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[dattiloscritto]


 +         Anime e Anime !

          Tortona, 17 giugno 1925


 Eccellenza Rev.ma, [Arciv. di Torino]


 Ringrazio di cuore vostra Eccellenza Rev.ma della carità che mi usa di concedere

al sac. Opessi di poter continuare a darmi aiuto.

Che nostro Signore ricompensi largamente vostra Eccellenza!

 Riferendomi ora a quanto la Sig.ra Conti avrebbe detto circa la concessione di

tenere in propria camera il SS. Sacramento, dichiaro che non è affatto né vero che io sia

mai stato intermediario presso il S. Padre di sì grande favore.

 È con non poco stupore che anch’io venni a conoscere da qualche settimana che

essa vorrebbe mettere avanti il mio nome, poiché mi mandò qualche cartolina in proposito.

Io risposi che intendevo parlarne direttamente a vostra Eccellenza Rev.ma poiché la cosa

era grave, e a voce e a vostra Eccellenza Rev.ma avrei detto quanto sentivo in merito.

 È stata una vera fantasticheria di quella povera testa di malata!

Eccole quanto so in proposito:

 Parecchi anni fa la Sig.ra Conti uscì a dirmi che le era stato concesso di tenersi

Gesù Sacramentato in camera.

 Siccome la avevo trovata, anche per altro, poco attendibile, - e la concessione

era fuori dell’ordinario, non le ho creduto.

 Mi disse che tale insigne favore le era stato concesso dal S. Padre Pio X

in un’udienza privata, che realmente pare essa abbia avuta.

 Altra volta mi raccontò che vostra Eccellenza Rev.ma era venuta da Novara

a trova[r]la: che volle vedere Gesù Sacramentato e lo avrebbe preso tra le sue mani.

 Confesso che ho avuto sempre grande diffidenza. -

 Data la autosuggestione di quella poveretta: le escandescenze a cui più volte si è

lasciata trascorrere contro questo, o contro quello: la critica e le basse cose che quasi

sempre aveva da dirmi contro dei sacerdoti, - la stima e la fiducia verso di essa si andarono

man mano in me sempre più affievolendo.

 La udî parlare certe volte così, con astio, che, certo, non poteva essere quello lo

spirito di Gesù Cristo. E non ho lasciato di dirle, e ripetute volte, chiare e forti parole.

 Pure serbandole gratitudine per un aiuto che essa molti anni fa mi diede in denaro,

[L: 10.000 mila circa] a fondo perduto, e del quale passo un buon interesse,

le mie visite si fecero più rare,

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ridotte al puro necessario, perché perché non mancasse la carità verso

quell’anima, e non le sembrasse che dimenticavo una povera malata inferma

che un giorno mi venne in aiuto aveva fatto del bene.

Saranno due o tre anni che neanche ho più celebrato in quella cappellina che essa

tiene, e di cui so benché sapessi che ne aveva regolare Rescritto, tanto che vi celebrò

don Rua e altri, e mi disse che tuttora vi si celebra.

 Ogni qualvolta devo andare dalla Sig.ra Conti, confesso che devo fare come uno

sforzo a me stesso, e non ho più permesso ai miei preti di andarvi perché m’è venuto

fin il dubbio di trovarmi davanti non solo semplicemente ad una malata, ma ad

una mistificatrice, so se al modo che essa parla più ci guadagnino o ci perdano, e avendo

notato molto amor proprio, e più parvenza di virtù che costanza.

Dio sa con quale pena nel cuore scrivo queste cose, - che le quali per altro,

prego rimangano riservate a alla saggezza e paterna carità di vostra Ecc.za Rev.ma.

Ritengo però doveroso di nulla tacere e che dico solo per nulla nasconder a v. E.

ora che la mano della Div. Provvidenza l’ha portata ad essere l’Arcivescovo di Torino.

Però aggiungo quanto amerei di sbagliarmi! Più ho dovuto avvicinatere la Conti e più

m’è parso che di quella cosa che si chiama santità ce ne’è si poca in quella camera

poca poca se pure ce n’è.

Anche per questo non ho potuto indurmi a crederle specie in questo periodo ultimo

di lasciarle nostro Signore.

 Una volta che celebrai da essa, mi chiese che le consacrassi delle particole,

ma mi sono recisamente rifiutato, e non osò più chiederlo.

Io Mai io ho veduto in sua camera né ho veduta riposto nella cappella attigua di

quella casa il SS. Sacramento. Mi disse che la teneva in un mobile decente che ha difronte

al letto: ho visto là dei fiori e dei lini; ma mai ho creduto di dover piegar le ginocchia etc,

né diedi segni di culto, perché capisse dal mio contegno cosa ne pensavo; benché entro di

me lo trovassi, se egli veramente c’era. MAI Ma mai ho indagato se e dove veramente

lo tenesse: mai le ho lasciato alcuna ostia o xxxxxxx particola consacrata, o né intera, né

in minima parte, essa, quando qualche volta all’anno ho celebrato qualche anno fa nella

in quella sua cappellina - Questo le dice tutto.

A me non risultava tale concessione Questo le dice tutto e data l’idea che mi ero

venuto formata di quella povera testa, non potevo regolarmi diversamente - È una povera

malata, malata di più malattie, da cui c’è alla quale c’è da usare grande carità, e da

guardasene insieme per non essere compromessi. tutto quel bene che si può,

con prudenza perché

 Non tutte le rotelle del cervello le girano sempre bene; è d’indole inquieta e dominata

da quel grande imbrogliare l’amor proprio di fantasia alterata, delle volte arriva a far

il teologo; pur facendole tutto quel bene che si può, c’è d’andare con prudenza perché parla

e straparla, dice e fa’ dire ciò che non si è mai detto, esaltandosi e dicendoselo a se tante

volte che poi si autosuggestiona, e crederà di dire la verità, e quindi forse ritenendo

di dire la verità.

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 Perdoni vostra Ecc.za Rev.ma la prossilità di questa mia: preghi qualche volta

per questo povero peccatore, e si degni benedirmi.

Di v. Ecc.za Rev.ma dev.mo servo in G. Cr. e Maria SS.ma


        f.to Sac. Luigi Orione  della Div. Provv.za