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[scritta da terzi]
Copia conforme
D. O.
[+] Tortona, 7 - 1 [19]18
(Per copia)
Em.za Rev.ma,
chiedo scusa di tutto questo ritardo: sia anche questo per amor del Signore.
Non so se potrò scrivere tanto o poco; farò quanto potrò, e continuerò per magari
qualche altra lettera, appena potrò.
Ho da rispondere a due lettere di V. Em.za; ma comincio da ciò che più ricordo,
e che mi par più urgente.
Per quel buon amico adunque, del quale vostra Em.za chiede un consiglio sincero,
secundum Deum, ci ho pregato un po’ su, e direi di no.
Però v. Em.za veda di non stare a quanto a me parrebbe, perché non sono uomo
da dare pareri, e simili pareri.
Che se già v. Em.za lo avesse già mezzo fatto, il Signore le dia grazia di portare
anche quella croce, e se ne stia lieta in Domino.
Che se altri non ha, o non è conviente prendersi della diocesi, quasi oserei dirle di
attenersi ai suoi anziani di Venezia, per quanto poi tutto il peso gravi sulle sue spalle:
avranno difetti, acciacchi, debolezze, ma se li abbracci come glieli ha dati da portare
nostro Signore.
Parrà molto strano questo modo di ragionare, ma giun gerei a dire di tenerseli
magari solo ad honorem, facendo vostra Em.za, coprendoli con la sua mantelletta più
che può con la sua ombra: spogliandosi della sua cappa magna, per meglio ricoprirli
i suoi sacerdoti, e stendendosi, specialmente sui più anziani, col suo corpo
e col suo spirito e col suo cuore di Vescovo, compatendo molto compatendo molto
e vivificandoli in Domino, e nostro Signore sarà con lei.
Anche voglia nella sua fraterna carità ricoprire che ne se è andato lontano
alle prime avvisaglie, e lo copra con grande soavità. gli dia magari un qualche cosa
da fare, piccoli incarichi, in caritate Christi, da sbrigare a Roma, come per fargli
schermo onde potè stare colà.
Senza blandire la sua lontananza, gli dia come ancor tempo: omnia in Spiritu
Caritatis. E non solo la dolcezza ma sovratutto quella carità che dà alla dolcezza
lo spirito di Dio che compatisce, e che con magnanimità tiene conto di ogni minima scusa,
dell’età sopratutto e dei servizi già resi alla Chiesa e di ogni busca di paglia
per compatire, per compatire, e far compatire.
Non cesserò da povero peccatore di pregare Iddio benedetto perché si degni
confortare sempre le anime nostre per questa via.
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Poi nostro Signore con vostra Em.za farà altro.
Intanto si conorti, e lo ami in croce così come si trova oggi, perché n. Signore
è così fatto che vuole essere amato in croce.
Ma se v. Em.za Rev.ma credesse diversamente, non badi affatto a questo
poveraccio, vada avanti con santa libertà di spirito come meglio Dio la ispira: solo
d’in ginocchio la prego di confortarsi in Domino, con le sue croci, e di riposare
dolcemente sulla sua croce e di starsene contenta nelle piaghe di nostro Signore e nelle
palme della SS.ma Vergine Immacolata, vostra Emin.za e i suoi veneti.
Nostro Signore va preparando grandi giorni per la sua Chiesa:
le nostre piccole croci sono nulla!
Povero me, io tremo molto a dover scrivere questo ma sono spinto a dirlo
a suo conforto, e mi metto sotto i piedi di v. Em.za e della santa Chiesa.
Sono un gran peccatore, e non vorrei ingannare con le mie sciocchezze.
Se v. Em.za sentirà che qualche giorno m’hanno messo al manicomio vuol dire che
non se ne meraviglierà, benedica il Signore, e non se ne dia pena, che nessun là entro
sarà più a suo posto di me, e di me più felice, con l’aiuto del Signore.
Quanto a quella suora che è qui, di cui le ho scritto, ritengo che essa sappia
unicamente che io so, nostro Signore mi fa vedere lei, ma credo che essa
sia all’oscuro di questo.
E le altre non se ne sono accorte, ed io non ho detto nulla qui, e neanche ho chiesto
come si chiama, che poco importa: sono contento della felicità di nostro Signore
e dei giochetti che fa.
Anche in questi giorni ne ha fatto alcuno di questo genere.
Quanto a Venezia v. Em.za sa bene che è già una grande grazia che essa sia ancora
oggi come è, e c’è da credere che sia la mano invisibile della SS.ma Vergine che sta alta
a difendere S. Marco e la sua città.
Bisogna pregare e fare penitenza, penitenza.
Su questo punto mi pare che nostro Signore voglia di più da me e dal maggior
numero dei suoi sacerdoti.
Con la grazia di Dio comincio.
Avrei da dirle qualche cosa per il Santo Padre ma non so; -
è meglio pregare ancora.
Tuttavia, a proposito del S. Padre, oserei dire intanto a v. Em.za che ogni qualvolta
gli potrà scrivere, lo conforti sempre, lo prepari confortandolo grandemente; e v.
Em.za gli taccia pure i suoi dolorini, lasciandoli per ora nascosti in Gesù Cristo.
Glieli dirà poi, passata la bufera; o solo glieli accenni per confortarlo
con la sua confidenza di figlio.
Povero S. Padre è ben più in croce di noi!
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E adesso che ho fatto così lo sfacciato con v. Em.za, mi dia un po’ a posto,
altrimenti chissà dove mettono la testa un po’a posto, altrimenti chissà dove andiamo!
Ma speriamo di andare in Paradiso con l’Immacolata.
Oh, sì! sperio proprio che ci andremo tutti; e io allora voglio stare anche
un po’ vicino a v. Em.za, ma starò più a modo, facendo un po’ meno il matto di quello
che faccio oggi, e allora glie ne voglio contare delle belle in Domino!
Ed
ora basta: qui le buone Clarisse sono
ringraziano, pregano e
sono
consolate
di ogni sua parola.
Quanto all’opuscolo amaro per fiele, non lo ancora ricevuto.
Sono pronto, per salvare l’anima, a fare, col Divino aiuto,
tutto ciò che deve fare un sacerdote.
Per oggi finisco, dunque; mi metto in ispirito ai suoi piedi, come a quelli
della S. Chiesa, e la prego di calcarmi bene le sue mani sulla testa, e di benedire a me
e a tutti questi figliuoli e profughi veneti.
Suo dev.mo e aff.mo in G. C. e Maria SS.
Sac. Orione