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 +         Anime !  Anime !

          Tortona, 4 genn. 1938


 A i miei venerati e cari sacerdoti della Divina Provv.za

 ai nostri cari chierici ed agli aspiranti,

 nonché ai carissimi eremiti e ai coadiutori,


 La grazia del Signore e la sua pace siano sempre con noi!

 Ritornato in Italia, subito ho sentito vivissimo il desiderio di scrivere una lettera

che fosse rivolta non solo a questo o a quello, ma diretta a tutti.

 Ho scritto bensì, e più e più volte, a don Zanocchi, a don Dutto ed a parecchi di voi,

ma ciò non soddisfaceva appieno il bisogno del mio cuore, di potermi far presente a tutti,

di parlare a tutti ed a ciascuno di voi, o dilettissimi nel Signore.

 Ho sperato di poterlo fare per le sante feste natalizie, ma non m’è stato possibile;

che volete? dopo tre anni di assenza, ho trovato qui molto lavoro.

 Mi ha però confortato il pensare che presto avreste avuto gli Esercizî Sp.li,

e che questa era pure un’occasione molto adatta, anche perché questa mia

Vi avrebbe trovati tutti, o quasi, tutti riuniti e raccolti nel Signore.

 Così ora fo ora con voi quello che dall’America facevo con questi i vostri fratelli

di qui, che ai quali sempre e ripetutamente scrivevo loro pei Santi Esercizî.

È questo «il tempo accettabile», quando, nel sacro ritiro, gli animi si trovano meglio

disposti a ricevere le parole, le esortazioni e, talora, le disposizioni di Dio pel bene

delle anime nostre, - onde confido che lo Spirito Santo vorrà suggerire anche a me

qualche cosa a bene vostro e della nostra cara Congregazione.

 Anch’io ho fatto di recente gli Esercizî Sp.li, in Novembre, a Rho,

e ne sono rimasto tanto tanto contento. Peccato che siano durati così poco!

Li predicarono due ottimi padri oblati di S. Carlo: avevo sotto gli occhi

l’esempio di un centinaio di sacerdoti, venuti da più diocesi, a quella Casa,

fatta appositamente per gli Esercizî Sp.li del clero, e mi trovavo in un Santuario

di Maria SS., davanti ad un’immagine della Pietà, che un giorno pianse sangue.

 Certo che gli Esercizî, - perché raggiungano il loro santo scopo,

di farci cioè conoscere bene noi stessi, e rinforzarci nella volontà di servire Dio

con generosità, - bisogna farli col cuore. È il tempo di riscaldarci come il ferro nel fuoco,

e di ammollirci, ricevendo la forma che Dio vuole da noi.

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 Nella Casa d’Esercizî degli oblati di San Carlo a Rho,

gli Esercizî si fanno veramente bene, perché c’è si mantiene un silenzio assoluto,

c’è molto spirito di raccoglimento e fervore di orazione; per me e per tutti

furono giorni di paradiso. E così prego Dio che siano per voi, o miei cari, -

sì che ciascuno rimedî alla sua vita passata e, col divino aiuto,

getti i fondamenti della propria santità. Se volete farli bene,

fate frequenti visite a Gesù Sacramento in codesti santi giorni e raccomandatevi molto

alla SS. Vergine, nostra Madre.

 Ed ora vi dirò che ho ancora piena la mente e il cuore della vostra bontà per me,

durante tutto il tempo che ho passato con voi. Ho sempre davanti a me le vostre persone,

e sento di portarvi tutti nel cuore.

 La lontananza non ha per nulla rallentato il sacro vincolo della carità che ci unisce,

anzi mi fa sentire più vivo, più dolce, direi più santo il sentimento della spirituale paternità

che a voi mi lega e mi legherà in eterno. Onde, benché lontano di persona,

tengo voi e tutti i nostri cari fratelli i poveri del Piccolo Cottolengo Argentino,

le nostre distinte benefattrici, gli amici e benefattori, fratelli veri e dilettissimi fratelli

in Cristo, tutti, con grato e perenne ricordo, tutti io tengo presenti nell’anima, segnati tutti,

e ad uno ad uno, con particolari e indimenticabili sembianze,

quasi circonfusi da luce speciale che nella santa carità irradia, come da luce che venga

dal volto del Signore. Ma poiché, insieme col sentimento dei nostri vincoli spirituali,

si fece più vivo in me anche il desiderio del vostro vero bene, o carissimi miei,

cioè del felice avanzamento nelle vie di Dio, non posso tenermi dal confortarvi a progredire

con fervore e ad unirvi sempre più a Gesù Cr. N. Sig.re, alla sua Chiesa

e alla Congregazione, sacrificando a loro tutte le cose vostre e voi stessi,

nella carità del Signore.

