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Non ho potuto rileggerla -

Riservatissima


 +        Anime e Anime !

         Mar de Hespanha, il 14 Ottobre 1921


 Molto rev.da madre, [Michel]


 Ho ricevuto la sua gradita lettera del 12 - 9 - [19]21, da Roma,

dopo la sua udienza dal S. Padre.

Io farò lo stesso per le sue figlie in G. Cr. tutto quanto potrò,

che se poi il S. Padre mi dirà o, meglio, mi farà scrivere qualche cosa,

in merito a quanto ella gli ha chiesto, farò tutto quanto il S. Padre mi dirà.

 Sono stato due volte a Queluz, nell'andare e venire da Marianna,

e sono rimasto molto bene impressionato di quella Casa, -

ho promesso che vi tornerò per farvi tre giorni di ritiro, e per sentirle tutte con comodità,

non avendone ora sentite che alcune.

 Quel Vigario di Queluz vorrebbe un sacerdote,

gli ho risposto che se ci ajuta ad aprire a in Queluz o a Lafajette una Casa

io gli darò i padri, sia per suo ajuto che per le suore.

È tanto ricco che a lui poco costerebbe, se avesse vera volontà.

 Ma non se ne farà nulla, temo.

 Forse non sarebbe difficile avere da Mg.r Arcivescovo la parrocchia di Lafajette.

 Ho lasciato a suor Maria che facesse essa, che ha ascendente su quel Vigario,

il quale però è molto, è troppo inglese dal lato borsa.

 Sono stato a Marianna dall'Arcivescovo con p. De Paoli,

e mi vi fermai quasi due giorni. Si parlò di mettere qui Vigario uno dei due condotti

con me al Brasile, ottimo sacerdote, certo don Mario Ghiglione, serio e zelante,

e veramente nostro, - così anche queste suore saranno bene appoggiate.

Mg.r Arcivescovo lo accettò.

 Di don Silverio ho riportato l'impressione che si ha dei santi,

e con lui ho parlato di coltivare le vocazioni dei neri e dei mulatti,

e spero che S. Giuseppe ci vorrà ajutare in questo potentemente presso n. Signore

e la Madonna SS. Abbiamo cominciato una novena a S. Giuseppe tutti e due.

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 Io vorrei anche dare principio ad una famiglia di suore nere,

dove non potessero entrare che le nere e le mulatte,

e si chiamerebbero le suore della Madonna d'Oropa

e chiederei alle Fogliano di darmi quella loro Casa a Sordevolo, dove ne metterei un poco,

in estate s'intende, e per l'inverno le metterei in qualche punto caldo, sul mare;

e dovrebbero essere sotto gli auspicî di S. E Ifigenia; anzi in Brasile e presso del popolo,

dovrebbero popolarmente chiamarsi le monache di S. Ifigenia, che era nera.

 Nostro Signor Gesù Cristo non ha mica dati i Consigli Evagelici solo per i bianchi,

né la vocazione è da supporsi che sia limitata al colore della gente.

 Se San Giuseppe vuole, non c'è difficoltà che tenga;

lei rev.da madre, si tenga pronta a darmi due suore

per avviare le suore della Madonna d'Oropa;

io già le ho belle che consacrate tutte alla SS. Vergine per le mani di S. Giuseppe. -

 Quanto ai preti neri, l'Arcivescovo don Silverio

mi ha detto che è un'opera di giustizia verso di essi

che furono coloro che hanno colonizzato, il Brasile quali schiavi.

Lo so che avrò contro dei Vescovi, ma io mi getterò sotto i loro piedi, e li lascerò passare,

in nomine Domini. Un altro Arcivescovo ha già fatto una tirata con me contro di lei,

perché lei aveva accolto delle nere o mulatte. Ma, o parto dal Brasile,

o lavorerò in Domino per le vocazioni dei neri; ci saranno delle delusioni? le aspetto,

ma non mi stancherò di cooperare per le vocazioni dei neri.

