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[+] Tortona, 16 giugno 1919
Eccellenza Rev.ma,
Quando, il 20 maggio, ebbi il conforto di ossequiare vostra Ecc. Rev.ma, le dissi
che le avrei inviato un breve memoriale onde meglio chiarire la nostra posizione
in San Rocco di Alessandria. Spiacente di non averlo potuto far prima, mando oggi
dal sacerdote Sterpi, procuratore del nostro Istituto, il promesso memoriale, e incarico
lo stesso don Sterpi di dare a V. Ecc. R.ma ogni altra spiegazione
che ella ritenesse opportuna.
Saranno circa tre anni che il Mg.r Capecci, di v. m., mi invitava ad assumere
in Alessandria la chiesa di San Rocco, che egli desiderava erigere in parrocchia, anche
per impedire che l’amministrazione di Alessandria, tenuta dai socialisti riuscisse,
come pare abbia ripetutamente tentato, a togliere al culto quella bella Chiesa.
Io acconsentii, e Mons. Capecci interpellò il Capitolo della Cattedrale, che,
ad unanimità, diede voto favorevole, a piena conoscenza che detta parrocchia sarebbe stata
affidata ai Figli della Divina Provvidenza, i quali vi avrebbero anche svolta un’opera
a bene della gioventù alessandrina. Di ciò mi dava partecipazione Mg.r Vescovo,
trasmettendomi il decreto di erazione di detta chiesa in parrocchia,
decreto che porta la data del 24 novembre 1916.
Mi risulta che qualche persona inoltrò quasi subito un ricorso alla R. Sopraintendenza
ai monumenti del Piemonte, forse per impedire che San Rocco venisse affidato
«all’Istituto Tortonese della Divina Provvidenza, perché vi avrebbe impiantato un oratorio
per ragazzi poveri», insinuando che chiesa e campanile, essendo monumenti nazionali,
certo sarebbero stati deteriorati. Qualche altra opposizione sorse da persone di Chiesa, e
Mg.r Capecci non lasciò di mettermi al corrente di qualche suo dispiacere in proposito.
Egli però mi confortò sempre, e «m’invitò a mandargli il parroco», e, quando sono stato
a fargli visita nell’ultima sua malattia, mi ringraziò del sac. Giuseppe Zanocchi, che avevo
mandato a San Rocco, dichiarandosi molto soddisfatto di lui. Quando io, dal sacerdote
Sterpi, che oggi viene da v. Ecc., e di presentare a Mons. Capecci il don Zanocchi,
il Vescovo aveva dato ordine che il don Zanocchi compisse tutte le funzioni da parroco,
e diede pure ordine che codesta ven. Curia avesse dato corso a tutte le pratiche inerenti,
compresa l’istituzione canonica; il che poi non è avvenuto.
Per quanto riguarda il beneficio parrocchiale, siccome «io avevo accettato
la parrocchia con l’intendimento, pienamente condiviso dal Vescovo, di aprire all’ombra
della chiesa un istituto pro Iuventute, poiché in chiesa ora si fa quel che si fa,
e pochi uomini più ci vanno, e l’opera di puro culto poco è intesa dalla società
moderna», così già avevo depositato in Curia una cartella di L. 20.000, e ciò feci perché
il decreto del vescovo avesse sua base, intanto che si stava ad acquistare; dietro alla stessa
chiesa di San Rocco, una casa, allo scopo di unire ad un’opera di culto un’opera di carità,
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come si è detto.
E a tale effetto aveva già stipulato il prezzo d’aquisto di detta casa,
aderente alla chiesa, di L. 21.000.
Avviene ora che al propietario dello stabile, in parola, è offerta da altri una maggior
somma, ed io [mi] trovo nella urgenza o di stringere il contratto,
oppure di rompere lealmente ogni trattativa, per non recare danno a terzi.
Durante la vacanza della diocesi, non ho creduto, per senso di delicato riguardo,
trattare la cosa con l’ammnistratore apostolico, onde lasciare al successore di
Mg.r Capecci la più ampia libertà di decidere in Domino come meglio avrebbe creduto.
E cercai sin qui di procrastinare col propietario della casa nel timore di non
trovarmi più la casa sulle braccia, senza avere la chiesa in modo sicuro. Vostra Eccell.
Rev.ma si degni studiare la cosa, e voglia conpiacersi farmi conoscere se, e in quale
posizione, crede o meno, si possa restare in Alessandria, onde a sua volta il consiglio
direttivo di questa minima Congregazione possa deliberare se continuare a tenere constì
il sacerdote, oppure ritirarlo.
Da un anno don Zanocchi viene in Alessandria a spese di questa Congregazione
poiché, per ragioni facili a comprendersi, tutto l’emolumento che la confraternità dà, era
giusto che, rebus sic stantibus, continuasse a passare al sacerdote che già ne era cappellano
e che fu pregato di continuare a dire una delle messe festive.
Faccio presente a v. Ecc. Rev.ma che presso la Curia Vescovile vi è sempre una
somma discreta; la parte mancante delle 20 mila lire è stata inviata al sacerdote Cribellati,
che mi rappresenta in Sicilia, presso il propietario della casa, che abita appunto in Sicilia.
Questa umile Congregazione chiede che il beneficio parrocchiale sia costituito dalla casa,
che si acquisterebbe, la quale ha un valore intrinseco e reddito corrispettivo
per la costituzione di un beneficio parrocchiale.
Sarebbe troppo gravoso a questa Congregazione fare il deposito ed acquistare anche
la casa necessaria per svolgervi l’azione benefica a pro della gioventù, che ci siamo
proposta, accettando di venire in Alessandria; tanto più che occorreranno altre 20 e più
mila lire, per rendere quel fabbricato adatto allo scopo, e tale da corrispondere
alle esigenze moderne.
Sottopongo alla saggezza di v. Ecc. Rev.ma queste considerazioni e qualche altra
riflessione di cui incarico il don Sterpi.
Bacio con venerazione il sacro anello, e prego v. Ecc. Rev.ma
di degnarsi benedirmi.
Di v. Eccellenza umil.mo e osseq.mo servitore in Gesù Cristo e Maria SS
Sac Orione Luigi dei Figli della Div.na Provv.za
[manca l’originale]
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