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[incompleta]


 +         Anime e Anime !

          Tortona, 21 sett. 1922


 Caro e venerato sig.r canonico, [Can. Margiotta in Calabria]


 Ricevo la sua gradita lettera del 17 corr.

 Come già le ho scritto, sarò ben lieto di rivederla, e di sentire tutto quello che ella

ritiene bene espormi, e ben volentieri verrei a Ghiffa o le darei un appuntamento qui

a Milano, ma le dico la mia situazione perché ella veda come e dove possiamo incontrarci.

 Io domani, venerdì 22, devo andare a Genova, mi fermerò alcune ore a Pegli

per vedere un malato di qui xx e poi proseguo per Sanremo, dove mi unisco a due nostri

diaconi i quali sabato mattino riceveranno il presbiterato da Mg.r Daffra a Ventimiglia.

 Domenica la dovrei passare, facilmente e vogliono che la passi a Sanremo, dove

uno di essi celebra la I Messa, ma se mi fosse dato per me vi sarebbero xxrvi buoni

motivi per non fermarsi e amerei invece metto di piû recarmi a Bra, dove va celebra l’altro,

per poter vedere e così vedrei anche i chierici; ma, in verità, non so dove andrò a finire.

 Devo andare pure andare a Nuocetto (Savona), a Nizza Monferrato, e a Cuneo,

per trovarvi don Quadrotta grave, e che non vedo da un mese.

Poi mi recherò a Como e a Venezia.

 Cosa vuole che le dica, caro Monsignore? A me sembrerebbe piû spiccio bene a che

lei si interessasse le esponesse ogni suo pensiero sul modo di provvedere a Prunella o

a don Sterpi, che lei troverà certamente a Venezia, oppure per iscritto, x indirizzare che poi

di già indirizzare che poi per dire la Messa ai nuclei della sua popolazione, con grave

pericolo ad ogni viaggio per i boschi che deve attraversare, e per le strade mal sicure anche

per le belve e i serpenti, che ce li abbiamo fin in casa, e velenosissimi.

 La popolazione del comune fa 40 mila abitanti, e il centro dove stiamo non fa 2.000

persone, il resto sono sparsi, e sono metà bianchi e metà neri, cioè appena usciti dalla

abbiezione di una schiavitù durata dei secoli, da quando furono deportati violentemente

dall’Africa per farne degli schiavi; e strumenti di basse passioni.

 Questo dico tanto per (non dirò rispondere) ma chiarire certo suo preconcetto,

caro mio Monsignore e fratello in G. Cr, - che viene esposto nel suo memoriale.

E pensi che in quella parrocchia, (così detta) di don Mario, almeno 5 mila sono calabresi

o delle Puglie e di Bari, e non sono certo i migliori Calabresi,

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perché, in generale, chi va in America non sono i migliori di noi Italiani.

E pensare che lei mi fa un appunto di averle tolto don Mario, mentre io credevo proprio

che egli andasse là per fare coram Deo il fondamento spirituale del suo Istituto

delle missioni!

 Tanto che molte volte si parlava tra di noi due di fare venire là anche lei, almeno

per qualche anno! E poi vengo a casa, dopo un anno, e mentre credo di trovare un nuovo

seminario pel vasto campo delle missioni, tanto caldamente raccomandato dal

Santo Padre, trovo non una consolazione, ma un groviglio di piccole cose, che mi parvero

la negazione dello di quello spirito largo e pieno di carità, proprio di nostro Signore Gesù

e dell’Addolorata e proprio di un istituto di missionarî.

 Perdoni, questo sfogo, caro canonico, perdoni questa mia miseria che io dovevo

tenere in me in penitenza di tanti miei peccati, e farne solo un’offerta all’Addolorata.

 Però ella è buona e non me né vorrà male, perché non è che in me ci sia alcun

risentimento, ma ho provato un profondo disgusto perché ritengo che con tale spirito

un istituto di missioni o di orfani non andrà mai...

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