Lei voglia prepararmi due brave suore per avviare il ramo delle Nere,

e la Madonna farà il resto.

 Da Queluz sono andato a S. Paolo, e giunto colà, non sapendo ove posar piede,

mi sono fatto condurre al Monastero della Visitazione, avendo una lettera

della superiora di Reggio Calabria per la superiora di Rio S. Paolo.

Ho trovato spirito di Dio, e mi lasciarono dir Messa, dopo aver telefonato,

credo, al Vic. gen.le, più mi fecero due biglietti per trovare alloggio per tre giorni,

uno pei Gesuiti e un altro pei Salesiani. Andai dai Gesuiti, ma non trovai Gesù, -

andai dai Salesiani, ma il superiore non era in Casa e lasciai il biglietto,

dicendo che sarei tornato; poi, invece, non tornai più, perché la Provvidenza di Dio

provvide diversamente, e Deo gratias!

 Sono andato, allora dopo pa i Salesiani,

a cercare a via Mooca la Casa della Div.na Provvidenza, e già avevo visto quella mattina

a due a due, alcune suore della Div. Provvidenza girare per S. Paolo.

Scesi da un tram, e ne interrogai due ove fosse la loro Casa di Rua Mooca,

ma si era molto lontani, e mi dissero che esse non stavano a Rua Mooca,

ma in una Casa filiale, pure in S. Paolo; seppi poi che sono in 4 a fare un po’ di scuola

in quella che dovrebbe essere la Casa del Noviziato.

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 Basta, arrivai a Rua Mooca e mi feci annunziare per Don Orione e,

dopo circa un'ora di aspetto, venne una suora, a cui chiesi se essa era la superiora,

suor Cherubina. Mi rispose di sì, e che cosa volevo. Ho detto che: avendomi essa scritto,

(ringraziandomi delle lettere di Don Capra a lei trasmesse da me) che,

se fossi andato a S. Paolo, fossi andato a trovarla, io, dovendo andare a S. Paolo,

ero passato a farle breve visita.

 Non mi perderò a ripetere tutto quello che essa buttò fuori, e Dio la perdoni,

e perdoni a me i miei peccati, che sono certo più che quelli di essa, ma, in verità,

che Dio non era in quelle sue parole. Mi ha detto poi che essa

già aveva prevenuto Mg.r Arcivescovo del mio arrivo,

(io lo avevo scritto ad essa che, andando a San Paolo, le avrei fatta breve visita)

e che essa non poteva farmi visitare l'Istituto senza il permesso dell'Arcivescovo.

Il bello è che era essa che mi aveva invitato.

 Il Signore mi aiutò ad avere una grande calma una grande pazienza,

e mi diede molta carità verso quell'anima, quanto poca ne avevo trovata la mattina in essa

e forse in quelli stessi che la dirigono, ai quali, inconsciamente,

le buone Visitandine mi avevano indirizzato, perché trovassi alloggio.

Uscito di là sono andato da Mg.r Vicario Generale per avere il permesso di celebrare -

Devo alla bontà della s. sede, che munì di un tale passaporto che in Curia di S. Paolo,

(mi disse il Vic. generale) non ne videro mai di simili,

se ho potuto avere a voce il permesso di celebrare, p che avevo chiesto per due o tre giorni. Mg.r Vicario copiò da cima a fondo quel documento; mi chiese se ero anche superiore

e fondatore delle figlie della Divina Provvidenza, e risposi di no, -

tuttavia egli doveva sapere di me qualche cosa, e quel nome di Don Orione

doveva esser stato segnalato come quello d'un visitatore molesto, - e il non avermi voluto,

in bel modo, rilasciare il permesso di celebrare per iscritto, era, mi parve,

non volersi compromettere col suo principale - Dico quello che ho chiaramente capito.

Poi il Vic. gen.le volle farmi portare il caffè, - ed io lo pregai che umiliasse

a Mg.r Arcivescovo i miei ossequî e volesse annunciargli la mia visita pel dì dopo.