E ciò farete con una fede grande e grande abbandono nella Divina Provvidenza,

animati da carità senza limite, specialmente verso i nostri fratelli più poveri

e più abbandonati. E, prima di tutto, a voi mi rivolgo, o ben amati giovani,

aspiranti e chierici nostri, in qui stanno riposte sui quali riposano le più belle speranze

per l’avvenire della nostra Congregazione in codesta nobile nazione Argentina

e nell’ e in quella dell’Uruguay.

 È, sopra tutto, in voi che lo spirito della n/ nascente Congregazione

vuol mettere radici profonde e salde.

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 È da voi, cari miei chierici, cari aspiranti, eremiti miei carissimi e fratelli coadiutori,

da voi, che siete ancora nel fiore della gioventù, è da voi singolarmente

che la Piccola Opera della Divina Provvidenza aspetta di svolgersi in pianta di benedizione

per tutta l’America Spagnuola: - pianta che inviti pure altri ardenti di fede,

pieni di spirito magnanimo e affocati dalla carità dall’amore del Signore a venire con noi,

a posarsi all’ombra pacifica e benefica della Divina Provvidenza.

 Amate, o miei cari, la Congregazione alla quale vi siete dati,

e amatela non come servi, ma come figli amatissimi.

 Dopo Dio e la Chiesa, niente amate di più che la vostra Congregazione:

amatela come la tenera Madre morale delle vostre anime e di tutta la vostra vita spirituale

e religiosa. Niente desiderate di più che di vederla prosperare e camminare,

animata dalla carità, da cui tutte le virtù hanno vita, camminare dico arditamente

per la diritta via della perfezione, - e dilatarsi su tutta quanta la faccia della terra,

alla maggior gloria di Dio, a consolazione del Papa e dei vescovi, a santificazione nostra

e di molte e molte anime.

E anche, - e perché non ve lo dirò? - e anche a bene e a gloria specialmente dell’Argentina

che dell’Uruguay.

 Che questi Santi Esercizî siano da voi tutti fatti col più grande impegno, -

risoluti, con l’aiuto di Dio, di purgarvi dei vostri difetti,

di correggervi delle vostre mancanze, di staccare la vostra anima da tutto ciò

che ancora ci fosse in voi di abitudini secolaresche e mondane: staccatela la vostra anima

fin da se stessa, con il più radicale e pieno rinnegamento di voi stessi medesimi. a

 A questo fine raccomandatevi molto, ma molto all SS. Vergine, nostra Madre

e celeste nostra Fondatrice. Esercitatevi negli ufficî umili: amate le cose povere

con quello spirito che deve essere proprio lo spirito dei piccoli

e umili figli della Divina Provvidenza.

 Scusatemi, o carissimi, se sento di dovere tanto insistere, che vogliate umiliarvi

incessantemente e in tutto, sino a rendere il vostro cuore dolce e maneggevole nella mani dei vostri Superiori e Padri, facendovi così atti ad ogni bene.

 Ho sentito, con vivo dispiacere, che qualcuno si lascia trasportare

dal da sentimentalismo; no, cari, no, il sentimentalismo è un grave male

che ci attacca alle creature come la pece, ci inaridisce nello spirito religioso

e allontana da noi Gesù Cristo: bisogna svuotare il cuore da tutto che non è Dio,

che non è amore di Dio né santo e purissimo amore delle anime.

