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+ [Venezia] VII dic. 1923
Mio caro,
ricevo qui la tua del 4 corr.
A ciò che in essa sa di ingiuria, come già in altre, non rispondo: non è di mio uso.
Ogni miseria morale cade da sé, e tu, nel tuo animo, ora o fatto più adulto,
sarai il primo a deplorarla.
Io resto per te e per i tuoi fratelli quello che sento di essere davanti a Dio
e alla mia coscienza: nessuna lode mi accresce d’un dito:
nessun vilipendio mi abbassa d’un dito. - Ma veniamo a tuo fratello.
Tu sai che l’ho avviato a fare le tecniche come te, e non affatto a farsi prete;
- e che anche quelli che dimostrano inclinazione o vocazione al sacerdozio,
a tutti fo’ dare le licenze governative e frequentare il Liceo e l’Università,
prima che ricevano Ordini sacri, perché si trovino a posto, qualora cambiassero idea. Anche tuo fratello frequentava, come te, le scuole pubbliche.
Per i motivi che tu sai, e mio malgrado,
si è dovuto levarlo per dargli in mano un’arte.
Fare il tipografo non gli va, ed ho fatto di tutto perché fosse accettato
a questa Scuola di meccanici. È vero: gli ho detto, avanti di partire da Tortona,
che lo avrei portato sul cuore, e sento di aver fatto per lui
ciò che forse altri non avrebbe potuto o saputo fare.
Ne ho parlato anche in questi giorni e con insistenza.
Non ho potuto ottenere ch’ei fosse accettato, e a lui non l’ho scritto ancora,
perché so che gli avrei dato un dolore, e volevo dirglielo a voce.
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