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[+] Anime e Anime !
Domenica, 22 maggio 1932
[dattiloscritto]
Mio ottimo Monsignore e amico, [De Dionigi]
Ho avuto la gradita sua del 19 corr. La ringrazio dell’invito a Villa Eremo,
ben volentieri verrei, ma per il momento non mi è possibile.
La seconda parte della sua lettera mi mette in qualche imbarazzo in quanto che oggi
mi trovo a Tortona solo, don Sterpi, don Adaglio, e don Perduca sono fuori,
i due primi poi che trattarono direttamente la cosa, sono l’uno nel Veneto e l’altro a Roma;
né tornerebbero domani o dopo.
Quando partirono si era deciso, pur con qualche modifica, di accettare,
tenendo conto dell’ultima sua proposta.
Comprendo che la pratica va decisa, onde rispondo, per ora, anche solo da me;
e mi permetto fermare qualche punto:
1°) La cessione di Villa Eremo si farebbe pel momento, per compromesso,
da rendersi definitivo a richiesta della «Piccola Opera della Divina Provvidenza»
sì e come è detto al n° 6 a) e b) del secondo schema di progetto.
2°) Ella non insiste sulla finalità e solo espone il vivo desiderio che sia opera
di assistenza morale o fisica del clero, secolare o regolare, non esclusi secolari
di buon conto, o ritiri, anche misti, cioè per clero e per laici; ed io poi già le dico che,
novantanove su cento, si fa un’opera pro clero, pur non assumendo il nome di sanatorio
per i motivi locali, che ella ha prospettato. E questo in riferimento agli articoli 1° e 2°
sempre del secondo schema.
3°) Il n° 3 è accettato, tale e quale: L. 10.000. = subito, L. 40.000 -
come da accordi verbali.
4°) Qui mi senta, caro Monsignore; lasci un po’ andare quel: se lei va via, 4.000=
se noi le mandiamo 6.000 = Ma no! Né lei deve andare, né (peggio noi dobbiamo indurla
a ritirarsi), piuttosto ci ritiriamo noi.
Questo è, e sento nel Signore, né voglio se non ciò che stà in pleno nel Signore.
Comunque, tanto per fissare se lei dovesse lasciare la villa, facciamo L. 4.000. - e amen.
Questo in riferimento all’art. 4, secondo schema, e questo per agevolare
e facilitare l’impianto e sviluppo.
5°) Il diritto di prelazione, inteso a quel modo, veda, mio buon amico;
che non favorirebbe la consistenza e lo sviluppo della isti tuzione cui si vuol dare vita.
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Ci verrebbe a legare veramente le mani, lo creda, e non è più una prelazione,
ma una retrocessione, (a parità di meriti, ha la prelazione il più anziano), dice il diritto.
Prelazione, per sè, implica sempre parità di merito e di prezzo, offerto da terzi.
Ora questa prelazione noi la si comprende e la si accetta, anzi si è disposti a trascorrere
alquanto sulla parità di prezzo, combinando fin d’ora; ma lasciate che possiamo fare.
Restituire
la proprietà a
alle condizioni cui fu acquistata, a parte che ci sembra
una retrocessione vera e propria, ci verrebbe a porre in una condizione da non poter fare
niente o ben poco.
Ed oggi specialmente per istituzioni di quel genere (ella, che è di spirito aperto,
e intende meglio che io non ragioni) è un continuo rinnovarsi, e per dovere
e per le esigenze stesse moderne.
A tali case di cura si deve applicare il «non progredi, regredi est», sia per cure fisiche,
che morali.
E le nuove istituzioni nostre, per alto principio anzitutto, ma anche solo per ragioni
di vita, non devono stare alla coda: meglio allora, non fare che far male e non all’altezza.
6°) Il versamento delle 20.000 per l’arredamento, si è disposti a combinare in modo
che anche a lei venga bene, nei due anni.
Ed ora mi pare di aver risposto a tutto, o presso a poco.
E sono lieto di poter concludere questa mia, cominciata ieri e interrotta più volte,
fu proprio buttata giù a pezzi e bocconi.
Qui continuo a fare pregare, et fiat voluntas Dei!
Mi ossequi tanto Mg.r Arciprete e a lei i più cordiali, fraterni saluti in Domino.
Suo dev.mo in G. C. e nella santa Madonna
f.to Sac. Luigi Orione dei figli dalla Div. Provv.
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