Intanto la Messa la potevo dire, ma non avevo nulla in mano da produrre ai parroci

perché li autorizzasse a lasciarmi celebrare. Vedendomi in quello stato

e nel timore di restare burlato, ho pensato nel Signore che conveniva allora,

burlarmi in Domino di loro, e pregai Mg.r Vicario se voleva essere tanto cortese

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da indirizzarmi lui presso qualche Istituto religioso maschile ove, pagando il disturbo,

poter trovare ospitalità per due o tre giorni, senza dover ricorrere ad un Hotel.

 Egli mi disse di andare a nome suo a S. Antonio, dagli Scalabriniani, -

e che mi consigliava ad andare là più che dai Salesiani etc.

Lungo la via trovai un sacerdote, cui chiesi ove fosse S. Antonio,

ed era proprio il superiore, e così fui a posto, anche, e sopra tutto, per poter dire Messa.

Egli credette sulla mia parola che io ero mandato a lui dal Vicario gen.le,

e mi mandò per pel dormire all'orfanato Cristoforo Colombo,

più su do di dove stava la primitiva Casa della Divina Provvidenza sul colle Ipiranga.

 Il dì dopo, otto giorni oggi, andai dall'Arcivescovo,

il quale mi accolse molto sostenuto, né mi disse di sedere mai,

per tutto che durò la non breve udienza. Io sapevo davanti a chi stavo,

e andai a Lui come dovevo, quale l'ultimo dei sacerdoti può e deve andare

ai piedi di un Vescovo.

 Io ero là con lo sguardo e con l'anima sicura, nelle mani di Dio,

col buon testimonio della coscienza e della giustizia che andavo a sostenere,

ma con molto rispetto e con venerazione alla dignità e all'autorità della chiesa

a cui ero davanti.

 Mi premeva di farmi propizio dell'uomo.

 Le parole onde mi accolse e il modo con cui eran proferite volevan dir chiaramente:

bada a chi sei davanti, o press'a poco. Mi spiace assai, assai assai parlare così di un V. -

Ma io non ero andato là per fare contesa, tutt'altro! E gli ho detto:

Come a v. Eccellenza rev.ma avrà riferito Mg.r Vicario dal quale sono stato jeri,

appena giunto, sono venuto per fare a v. Eccellenza atto di devoto ossequio.

Mi dovrei trattenere a San Paolo per due o tre giorni,

e la pregherei della sua benedizione, poiché son bene che, in via ordinaria e normalmente,

le benedizioni di Dio discendono dalle mani dei Vescovi.

 Queste parole volle il Signore che andassero a lui come un'onda di pace,

e gli tornarono visibilmente gradite. Il discorso non venne alle strette,

come minacciava a fin dal principio; ed egli pur sostenendosi entrò ad interrogarmi,

e poi a parlarmi anche dell'Istituto delle figlie della Div. Provvidenza.

Mi sarebbe troppo lungo riferire tutto, solo dirò che giunse a dichiarare

la suor Cherubina una martire, «una Santa», e che egli avrebbe vietato ogni relazione

con la Casa madre etc., e che voleva che il Noviziato fosse a S. Paolo,

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perché non aveva fiducia delle suore formate in altro Noviziato

e a Mar de Hespanha etc. etc. - Io mi ero impegnato a sentirlo fino al fondo

e a mandar giù tutto, pur di arrivare all'unione desiderata, e sentivo il Signore

e la SS. Vergine e San Giuseppe e tutto le anime delle nostre povere

e sante Suore che sono morte, che mi stavano vicino. E più l'udienza si protraeva,

e più quel povero uomo doveva trovarsi imbarazzato, ed io avevo una grande compassione

e un grande amore per l'anima sua. Egli non osava più dirmi di sedere,

non lo poteva più. Mi disse di visitare pure la Casa e poi di tornare a lui,

se trovava qualche cosa da riferire, mi parlò della chiesa che fabbricano,

mi chiese quanti sacerdoti siamo, mi trattò bene; io mi inginocchiai,

gli chiesi la benedizione, che ricevetti come fosse proprio quella della chiesa e del Signore,

gli baciai il lembo dell'abito e l'anello, misi la sua mano sulla mia testa,

Lo ringraziai, e poi gl lo pregai di degnarsi ricevere una modesta medaglia

che mostrò di gradire.

