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Bs. Aires, 13 marzo 1937
Caro signor conte, [Ravano]
È da molto tempo che non le scrivo, lo so, ed io stesso ne soffro,
e lei me lo perdoni, con quel gran cuore che ha.
Una delle difficoltà era di non poterle ancora dare una definitiva risposta...
come desideravo: chissà che entro il mese di marzo non ce la porti San Giuseppe?
Ho benedetto il Signore, che le ha dato nel piccolo Stefano Maria
un altro caro figliolo, ed è dalla Novena di Natale, direi quasi dalla vigilia,
che lo porto sull’altare con me, insieme col mio caro Marco, come non lascio dal pregare
e interessarmi per Pietro, - che felicito pei suoi brillanti risultati, ma lei può
ben comprendere, sig.r conte, come sono difficili ad aprirsi certe porte.
Quanto al mio ritorno, ora non è più una speranza lusinghiera, ma, grazie a Dio,
una certezza, a meno che Iddio mi volesse chiamare a sé presto, e da queste lontane plaghe.
Le dico che le ho obbedito, e mi sono fatto una dentiera, cosicché quando giungerò,
ella mi vedrà ringiovanito. - Pasqua quest’anno, la passerò al Brasile, -
farò un’improvvisata a quei figli. Anche in Italia spero giungere all’improvviso;
sarebbe bella che un giorno le dicessero, caro sig.r conte, «c’è alla porta un povero prete,
già dai capelli tutti bianchi, che la vuol salutare, e dice che è venuto da lontano per vedere
e magari, per prendersi uno o due de’ suoi figli, per ora, ad es. Marco».
[a padre Caronti]
Tengo pronte le Relazioni, ma poi m’è sorto il timore che il mandarle
fosse come un distogliere Vostra Eccellenza dal venire ed ho sospeso l’invio.
Don Sterpi le avrà parlato del Chaco. Nessuno voleva andare, anche l’Ispettore
dei salesiani mi disse che loro avevano rifiutato; credo per il caldo insopportabile, 40
e più gradi, e anche di notte fa assai caldo.
Ho pensato che, in mancanza di cavalli, potesse trottare l’asino della Divina Provvidenza,
e se sapessi di star qui, andrei volentieri io per morirci, o meglio per vivere sempre
con Gesù, affidato al Signore.
Sono circa 20 mila abitanti in Sáenz Peña e un 10 mila sparsi nelle colonie,
a distanze enormi. Vi sono sale evangeliche e chiesa evangelica, vi è la sinagoga,
- e la chiesa cattolica è una stanza e l’altare consiste in tre ascie
inchiodate su due cavalletti.
Vostra Eccellenza vedrà quanta miseria.
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La più parte dei ragazzi sono figli naturali ancora da battezzare,
- moltissime sono le famiglie non casate per la Chiesa.
Si poteva lasciar morire la gente come cani? Io ho accettato sub conditione,
anche perché il S. Padre disse: non fermatevi all’orlo, dove le città sono come Milano,
ma andate nell’interiore, dove pochi o nessuno vuole andare.
Ripeto, la cosa non è definitiva, è una posizione dove non c’è nulla da godere,
c’è tutto da soffrire, e c’è da fare la vita del vero missionario.
Ci sono i protestanti, perché non ci saremo noi?
Ci sono gli ebrei, e tutti i ricchi sono ebrei o protestanti o gente non di Fede, -
e perché non sarà chi pensa all’anima dei poveri?
Sono andato in Domino, perché e i Nunzi e Vescovi mi dissero di andare,
però le dico, Eccellenza, che con la stessa gioia in Domino e ancor più basterà una parolina
per ritirarci, e in buon modo - sicuro che il Signore susciterà altri che farà sempre più
e meglio di noi - poveri stracci della Divina Provvidenza.
Ed ora la prego, Eccellenza, di lasciarmi qui più che può, e anche sempre,
se così vede che è bene in Domino: desidero essere dimenticato e perdermi nel Signore:
mi aiuti! mi aiuti!
E Vostra Eccellenza stia sempre Visitatore nostro, che tutti pregheremo per lei
tanto tanto, come non le so dire.
In questo momento fui chiamato al telefono dal Nunzio il quale mi ha detto
che stamattina sono state da lui certe suore, mi pare abbia detto quelle della Capitaneo,
e che le pregò perché facessero un po’ di biancheria, un po’ di camicie e un po’ di lenzuola
per i nostri due che sono al Chaco perché sono là proprio senza niente poveri figli!
C’è il sacristano senza sacristia e il cuciniere senza cucina:
mandano a prendere due volte al giorno un po’ di somida con la vionda
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