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 Vostra cura maggiore sia quella di vivere Gesù Cr., di rivestirvi di dentro

e di fuori di Gesù Cristo, di viverne lo spirito, di praticarne i precetti, gli insegnamenti,

il Vangelo l’Evangelo, accendendo nei vostri cuori le sode virtù,

principalmente la obbedienza e la generosità della carità, nella osservanza esattissima

delle Regole, e della disciplina e condotta religiosa.

Coi vostri Superiori siate come un libro aperto,

un libro che abbia tutti i singoli fogli tagliati.

 Evitate ogni critica, anzi ogni parola o atto contrario alla buona armonia

e alla carità fraterna, con tutti: coi Superiori abbiate docilità, schiettezza obbedienza,

- con i compagni, con tutti i compagni, (senza eccezioni) di alcuno siate tutto cuore,

evitando, come già dissi, ogni dissapore o rottura.

 Vivete in ogni Casa uniti nella carità del Signore, tutti siate cor unum et anima una,

una sola volontà col Superiore, aiutandovi fraternamente, amandovi santamente,

non a parole e con la lingua, ma coll’opera e in verità. Tutti abbiamo i nostri difetti,

bisogna saperci sopportare, e adempiere così il precetto del Signore: che ha detto

«Alter alterius onera portate, et sic adimplebitis legem Christi Jesu»,

così come ha scritto S. Paolo.

E così saremo veri figli della Divina Provvidenza!

 Ed ora dovrei rivolgermi a voi, carissimi miei sacerdoti, ma vedo che qui manca

lo spazio, e mi manca anche il tempo, ché la lettera non potrebbe più partire.

Sarò, dunque breve, e cercherò di scrivervi ancora, prima della chiusa stessa

dei vostri Esercizî.

 Impegnati, come siamo, noi sacerdoti nel Ministero Sacerdotale

oppure nell’insegnamento o attorno ai nostri cari poveri,

vediamo però di non dimenticare l’orazione.

 Vogliamo avere sempre innanzi alla mente e dipingiamoci in tutti i nostri atti

quei tre anni benedetti della vita pubblica di N. Signore Gesù Cristo.

In mezzo alle grandi fatiche da Lui sostenute nella evangelizzazione delle moltitudini,

Gesù non mai dimenticò mai l’orazione.

 L’immagine del Divino Maestro, che il quale in mezzo alla predicazione

si ritira sul monte a meditare e a pregare, sia la nostra immagine prediletta.

Ricordiamoci, o fratelli, che, in mezzo alla pur nel lavoro della vita attiva,

non cessa per noi l’obbligo dell’orazione. E l’orazione che ci eleva a Dio,

ci fa parlare con Dio, ci unisce a Dio, ci santifica in Dio.

 L’«ottima parte» e l’«unica cosa necessaria» è, prima di tutto,

la nostra santificazione.

 Tutti i cristiani hanno il dovere di pregare, ma noi più di tutti,

noi l’abbiamo per ufficio il dovere di pregare.

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 È Papa Innocenzo I che scrisse: «Sacerdotibus et orandi ac sacrificandi juge

officium est». Quanti pericoli ci circondano! Anche nell’Azione cattolica

e fin nel confessionale troviamo pericoli. E quante dissipazioni

ci recano le occupazioni esterne! «Sai tu, scriveva S. Bernardo al Papa Eugenio III,

suo alunno, - sai tu dove ti porteranno le occupazini esterne?

Se tu per esse trascuri la preghiera e le pratiche di pietà,

le azioni esterne ti porteranno all’indurimento del cuore e poi.. e poi....»

 Noi sacerdoti, dallo stesso nostro Sacerdozio siamo costituiti uomini di orazione.

La Chiesa è Domus orationis, il sacerdote deve essere Homo orationis.

 Ah se noi sacerdoti fossimo tutti uomini di orazione, il mondo miei fratelli,

il mondo intero sarebbe convertito. Omnipotens est eratio.

Le pure mani del sacerdote di Gesù Cristo non si levano mai verso il cielo

senza farne discendere le grazie: le grazie mancano, perché mancano le orazioni

dei sacerdoti. Ma abbiamo noi lo spirito d’orazione?