 Chi aveva fatto tutto quel mutamento era Dio, ma il più gran passo era fatto.

Io però avevo ben capito che la S. Ch. è la padrona dell'Arc.

e ne fa quello che vuole. Essa pare che vada da lui quando vuole

e mi disse essa che se egli fosse stato trasferito a Rio, le aveva detto

che avrebbe fatto andare anch'essa a Rio. Certo che lui vede bene tutti quelli che vedono

e parlano bene di essa, e non dico altro.

 Escludo però da queste mie parole ogni senso cattivo e disonorevole moralmente. -

Essa mi aspettò tutto quel dopo pranzo che ero stato dall'Arcivescovo, ma io non andai,

andai nel dopo pranzo del dì dopo, sabato 8 ottobre. Da Mg.r Arcivescovo

andai che era la festa del SS. Rosario, - e la Madonna è che ha fatto tutto. -

Il sabato fui per forse 5 ore con suor Cherubina, e mi fece visitare la Casa

e mi disse di andare a dire la Messa il lunedì se potevo.

Io volevo partire la domenica per necessità che avevo di trovarmi a Rio, ma ritardai,

anche per potervi andare a dire Messa, e poi per fare altra visita all'Arcivescovo.

 Essa non mi presentò mai neanche una suora, solo mi disse che ne ha 19 vestite

e che ha un 500 Conti, e tutte queste vanterie e difese,

basandosi sempre di avere obbedito a chi la poteva comandare;

ma non mi perderò in questo. Il sabato mattino, prima di andare ad essa

(ci fui il dopo pranzo) io mi incontrai col dottor José Vincenti che lei madre ben conosce,

e gli chiesi quella Casa nuova che sta vuota sul colle Ipiranga,

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avanti a cui io passavo per andare a risposare all'orfanato Cristoforo Colombo.

Egli l'ha fatta per ospedale e non la volle dare mai né agli Scalabriniani

né a suor Cherubina. Mi disse di no, che era per ospedale, ma poi mi sentì,

e mi disse che era disposto a fare, e mi invitò a casa sua per domenica 9 ottobre.

 Ci andai, e si dichiarò pronto a darmi provvisoriamente quel fabbricato,

facendolo anche mettere in ordine, e poi a donare alla Congregazione

della Div. Provvidenza sullo stesso storico colle Ipiranga, sul punto più bello,

e proprio dove si ferma il tram elettrico della città metri 216 x 242 di terreno,

per un Istituto di arti e mestieri.

 Egli si sarebbe dichiarato anche pronto ad aiutare pel mantenimento

di un dato numero di orfani; la cosa fu combinata presenti anche alcuni

e i principali membri della famiglia del sig.r dott.r José Vincenti.

Il dì dopo, andando alla Casa della Divina Provvidenza,

dissi a suor Cherubina quanto l'incontro col Vincenti,

e come egli aveva mostrato buone intenzioni. Essa mi disse subito che era difficile

che Mg.r Arcivescovo mi avesse dato subito il permesso, che chissà forse in avvenire...

Che c'era, invece, bisogno in quel quartiere del Braz, dove sono tutti italiani etc. etc.

Dissi nulla, ma pensai che essa avrebbe potuto influire sull'Arcivescovo,

e far cambiare le cose, e così fu.

 Il giorno dopo andai dall'Arcivescovo, il quale non mi lasciò finire di parlare,

che mi disse: senta io non sono favorevole che lei tratti con quel signore,

ma le offro di accettare qui al a San Paolo, al Braz, ove sono tutti gli italiani,

una nuova parrocchia, - non c'è ancora casa canonica,

e bisognerà per qualche anno soffrire materialmente e affittare una Casa,

ma, poiché il suo Istituto e quello della figlie della Divina Provvidenza

mi sembra che abbiano lo stesso spirito, io le affiderei anche la direzione spirituale

di quelle suore, e continuò di questo passo.

