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Copia conforme
[scritta da terzi]
Villa Mille Mosche presso Bra, 18 /8 - 17
Eccellenza Rev.ma,
Vostra Eccellenza avrà ricevuto da più giorni una mia lettera che le diceva sarei
tosto venuto a Ventimiglia appena terminati i santi Esercizî e le nostre adunanze,
per sincerarla di tutto, e, ad un tempo, la assicuravo che io mi ero messo nelle mani del
mio Vescovo e della Chiesa, come un bambino nelle mani di sua madre.
Ma intanto è dal giorno 12 corr. che già fu notificata la citazione, il che, vuol dire
che, mentre vostra Eccellenza scriveva la sua del 10 corr., già mi si era fatto citare.
Questo a dimostrare la sincerità delle intenzioni; del resto mi hanno citato
anche prima. -
A me sembra che, se don Ravazzano credeva di avere ragioni contro di me, avrebbe
sempre
dovuto sempre
valersi del Foro
ecclesiastico,
che per
noi
esiste sempre: sacerdote
è lui, e sacerdote, per divina grazia, sono io:- abbiamo i nostri Superiori e tribunali:
se egli non si fidava di Tortona, poteva accedere ad altro tribunale ecclesiastico.
Era il vero modo di non creare scandali. - Se scandalo quindi ne viene,
sento che non io l’ho voluto.
Ciò che il don Ravazzano compie è una iniquità senza nome, indegna non dico
di un sacerdote, ma di un uomo qualunque che si rispetti.
Potrei dire di più, ma lo depongo ai piedi del Crocifisso.
La mia causa è nelle mani di Dio e della Chiesa. - Sento di non aver nulla da dare
né materialmente né moralmente al don Ravazzano.
Se avessi beni di famiglia, non avrei esitato ad aiutarlo, come ancora, in questi
quindici giorni, gli ho fatte tenere buono da don Sterpi per due cambiali: ma non devo
dare ciò che ho già restituito e non posso dare ciò che non è mio, bensì ma datomi
in elargizione per i miei poveri orfani e ragazzi abbandonati, e chiunque attento a
prendermelo, ruba ai poveri, e prego Iddio per lui, ma temo molto che severamente
Dio lo castighi, in vita o dopo morte, se restituirà o farà penitenza.
Don Ravazzano si è messo su una brutta strada - lo dico col più profondo dolore, e
perché
sento sinceramente di bene
amarlo nel Signore, parlo chiaro,
e non uso mezzi termini.
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Io gli perdono, ma non posso patteggiare con la iniquità. -
La mia venuta a Ventimiglia, dopo la citazione, come vostra Eccellenza vorrà
comprendere, non ha ora più quel carattere di urgenza, e quindi mi riserbo di sincerarla
di tutto, quando avrò occasione di venire a Sanremo.
Del resto, ripeto qui quanto ebbi occasione di scrivere già a vostra Eccellenza =
io mi sono messo nelle mani del mio Vescovo, che sa tutte le cose; ancora mi sono messo,
e intendo di mettermi, e di stare in eterno, nelle mani della S. Chiesa, che è la nostra più
alta e legittima Autorità, che mi può e deve giudicare (e con ciò nulla detraggo
ai tribunali civili, che rispetto e sostengo, e che, in merito a questa vertenza, già
mi hanno dato piena ragione, condannando il don Ravazzano, che mi fece citare davanti
ad essi, a pagare le spese anche dei miei avvocati e dico alla Chiesa: eccovi:
io, i miei figli spirituali, e i miei stracci, siamo come stracci nelle vostre mani!
A me basterebbe che un Tribunale della Chiesa mi dicesse: voi dovete dare tanto
al don Ravazzano, ed io resterò tranquillo. -
Ma, di per me, non posso dargli ciò che sento che non gli devo, anche perché
non è mio. -
Bacio con venerazione il sacro anello, e le sono in N. S. Gesù Cristo e Maria SS.
Dev.mo sempre
firmato Sac. Orione Luigi O. D. P.
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