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c’è un gruppo di sacerdoti che sanno di empietà nel modo di trattarmi,
e impediscono che io possa lavorare, riducendomi ad una vita crocifissa
nel senso più intimo e più doloroso.
E
il Superiore permettendolo Iddio, è con essi, e
sono ridotti a non poter lavorare.
Mi
fanno tante brutte figure, almeno essi ne fanno quel
che vogliono,
e
non potendosi sfogare col S. Padre poiché
che non li ha accontentati,
si
sfogano con me del
continuo contro di me nel modo spesso più volgare e inumano.
Per
parte mia capisco benedico
Dio che ho tutto da guadagnare
ad
abbracciare abbracciando questa santa croce per amore
di Dio e del Papa,
ma vedendo il male che ne viene dal modo di inazione a cui mi hanno ridotto,
e il
bene che mi pare si impedisca che
potrei fare col divino aiuto,
e
anche perché non si è sono
un sasso, ma e anche pur
dandomi n. Signore
grazia
di sopportare e di tacere,
si sente sento tutto il
dolore delle calunnie
e mormorazioni e gli oltraggi che mi indirizzano, mi sento molte volte come esausto
di forze e di dolore.
Essi
vedono poi E siccome io taccio sempre, essi mi
credono un balordo
un
ignorante, e lo spargono e cred per
screditarmi
Quando
ho detto qualche cosa Essi poveretti si credono
avviliti davanti alla società
di
avere qui un Vicario forestiero dicono
chiaramente che. Il Signore mi ha dato finora
una
grande pazienza. Capisco che Tuttavia
pure benedicendo nostro Signore
per
amarlo di più a conoscere: essi tentarono
di demolire e ora qui continuano
tentano
demolirmi in tutti i sensi, in modo anche
che sarebbe anche ridicolo
per chi mi conosce.
Che cosa dovrei fare? don Albera mi dice di venire a Roma,
e di esporre tutto al S. Padre. Ma io sono stato a Roma solo da due mesi.
Quando
venni e lì dimostrai
che qui mi avevano fatta una situazione impossibile,
tale
da ridurmi a fare ciò
che nelle Curie suole fare un vice cancelliere, e
che non ora
o un lavoro puramente burocratico di firme, di stati liberi ecc.
Parlai chiaro delle gravi difficoltà che incontrava,
e
che mi si volevan affatto messo voleva
in pratica mettere a parte
dal
governo della diocesi, mi dissero come
Ella sa. Mi dissero di ritornare,
e
sono ritornato, pur
È
ora conveniente che io esponga ritorni
a Roma,
o devo scriverne ancora esponendo la mia dolorosa situazione?
Non
vorrei che ciò fosse presa
interpretato come un desiderio di
partire,
o
mancanza di piena volontà col xxxxxxxx ajuto di di
lasciare Messina
in
balia di questa gente; io voglio con
la grazia del Signore voglio fare
ciò che il S. Padre da me poveretto ha mostrato desiderare.
Lei
lo sa quanto ho sempre
amato il Papa!
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Ma devo continuare cosi? Non potrebbero da Roma se vogliono che stia qui
parlare chiaro una buona volta.
Qui mi tengono nascosto tutto: io non so nulla dei cambiamenti in diocesi del clero;
e si allarmano se capiscono che mi interesso di qualche cosa
che tocchi veramente l’andamento della diocesi.
Essi
devono ridere di questo Vicario generale,
a
cui il Vescovo non dice mai una parola, mentre un gruppetto governa a
piacere, -
e la disciplina del clero e le anime se ne vanno.
Mi usi la carità di dirmi una parola sicura di ciò che dovrei fare.
Iddio
la ricompensi: pregherò per lei. Mi raccomandi tanto alla Madonna -
osse
¨