 Io non gli dissi di no, riserbandomi tempo a pregare.

Egli mi trattò molto molto cordialmente - Gli feci sentire che io avrei dovuto ritornare

a S. Paolo, ed egli mostrò desiderio di rivedermi. Ecco le vie elevate di Dio!

Alla sera, mentre ero alla stazione per partire per Rio, mi volto,

e vedo Mg.r Arcivescovo, solo. Egli mi vide, e mi si avvicinò dicendomi in italiano:

Buon viaggio! buon viaggio! con molto affetto. Io gli baciai l'anello,

ed ho sentito che era proprio il Signore che sa cavare bene anche dal male.

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 Jeri mandai a Mg.r Arcivescovo la lettera che accludo,

con cui accetto la parrocchia di S. Paolo, - allo scopo di dare alle suore un indirizzo unico

e perché l'unione sia reale e non fittizia.

 La terrò al corrente sullo svolgersi delle cose,

poiché come vede, tornerò a S. Paolo presto, - in verità, vado per questo.

Speriamo che le cose continuino bene. - Io con suor Cherubina mi trovo in buoni rapporti,

pronto a subire qualunque villania e sofferenza pur di raggiungere la sospirata unione.

 Ma è Iddio che la deve fare e cementare, perché da parte di suor Cherubina

non vedo le disposizioni di umiltà di spirito, di sincera dipendenza

e di vera vita di spirito religioso.

 Essa è la madre Cherubina! cui essa stessa mi diceva: «non manca nulla:

vitto, vestito, denaro, una bella Casa che è un monumento, e l'Arcivescovo e i Gesuiti

e don Capra (dice essa) che la proteggano e la approvano. Che i Gesuiti

e l'Arcivescovo la proteggano non se ne può dubitare, ma che ad essa manchi nulla non so,

mi pare che le manchi la base: l'umiltà che è radice e fondamento di tutto.

C'è quindi da pregare assai per essa.

 E se difficoltà ci saranno, verranno da essa, che mena molto bene,

cioè molto male pel naso chi dovrebbe metterla a posto. Ma tutto Iddio dispone

o permette per nostro bene.

 Alla suor Cherubina deve essere nota la proposta che Mg.r Vescovo mi ha fatto,

ma io glie la comunicai oggi dicendole che ho accettato, e di voler pregare,

trattandola sempre con grande carità.

 Ora preghi anche lei, e molto e molto.

 Io ritorno a S. Paolo a giorni, e poi scriverò di nuovo.

 Questa lettera è riservatissima ed è solo da leggersi da don Zanocchi,

da lei, rev.ma Madre, da don Montagna e da don Sterpi,

e poi dovrà conservarsi nel nostro archivio segreto,

insieme con la lettera da me inviata all'Arcivescovo di S. Paolo.

Io dovrò poi completare a voce e per iscritto ciò che in essa non ho creduto conveniente

e prudente dire.

 Ora rispondo breve, ma a tutto che c'è nella sua lettera: -

 I  spero saranno giunte jeri a Rio le suore con suor Camilla;

io lasciai là l'altro jeri tornando da Rio una lettera di conforto,

e sarò di nuovo a Rio entro tre giorni, per presentare i miei religiosi,

che ora si stabiliscono là, all'Arcivescovo e al Nunzio. Noi oggi, festa di S. Teresa,

entriamo con tre di noi ad assumere il governo dell'Istituto di preservazione di Rio:

nel nome della Madonna SS. e di S. Teresa di Gesù.

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 Io spero che avrò quel terreno sul colle Ipiranga a S. Paolo

e altri aiuti da quel signore, ma farò le cose chiare: egli dovrà intestare tutto ciò

che dà alla Congregazione che al Brasile ha riconoscimento giuridico,

e allora farò l'Istituto orfani di S. Giuseppe, e metterò a S. Paolo

il centro delle nostre opere brasilere.