Questo spirito è sommamente necessario a noi sacerdoti, e religiosi per di più, -

S. Paolo dice che lo Spirito Santo prega nel cuore dei santi, gemitibus inenarrabilibus.

Tale è lo spirito d’orazione: esso prega sempre nel fondo dell’anima.

 Segno di avere lo spirito d’orazione è avere il petto e il cuore affocato

e infiammato d’amore di Dio e del prossimo. Avere i pensieri sempre

e generalmente rivolti e tendenti alle cose buone e celesti, e zelare la gloria di Dio.

 Mantenere un raccoglimento abituale dello spirito. Non trovar gusto, ma disgusto

delle cose terrene. Trovar pace e diletto nelle cose sante e divine, nella Chiesa,

nelle opere del proprio ministero sacerdotale.

 Finalmente fare le preghiere, la meditazione, l’Ufficio divino, la Messa,

l’orazione con gusto.

 Il primo mezzo per ottenere lo spirito d’orazione è certamente quello di fare orazione

e di domandarne a Dio la grazia. Ma gioverà anche molto che ciascuno diligentemente

e spesso esamini sé stesso sulla purità d’intenzione in tutto quello che fa: - se ciò che cerca

è sempre la gloria di Dio o no, se cerca ciò che è di Dio o se cerca sé stesso,

le cose proprie, il suo amor proprio, e non l’amore di Dio del Signore.

 Fino a tanto che noi cercheremo noi stessi non avremo mai spirito di orazione.

Fino a tanto che cerchiamo la nostra soddisfazione, il nostro bene stare,

il vantaggio nostro personale, la propria stima, l’onore, i posti distinti, -

il cuor nostro è già occupato, non c’è più luogo, non c’è più posto da ricevervi

lo spirito di Dio, che è spirito d’orazione.

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 Lo spirito d’orazione è tale spirito che ci porta fuori di noi stessi,

distrugge tutte le cose terrene, le cose finite, e non lascia regnare che Dio solo.

 I Santi trovarono le loro delizie nell’orazione.

 La grazia dell’orazione è la grazia delle grazie: se la domandiamo a Dio istantemente

con tutto il cuore, ce la farà, e ci faremo santi.

 L’orazione ci insegna il modo di diventare uomini di orazione.

 Certo costa il mettersi ad una vita di orazione, ma questo esercizio più si pratica,

diventa sempre più facile e dolce, diventa un esercizio di pietà soavissimo.

 Durante codesti vostri Esercizî Sp.li farò particolari preghiere

perché tutti abbiate da cavare il maggior profitto spirituale, per voi personalmente

e per la Congregazione nostra. A tale effetto vi mando una specialissima benedizione

del S. Padre, il quale sta, ora, abbastanza bene. Tutti questi nostri fratelli

pregheranno con me. Vi confortano e vi salutano nel Signore.

Spero condurre con me parecchi.

Riservato

 Oggi ho ricevuto lettere per avion di p. Cesare, del 20 dic., di p. Dutto del 29 dic.bre, di p. Vigo, del 29/XII.

Risponderò, dopo che avrò ponderato e pregato.

 Ordino, intanto, che Lavagno sia dimesso,

perché non adatto pel nostro Istituto di Victoria.

Già era stato avvertito da me, personalmente.

È con vivo dolore che prendo questa disposizione, ma ci ho pensato e pregato tanto.

Se p. Zanocchi, don Dutto, p. Cesare e p. Vigo, riuniti, crederanno di trasferirlo

in altra Casa, - mi rimetto a loro; ma ci pensino bene.

 Ed ora piego umilmente, in ispirito, le ginocchia innanzi al Presepio

per implorare sopra di me e sopra di voi tutti, anche su quelli che non avessero potuto

intervenire agli Esercizî, la benedizione di Gesù, a cui sia onore e gloria nei secoli. Amen.

 Vostro aff.mo in G. Cr, e Maria SS.


           Don Orione  d. D. P.


 Ricevo ora lettera di don Zanocchi del 27 / XII, e di Donna Dolores Anchorena de Elortondo del 30 / XII - buona lettera. Risponderò.

 Tutti hanno risposto telegraf.te ai miei telegr. d’augurio,

anche il Presidente della Rep.ca, la Barilari, etc. Deo gratias!

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