirò che ne dubito molto, dato il suo stato di animo,
caro il mio don Gatti!
Solo Iddio sa che cosa farei per lui, che è veramente una perla di sacerdote!
Mi permetta di suggerirle che se egli obbiettasse che, durante l’autunno
è solito andare la festa a dire la Messa dalla Marchesa Balbi in una Villa presso Novi, -
lo si potrebbe assicurare che, per quel tempo, si provvederà a Castellar Ponzano,
magari pregando Don Orione di mandare un suo prete.
Veda, propongo di usare con lui questa formula per agevolare e spianare
ogni possibile difficoltà.
Mio caro Vescovo, anche stavolta ho fatto proprio lo sfacciato, me ne perdoni
da buon padre e preghi per me. Credevo nella malattia di essermi convertito, invece vedo,
pur troppo, che l’uomo vecchio non la vuole cedere; ma la Madonna mi ajuterà,
e confido di riparare, di riparare.
La mia salute, grazie a Dio, va sempre migliorando, e le scrivo da S. Anna,
dove ho voluto venire per uscire una buona volta di casa,
benché tutti questi bravi miei confratelli si mostrino un po’ adirati;
ma io non ne potevo più, e mi pareva fino di disprezzare il tempo e la grazia della salute.
Sono particolarmente commosso di tanta carità e interessamento
di v. Eccell. rev.ma, e la prego dire ai suoi famigliari che ho gradito tanto
le loro preghiere e gli augurî che v. Eccellenza anche a nome loro si è degnata inviarmi.
Me ne ricorderò per sempre! Iddio li ricompensi!
Mi dispenso dal parlarle della pratica Franzosi perché don Botti mi disse
di averle scritto oggi stesso. E quanto ai popolari, che le dirò?
Preghiamo il Signore che ci metta la sua mano -
Mi benedica e mi abbia con tutta la devozione e l’affetto di figliolo in X.sto
Sac. Orione della Div. Provv.
Vedo che è molto sconnessa questa lettera, pazienza!
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