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[l’azzurro è dattiloscritto]
Messina, il dì 11 Febbraio
Illustre sig. Presidente, [Comm.r Soffio]
Sono andato ieri alla Casa di salute Mandalari, a visitarvi il minorenne
Calabrò Giovanni fu Francesco da S. Alessio d’Aspromonte come ella, signor Presidente,
mi diede incarico. Mi trattenni con l’orfano un venti minuti. Trovai il giovane
in ottimo stato di salute, egli è così sviluppato e ben tarchiato da sembrare già uomo fatto.
Forse era un po’ imbarazzato, perché la prima volta che mi vedeva.
In quei momenti dimostrò di essere nel pieno possesso delle sue facoltà mentali,
l’occhio aveva limpido e mi confermò di sentirsi in buona salute,
disse di dormire senza sogni agitati, di avere buon appetito. Lo feci parlare del suo paese,
della popolazione, del terremoto, di tutto ciò poteva averlo più colpito nella fantasia
e nel cuore, e il suo discorso non andava a salti, ma filava dritto,
con vera lucidità di mente. A togliere la meraviglia della mia visita a lui,
gli manifestai che era il Patronato, il quale desiderava conoscere come ora
stesse di salute. Allora egli mi domandò se era passato alla dipendenza del Patronato,
e se ne mostrò contento. Domandò pure chi è che amministrava i suoi beni,
qui mi sono limitato a dirgli di stare tranquillo, di guarire presto,
che il Patronato si sarebbe presa ogni cura di lui e delle cose sue.
Nel lasciarlo gli chiesi se avesse qualche desiderio da manifestare al Patronato;
mi rispose che da due mesi si sentiva bene,
e desiderava che subito si iniziassero le pratiche col Tribunale per toglierlo di là.
Prese il caffè con me, e mostrò desiderio di rivedermi.
Nel discendere le scale io tra me e me mi domandava: ma è questo il pazzo?
Ma il Signore che mi accompagnava, che è proprietario dello stabilimento, mi diceva:
se lo vedesse quando è furente, non bastano otto uomini a tenerlo.
L’impressione che riportai è che convenga quanto prima
togliere l’orfano da quel luogo, perché non lo credo affetto da demenza sì grave
che gli giovi tenerlo rinchiuso a quel modo.
Non trascorsi con lui a domande che si potevano riferire
troppo da vicino al suo trattamento, poiché fu sempre presente il signor Mandalari,
uno dei comproprietari, come ho detto sopra.
Il giovane a principio diede però a me delle occhiate assai espressive,
a significarmi che poco gradiva la presenza di quel terzo.
Lo trovai piuttosto mal vestito.
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Non mi è stato possibile con una sola visita formarmi un criterio così sicuro
da riferire a lei caro signor Presidente, su quanto il Patronato domanda.
Quella Casa di salute però non credo offra le più serie garanzie rispetto alla custodia
e alla desiderabile guarigione dell’orfano; non posso quindi in coscienza dire
che essa dia un assoluto affidamento.
Mi parrebbe più che conveniente che il Calabrò venisse, quanto prima,
trasferito lontano di qui e da Reggio.
Il suo mantenimento costa ora annualmente L. 3600.
Con devoto ossequio, di lei gentilissimo signor Presidente
F.to Don Orione
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