 Andrò presto a vedere terreni e una Casa a Santos,

che cercherò di non lasciare sfuggire: Rio, San Paolo e Santos sono una bella forza

e fortezza di lavoro! Preghi!

 Ho bisogno almeno due sacerdoti e don Sterpi me li manderà. Preghi!

 Quanto al Noviziato delle suore in S. Paolo, ho proposto all'Arcivescovo

che ci metta suor Rita, e spero condurlo in questo senso, e ne parlai bene

anche a suor Cherubina. - Suor Rita con un'italiana, che sia fattiva e di spirito.

 Dico di fare là, se accettano che la direzione la diamo noi,

ma di non disfare questo di qui, se non si vede chiaro e sicuro come va quello di S. Paolo.

Se suor Cherubina pretendesse fare e disfare nel Noviziato e co modellare su di sé

e formare al suo spirito le novizie, - allora niente, niente, niente:

sarò più duro d'un macigno! Molta carità, ma fermo,

per salvare la Congregazione delle suore qui, - sarebbe ben peggio se avessero

anche un noviziato nella mani! Tranquilli e preghiamo! Scriverò in merito.

La Per la Celestina lei faccia come le ha detto il S. Padre;

al mio ritorno si vedrà di fare il resto, in Domino.

 Per la Casa di Roma lei la dia pure a quei signori,

ma se non trovano di potersi allogare diversamente, ma per tre o quattro mesi, al più.

 Se lei crede di poterla anche dare per aprirvi le scuole elementari,

come le disse don Adaglio, e lei le dia, ma non badi ad avere riguardi per me.

Certo che le scuole esterne farebbero un gran bene, ma temo che se già non si è deciso,

questa mia giungerà forse in ritardo per cominciarle.

 Tuttavia lei preghi, e poi faccia in Domino.

Piuttosto che lasciar vuote quelle camere, le scuole sarebbero un vero bene

pel quartiere Appio.

 Quanto al mandare la Celestina, temo che non resista alla fatica,

e quella che è maestra a Pisticci non mi pare parve sufficientemente serie e religiosa

per collocarla a Roma. Ma se sei crede, la mandi pure.

 I miei padri stanno bene, e qualcuno mi dà qualche pena.

Don Dondero è sempre da sé, a S. Antonio do Chador, viene e va:

sia fatta la volontà di Dio! È troppo caparbio, pure affettando pietà e amore

alla Congregazione.

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 O viene per essere sottomesso o meglio non venga:

aut aut non voglio religiosi a metà.

Pel Noviziato del 2do Ordine, vedremo dopo che S. Paolo si sarà chiarito.

Io non ho premura di lasciare il Brasile, e comincio solo ora a poter lavorare!

 Va bene per quanto mi dice circa la Provinciale: se c'è suor Teresa sarà essa,

se no, suor Camilla.

 Mi scriva che decide per S. Gonzalo, - io ho già comunicato tutto, e aspetto.

Finisco per spedire.

 La benedico di cuore, e oggi ho pregato S. Teresa per lei e per tutte le sue figlie:

Iddio ci benedica tutti tutti!

 La presente si mandi a don Sterpi per raccomandata, letta che sia

anche da don Zanocchi e don Montagna quali membri del Consiglio della Congregazione.

Essi sono tenuti al più rigoroso segreto.

 I miei sacerdoti tutti la riveriscono e salutano don Sterpi, don Zanocchi,

don Montagna e tutti. - Stiamo bene. don De Paoli, don Mario Ghiglione

e il ch.co José Dondero sono da oggi a Rio nel nuovo Istituto.

 Questo fu messo sotto gli auspicî di N. Signora di Nazaret

quella che è nella loro cappella di Rua Itapirù in Rio.

 Benedico di nuovo in G. C. e Maria SS.

 Dev.mo


          Sac. Orione d. Div. P.


 Fino ad oggi 15 ottobre non ho ricevuto una parola da don Sterpi. -

Cosa c'è? È malato? Scrivermi e non tenermi in pena.

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