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[l’azzurro è dattiloscritto]


A Sua Eccell.za Emin.za Rev.ma il Sig.r Cardinale

Raffaele Rossi Segr. della Sacra Congr. Concistoriale

palazzo della Cancelleria - Roma


 [+]         Tortona, 10 Marzo 1932


 Eminenza Reverendissima,


 Riferendomi a venerata lettera di vostra Eminenza,

in data 22 dello scorso febbraio, n. 665/31, chiedo mille scuse per il ritardo

e mi scusi anche se non rispondo a mano, perché non in buona salute.

 Del sacerdote Augusto Sampaoli, per tutto quel periodo di tempo

che rimase aggregato a questa Piccola Opera,

mi è gradito di poter dare buone informazioni quanto a moralità.

 Come risulterà a codesta sacra Congregazione, egli, per molti anni,

fu parroco a Marsciano, in archidiocesi di Perugia, e vi godeva di un ricco beneficio;

ma, forse perché non sapeva dire di no a nessuno,

fattostà che il denaro non gli bastava mai, e andava avanti facendo debiti.

E più grave cosa era che la sua vita non era la vita del prete pio e zelante,

ma più vita da borghese che da sacerdote; di scandali pare non ce ne fossero,

ma le anime erano trascurate assai.

 Tale me lo descrisse a sua Eccellenza rev.ma Mons. Beda, già suo Arcivescovo,

e sua Ecc. Mons. Rosa; ricordo che Mons. Beda, pur tanto misurato e mite,

un giorno uscì a dirmi: «Quel povero don Sampaoli è pieno di cuore,

ma per la parrocchia è un vero disastro, è un sacerdote ordinato senza vocazione»

E il poveretto finì col trovarsi oberatissimo di debiti, tanto da non poter più reggere,

e il bene suo e delle anime esigeva che facesse un taglio e si ritirasse.

 Lo conoscevo da tempo, e lo consigliai a tale passo.

 Egli andò dal suo superiore, rinunciò alla parrocchia

e si mise pienamente nelle sue mani, con edificazione del suo Arcivescovo.

 In diocesi però non poteva restare, e sua Eccellenza Mg.r Rosa

me lo raccomandò vivamente. Venne e, in un primo tempo, mostrò ottime disposizioni.

 Un giorno però mi disse che aveva bisogno di andare per sistemare

certi suoi interessi; poi ho dubitato che qualche persona, che starebbe a Firenze,

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lo distogliesse dai buoni propositi; di tale persona già mi era stato accennato vagamente

da qualche suo superiore, - però non ho potuto accertare nulla.

 Riflettuto alquanto, pensai di fargli cambiar aria, mettendovi il mare di mezzo.

 Fece gli Esercizi Spirituali molto bene,

e allora gli proposi di mandarlo in un paese nuovo e lontano, come fosse in missione,

dove avrebbe potuto redimere il tempo e farsi dei meriti davanti al Signore.

 Accettò con entusiasmo, ed il 30 luglio del 1930 egli partiva

con tre sacerdoti miei religiosi per l’Argentina, dopo promessa

la permanenza nelle nostre Case.

 Fu destinato a Victoria, dove sarebbe stato in compagnia di ottimi sacerdoti,

e con un superiore prudente, vigile e stimatissimo.

 A principio si mise bene, poi cominciò a non attendere sempre alle pratiche

della vita comune e il fervore si illanguidì.

 Per la verità però devo dichiarare che egli si diportò sempre in modo,

quanto a serietà e moralità di vita, da non lasciare a desiderare.

 Senza nulla dirmi, si intese con sua Eccellenza rev.ma

Mons. Vescovo di Tucumann, e, nel lasciarci, mi scrisse che stando da noi,

temeva di essere di disagio, poiché l’osservanza della vita di comunità

gli riusciva difficile; accennava anche a qualche sua pendenza rimasta insoluta,

e, a un possibile ritorno in Italia.

 Di tutto è stato informato, a suo tempo, sua Eccellenza rev.ma

l’Arcivescovo di Perugia, il quale sentì con dispiacere che il don Sampaoli

non sia rimasto con noi.

 Io penso che finirà di tornare, e se, come spero, andrò presto in America,

mi farò dovere di andarlo a cercare.

 Rinnovo scuse per il ritardo, e, umiliando devotissimi ossequi,

mi onoro dirmi con profonda venerazione e al bacio della sacra porpora

di vostra Eminenza rev.ma umile e osseq.mo servitore in G. Cr.


         Sac. Luigi Orione

         dei figli della Div. Provv.za

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