V049T153 V049P205
[dattiloscritto]
+ Anime e Anime !
Tortona, 17 giugno 1925
Eccellenza Rev.ma, [Arciv. di Torino]
Ringrazio di cuore vostra Eccellenza Rev.ma della carità che mi usa di concedere
al sac. Opessi di poter continuare a darmi aiuto.
Che nostro Signore ricompensi largamente vostra Eccellenza!
Riferendomi ora a quanto la Sig.ra Conti avrebbe detto circa la concessione di
tenere in propria camera il SS. Sacramento, dichiaro che non è affatto né vero che io sia
mai stato intermediario presso il S. Padre di sì grande favore.
È con non poco stupore che anch’io venni a conoscere da qualche settimana che
essa vorrebbe mettere avanti il mio nome, poiché mi mandò qualche cartolina in proposito.
Io risposi che intendevo parlarne direttamente a vostra Eccellenza Rev.ma poiché la cosa
era grave, e a voce e a vostra Eccellenza Rev.ma avrei detto quanto sentivo in merito.
È stata una vera fantasticheria di quella povera testa di malata!
Eccole quanto so in proposito:
Parecchi anni fa la Sig.ra Conti uscì a dirmi che le era stato concesso di tenersi
Gesù Sacramentato in camera.
Siccome la avevo trovata, anche per altro, poco attendibile, - e la concessione
era fuori dell’ordinario, non le ho creduto.
Mi disse che tale insigne favore le era stato concesso dal S. Padre Pio X
in un’udienza privata, che realmente pare essa abbia avuta.
Altra volta mi raccontò che vostra Eccellenza Rev.ma era venuta da Novara
a trova[r]la: che volle vedere Gesù Sacramentato e lo avrebbe preso tra le sue mani.
Confesso che ho avuto sempre grande diffidenza. -
Data la autosuggestione di quella poveretta: le escandescenze a cui più volte si è
lasciata trascorrere contro questo, o contro quello: la critica e le basse cose che quasi
sempre aveva da dirmi contro dei sacerdoti, - la stima e la fiducia verso di essa si andarono
man mano in me sempre più affievolendo.
La udî parlare certe volte così, con astio, che, certo, non poteva essere quello lo
spirito di Gesù Cristo. E non ho lasciato di dirle, e ripetute volte, chiare e forti parole.
Pure serbandole gratitudine per un aiuto che essa molti anni fa mi diede in denaro,
[L: 10.000 mila circa] a fondo perduto, e del quale passo un buon interesse,
le mie visite si fecero più rare,
V049P205b
ridotte
al puro necessario, perché
perché non mancasse la carità verso
quell’anima,
e non le sembrasse che dimenticavo una
povera malata
inferma
che
un giorno mi venne in aiuto
aveva fatto del bene.
Saranno due o tre anni che neanche ho più celebrato in quella cappellina che essa
tiene,
e di cui so
benché sapessi che ne aveva regolare
Rescritto,
tanto che vi celebrò
don Rua e altri, e mi disse che tuttora vi si celebra.
Ogni qualvolta devo andare dalla Sig.ra Conti, confesso che devo fare come uno
sforzo a me stesso, e non ho più permesso ai miei preti di andarvi perché m’è venuto
fin
il dubbio di trovarmi davanti non solo
semplicemente ad una malata, ma ad
una mistificatrice, so se al modo che essa parla più ci guadagnino o ci perdano, e avendo
notato molto amor proprio, e più parvenza di virtù che costanza.
Dio
sa con quale pena nel cuore scrivo queste cose, - che
le quali per altro,
prego
rimangano riservate a
alla saggezza e paterna carità di vostra
Ecc.za
Rev.ma.
Ritengo
però doveroso di nulla tacere e che dico
solo per nulla nasconder a v.
E.
ora che la mano della Div. Provvidenza l’ha portata ad essere l’Arcivescovo di Torino.
Però
aggiungo quanto amerei di
sbagliarmi! Più ho dovuto avvicinatere
la Conti e più
m’è
parso che di quella cosa che si chiama santità ce ne’è
si poca in quella camera
poca poca se pure ce n’è.
Anche
per questo non ho
potuto indurmi a crederle specie in
questo periodo ultimo
di lasciarle nostro Signore.
Una volta che celebrai da essa, mi chiese che le consacrassi delle particole,
ma mi sono recisamente rifiutato, e non osò più chiederlo.
Io
Mai io ho veduto
in sua camera né ho veduta
riposto nella cappella attigua
di
quella casa il SS. Sacramento. Mi disse che la teneva in un mobile decente che ha difronte
al letto: ho visto là dei fiori e dei lini; ma mai ho creduto di dover piegar le ginocchia etc,
né diedi segni di culto, perché capisse dal mio contegno cosa ne pensavo; benché entro di
me
lo trovassi, se egli veramente c’era. MAI
Ma mai ho indagato se e dove veramente
lo
tenesse: mai le ho lasciato alcuna ostia
o xxxxxxx
particola consacrata, o
né intera, né
in
minima parte, essa,
quando qualche volta all’anno ho celebrato qualche anno fa nella
in quella sua cappellina - Questo le dice tutto.
A
me non
risultava
tale
concessione Questo
le dice tutto e data l’idea che mi ero
venuto
formata di quella povera testa, non potevo regolarmi diversamente - È
una povera
malata,
malata di più malattie, da cui
c’è alla quale c’è da usare grande carità, e
da
guardasene
insieme per non essere compromessi.
tutto quel bene che si può,
con
prudenza perché
Non tutte le rotelle del cervello le girano sempre bene; è d’indole inquieta e dominata
da quel grande imbrogliare l’amor proprio di fantasia alterata, delle volte arriva a far
il teologo; pur facendole tutto quel bene che si può, c’è d’andare con prudenza perché parla
e straparla, dice e fa’ dire ciò che non si è mai detto, esaltandosi e dicendoselo a se tante
volte che poi si autosuggestiona, e crederà di dire la verità, e quindi forse ritenendo
di dire la verità.
V049P205c
Perdoni vostra Ecc.za Rev.ma la prossilità di questa mia: preghi qualche volta
per questo povero peccatore, e si degni benedirmi.
Di v. Ecc.za Rev.ma dev.mo servo in G. Cr. e Maria SS.ma
f.to Sac. Luigi Orione della Div. Provv.za